1492-1992 bilancio di un centenario

Trascrizione (non rivista dal relatore) della conferenza tenuta dal Prof. Marco TANGHERONI ordinario di storia medioevale all’ Università di Pisa su invito di Alleanza Cattolica di Pisa, Centro Cattolico di Documentazione di Marina di Pisa, Circolo Culturale S. Costanzo di Ponsacco. Sala delle conferenze della Chiesa di S. Maria del Carmine di Pisa (g.c.).
celebrazioni_Colombo

di Marco Tangheroni

Quando ci siamo con gli amici proposti il problema di quale titolo dare a questo incontro, io ho suggerito “Bilancio di un Centenario” perché, se è vero che il bilancio delle iniziative culturali, storiche, edizioni di fonti, riedizioni di fonti, ripensamenti di problemi, è ancora presto per farlo, è vero viceversa che possiamo già fare il bilancio di un clima culturale che si è venuto creando e che, senza dubbio, penso anche in molti di voi, ha generato sia sull’ impresa di Cristoforo Colombo sia sugli avvenimenti che ad essa hanno fatto seguito, molto probabilmente un disorientamento.

E vorrei incominciare proprio da questo disorientamento, che nasce da una propaganda che attraverso i mass-media, dalla televisione ai giornali e ai settimanali, è diventata sempre più insistente e sempre crescente, sia diffondendo un giudizio negativo sul solo Colombo, sia più in generale sulla evangelizzazione e la colonizzazione spagnola, che ha dato origine alla nascita di quella che noi chiamiamo America Latina, che gli spagnoli chiamano America spagnola.

Per esempio, da questo ritaglio di giornale leggo: «Gli indiani d’America celebrano la ricorrenza allestendo un vero e proprio tribunale e Cristoforo Colombo diventò l’imputato; fra i capi di accusa: l’omicido, lo stupro, il furto». Ed è questa, mi pare, l’intonazione che è stata data alle celebrazioni. Non ho seguito la televisione, ma ho visto che nei programmi del 12 ottobre la celebrazione è stata affidata ad una trasmissione di Dario Fo.

Quale è stata la situazione culturale che si è venuta a creare; io credo di poterla riassumere con le parole forti, ma giustamente forti, di uno storico di notevole livello, Franco Cardini, il quale ha detto giustamente che «la situazione che si è venuta creando è da un lato uno sforzo di uno stretto manipolo di storici e dall’altro una ciurma di ideologi improvvisati, di rimasticatori di libri altrui, di moralisti orfani di tutte le utopie umanitarie del mondo, e di suffragette per le quali perfino Franca Rame è una studiosa».

Naturalmente una tentazione c’è, vi confesso, molto forte. La tentazione ed è una tentazione, è quella, come dire, di liberarsi, con qualche parola e con una alzata di spalle, di ciò che si sa esser privo di fondamento. Un giornalista non cattolico, Saverio Vertone, posto di fronte alla domanda «fu bene o fu male?» ha, io credo, giustamente osservato che questa crescente campagna, ispirata come vedremo da una minoranza, ma dotata di grandissima forza di penetrazione, non tiene conto del fatto che nella storia c’è stato sempre qualcun’altro prima, dappertutto e in ogni epoca.

La storia e la preistoria sono storia e preistoria di un immane trasloco e nessun popolo era all’origine dove ora si trova. E si tratta di scegliere la data, e si vedrà che non c’è popolo che non ne abbia sloggiato un altro. E quindi questa requisitoria contro Cristoforo Colombo, dice Saverio Vertone, «non ha nessun senso; è solo un modo come un altro per alimentare il bla-bla di una certa intelligenza che in tutto il mondo ha ormai perso ogni riferimento ai fatti e alle necessità e ai problemi di chi sta certamente male.

