Il peso dei cattolici sulla rimonta del centrodestra

il Giornale, 12 aprile 2006

In quella che – qualunque sia il governo che si potrà o non si potrà formare – rimane la più incredibile rimonta della storia politica italiana non c’è solo la giustificata paura delle lacrime e sangue fiscali dell’Unione. C’è anche il timore, del tutto giustificato e alimentato sia dalle ambiguità del programma di Prodi sia dai proclami dei vari Capezzone, Diliberto e Luxuria, che per i cattolici il governo dell’Unione avrebbe portato un lungo venerdì santo alla Zapatero

Massimo Introvigne

A Torino, da sempre, c’è una straordinaria istituzione di carità che è anche un barometro degli umori elettorali dei cattolici. Il Cottolengo ha un seggio interno dove votano suore, infermieri, volontari e qualche ammalato. Feudo della Democrazia cristiana, nella seconda Repubblica il Cottolengo ha votato a sinistra, convinto che lì si trovassero orecchie più sensibili alle esigenze degli «ultimi». Ma stavolta al seggio del Cottolengo l’Udc con il 56,2% ha conquistato la maggioranza assoluta dei voti e Berlusconi con il 68% ha nettamente battuto Prodi.

Il fatto è che al Cottolengo curano i malati terminali di tutte le età, compresi quelli affetti da deformità irrimediabili che in Olanda la legge sopprime con l’eutanasia. Quando il ministro Giovanardi – ripetendo peraltro le parole di un documento vaticano – ha definito l’eutanasia all’olandese «nazista», dall’Unione si è levato un coro di insulti. Né si tratta solo dell’eutanasia.

In Piemonte la governatrice della Regione, la diessina Mercedes Bresso, in pochi mesi si è mossa per sopprimere il buono scuola, prospettare l’introduzione di unioni civili anche omosessuali, battagliare perché in Piemonte si continui a sperimentare la pillola abortiva RU-486. Contro la Bresso è sceso in campo in materia di libertà di educazione anche il cardinale di Torino – difficilmente classificabile come un simpatizzante della destra – accolto in un’imponente manifestazione da cori da stadio dei militanti cattolici. Così il Piemonte, che sembrava un feudo inespugnabile della sinistra, è passato a sorpresa alla Casa delle Libertà.

E il voto cattolico è stato certamente decisivo anche nel Lazio.

In quella che – qualunque sia il governo che si potrà o non si potrà formare – rimane la più incredibile rimonta della storia politica italiana non c’è solo la giustificata paura delle lacrime e sangue fiscali dell’Unione. C’è anche il timore, del tutto giustificato e alimentato sia dalle ambiguità del programma di Prodi sia dai proclami dei vari Capezzone, Diliberto e Luxuria, che per i cattolici il governo dell’Unione avrebbe portato un lungo venerdì santo alla Zapatero: unioni civili per gli omosessuali, volontari cattolici fuori dei consultori per l’aborto, RU-486, bioetica selvaggia, guerra alle scuole private e inizio della lunga marcia verso l’eutanasia all’olandese.

Ci vorranno settimane perché le analisi dei sociologi confermino quello che il sensibile barometro del Cottolengo e le prese di posizione mai così esplicite di voci tra le più ascoltate dal popolo cattolico profondo – dalla Compagnia delle Opere a Radio Maria e al mensile Il Timone – lasciano già intuire con chiarezza: i cattolici praticanti hanno votato in maggioranza per la Casa delle Libertà. Quest’ultima non deve rimpiangere il mancato arruolamento dei radicali della Rosa nel Pugno che, se ha fatto perdere voti apparentemente decisivi, ne ha fatti guadagnare molti altri di cattolici spaventati da Capezzone.

Perde, ancora una volta, la cupola cattolica progressista che – dagli appelli via Internet di padre Sorge alle minacce dei banchieri grandi elemosinieri di Prodi e alla discesa in campo di Famiglia Cristiana – ha provato a far pesare la sua vecchia egemonia di potere e di danaro, che non si è però tradotta in consenso. Alla Casa delle Libertà i cattolici italiani hanno consegnato un grande patrimonio di voti e di simpatie. Si sarebbe forse potuto coltivarlo ancora meglio prima del voto; ora si tratta di non disperderlo.