La superficie della storia è piena di cicatrici, ma non si piange sulle cicatrici, si strepita per le ferite aperte, non per quelle che si sono chiuse. La civiltà stessa è un tessuto cicatrizzante che rimargina gli squarci del passato e su quelle ferite costruisce la cuItura del presente. Chi piange ancora sulla sorte degli Etruschi? erano più’ degni di scomparire degli Apaches ?»

E, concludendo con una battuta apparentemente paradossale ma poi non cosi’ tanto, dice «visto che la moderna antropologia pone l’origine dell’ Homo Sapiens nelle savane dell’ Africa, e allora si deve dire: chi ha fatto scomparire il povero Neandhertal europeo? Chi ha colonizzato l’Europa qualcosa come centomila anni fa, e in definitiva allora si scoprirebbe che sono i neri, dai quali secondo gli scienziati moderni provengono tutti gli uomini di ogni colore, e quindi sono neri sbiancati che hanno scoperto l’America è sterminato o asservito altri neri arrossati».

Dicevo, la tentazione di rispondere in questo modo è forte, ma in realtà invece il bilancio è importante sia per cercare di porre rapidamente, entro i limiti di orario che la serata fa ancora più’ stretti ma che non potranno essere, ve ne chiedo scusa in partenza, proprio brevissimi, cercare di porre qualche punto fermo, qualche riflessione di merito storico e nello stesso tempo analizzare un attimo da dove vengono queste critiche.

Queste critiche vengono, tanto per cominciare, da gruppi che si chiamano indianisti, indigenisti; e questo movimento, definito in castigliano INDIANISMO, è un gruppo estremamente minoritario.

Come chiunque ha potuto vedere alla teIevisione, nonostante l’impostazione faziosa dei servizi televisivi durante il viaggio del Papa a Santo Domingo la scena era quella che una rivista francese descrive molto bene in questa maniera: domenica 25 ottobre 1992 Santo Domingo, la cattedrale, la prima costruita nelle Americhe, cori, candele, grande Messa solenne in latino e in spagnolo, mitria sulla testa, in alto nella mano il Crocifisso che è il suo bastone di pellegrino, Giovanni Paolo II prende il microfono.

Martedì 13: una spiaggia delle Bahamas, prime luci del sole davanti all’équipe della televisione internazionale, tutte presenti adeguatamente convocate, un pugno di personaggi,  degli intellettuali di cui molti europei, militanti barbuti, stile Guevara anni ’70, alcuni figuranti indiani con piume che vanno a celebrare, dicono, una cerimonia funebre per l’avvenimento.

In effetti si è visto alla televisione, o meglio si è intravisto alla televisione, folle di persone dai tratti di origine india inequivocabile, festanti nei confronti del Papa, e si sono visti poi degli sparuti gruppi, sedicenti rappresentanti questi movimenti indianisti. Movimenti che non sono affatto neutrali perché la loro ideologia – ho fatto una ricerca sulle fonti – in realtà è una maniera di travestire una forma di marxismo­ leninismo.

Leggo dalle tesi del movimento indianista, a conclusione del primo congresso del Movimento Indios del Sud-America, tenutosi a Cuscos nel 1980, documento base: subito in apertura si afferma che « l’ideologia indianista si basa sulla concezione collettivista della civiltà comunitaria del continente, basata sulla filosofia dell’uguaglianza. Un’ideologia egualitaria e comunista distrutta dalla barbara irruzione dell’ Europa e in seguito dai discendenti dei conquistatori servi dell’ imperialismo».

Si tratta – abbrevio per ragioni di tempo ulteriori citazioni – di una ideologia marxista-Ieninista forte, alla Pol Pot, che è quella che ispira il sanguinario movimento di Sendero Luminoso. Su questa scia si sono posti personaggi fra i più’ strani e nello stesso tempo più significativi, per esempio Fidel Castro, il quale essendo lui personalmente figlio di un galiziano, quindi figlio di un emigrante spagnolo e di sangue spagnolo purissimo, alla disperata ricerca di uscire dall’isolamento in cui la sua sanguinaria dittatura è finita a seguito della scomparsa dell’ Unione Sovietica, non ha esitato a cavalcare questo nuovo cavallo di battaglia e si è autoproclamato – autoproclamato evidentemente – indigeno americano onorario.

Non è mancato poi in quel settore del cosiddetto cattolicesimo progressista, legato alla teologia della liberazione, uno degli esponenti come Boff – che peraltro nel giugno di quest’anno ha lasciato lo stato cattolico per desiderio di paternità ma senza sposarsi- come ha detto Hans Kung; e ancora, in Italia il movimento era guidato da Padre Ernesto Balducci – va citato anche se morto, perché la morte non cancella la storia – il quale ha scritto, introducendo come presidente il comitato indianista italiano, quanto segue: «La vigilia del quinto centenario, della scoperta dell’ America è l’ occasione ideale per sottoporre a giudizio la memoria trionfalistica con cui l’Europa si ostina a celebrare la propria espansione nel mondo e per restituire alle nazioni indie sopravvissute al secolare genocidio il diritto di raccontare a se stesse e a noi la verità’ storica occultata o stravolta dall’ ideologia di dominio».

La stessa rivista francese Le Figaro Magazine di cui parlavo prima, ha ricostruito con coraggio e voce, direi solitaria tra i mass-media, almeno quelli di larga diffusione, ha ricostruito le tappe di quello che è un autentico complotto mirante ad impedire il viaggio di Papa Giovanni Paolo II a San Domingo.

Un complotto:la prima riunione fu fatta nell’ottobre del 1990 presso il Cardinale Hans guidato dal teologo Gutiérrez, e ha dato il via a quello che la rivista francese definisce un «complotto mediatico, guidato da un pugno di questi intello-attivisti che credono assai poco in Dio ma molto al socialismo, e si presentano come teologi della liberazione».

E da qui lanciano un anatema contro tutto l’occidente, di ieri e di oggi, e il clan anti-­romano perde una battaglia della sua lunga guerra contro la Chiesa ufficiale accusata da quaranta anni di non schierarsi a favore di una rivoluzione mondiale.

Leggevo proprio oggi un libro, acquistato in Francia, di Jacques Heers – professore alla Sorbona di storia medioevale, un’autorità negli studi medioevali anche se tradotto da case editrici minori in Italia perché non é schierato con l’establishment culturale, con la cultura dominante – che si intitola “Il Medioevo un’impostura“.

In questo libro Jacques Heers cerca di demolire la leggenda nera sul Medioevo, di cui in fondo la leggenda nera sulla colonizzazione spagnola e la evengelizzazione cattolica dell’ America è il seguito naturale, in sostanza parte integrante; inizia giustamente l’introduzione osservando che da secoli, e in particolar modo dalla Rivoluzione Francese in poi, si è ormai costantemente alla ricerca di una sorta di autoflagellazione della nostra storia. E questo, vale in generale per la storia dell’Occidente vale anche, a maggior ragione, per la storia della Chiesa.

Sull’invito di questo incontro è stata riportata una frase di Moulin, uno studioso del Medioevo non cattolico, rivolta a Messori e da quest’ultimo riportata all’ inizio del suo “Pensare la storia“. Moulin dice a Messori che la Chiesa, la cultura cattolica, si è data a una continua autoflagellazione; e questo è il risultato migliore che gli avversari della Chiesa potessero ottenere.

E la riprova la troverei in questo fatto: in questo clima da complotto mediatico, come dice Le Figaro Magazine, è stato quasi impossibile rendersi conto di cosa il Papa abbia detto a San Domingo. E’ stato impossibile rendersene conto attraverso la televisione: ho seguito i telegiornali delle reti Rai, ma anche chi ha seguito i telegiornali cosiddetti liberi, privati, mi ha confermato che il tono era lo stesso: si avvertiva una sorta di delusione per quello il Papa non aveva detto, ma riuscire a sapere cosa il Papa avesse detto era estremamente difficile.

Devo dire anche che cio’ dà un’idea di come a livello di mass-media questo complotto abbia vinto, o sia stato prevalente. Devo dire anche che leggendo Avvenire, quotidiano che reca sotto la testata la dicitura “quotidiano di ispirazione cattolica” , era ugualmente impossibile sapere che cosa il Papa avesse detto a Santo Domingo.

Non mi é stato facile trovare tutti i numeri dell’ Osservatore Romano; ho qui il numero del 12-13  ottobre 1992, e accanto  a un bel discorso dell’ Arcivescovo Cardinale di Santo Domingo, Presidente del Consiglio dell’Episcopato Latino-Americano, « …ringraziamo il Signore per lo storico evento» – dove esalta la Regina Isabella, altra cosa che certo non piace ai mass-media – c’é poi riportato uno dei discorsi pronunciati da Papa Giovanni Paolo II, dove non esita a dire « …siamo riuniti di fronte a questo faro di Colombo che con la sua forma a croce vuole simbolizzare la Croce di Cristo piantata su questa terra nel 1492, con esso si é voluto anche rendere omaggio al Grande Ammiraglio che lasciò scritto quale sua volontà: “Mettete Croci in tutte le vie e sentieri affinchè Dio li benedica”».

Grande Ammiraglio, dunque, é il giudizio espresso da Giovanni Paolo II che io credo nessuno abbia colto, se non appunto attingendo all’ Osservatore Romano che ormai é letto da pochi anche tra coloro che pure dovrebbero leggerlo se non altro per stato. Un giudizio che é evidentemente in pieno contrasto con quello prevalente nei mass-media, che mi sembra da sottolineare perché se non altro dà un riconoscimento di grandezza alla personalità di Colombo e a ciò che Colombo ha fatto, riprendendo il giudizio espresso già a metà del ‘500 da uno scrittore   spagnolo, il quale diceva: «secondo me la scoperta di questo continente è stato il più grande avvenimento della storia dopo l’incarnazione di Cristo».

Quindi immaginate se é possibile attraverso i mass-media farsi un’idea. Devo al fatto che Giulio Soldani si trovava in America, il piacere di aver visto che il Cardinale O’ Connor nella Cattedrale di S. Patrick ha celebrato una Messa solenne in occasione del 500° anniversario dell’evangelizzazione dell’ America.

Questo aprirebbe la via a molti discorsi sulla situazione che c’è attualmente nella Chiesa Cattolica, sulla disattenzione e disobbedienza da parte di molti al Magistero Pontificio ed Episcopale, ma non è questo il tema del mio intervento di questa sera. Tuttavia, è da questo bilancio che bisogna partire. E’ la presenza di questi giudizi contrastanti, alcuni autorevoli e taciuti, altri, espressi da esigue minoranze, ma enormemente dilatati, chegiustifica il nostro ulteriore tentativo di approfondimento.

Dividerò il mio intervento in due parti ragionevolmente brevi, perché in realtà a questi argomenti io ho dedicato interi corsi universitari e dunque è assurdo pensare di riuscire a poter dire in meno di un’ora ciò che si dice, e magari incompiutamente, in 50 ore. E quindi devo sorvolare su molti aspetti della personalità di Colombo, pure interessanti, quali le sue capacità di navigatore, le sue grandi doti di cartografo e di esploratore. Sono tutti tratti che hanno permesso il suo viaggio e che concorrono a giustificare questo giudizio espresso da Giovanni Paolo II “il grande ammiraglio”.

Prima di affrontare il punto su cui vorrei insistere e al quale   abbiamo dedicato insieme all’amico ed ex-allievo  Maurizio Parenti un articolo su Cristianità, cioè le radici medioevali e cristiane di Colombo, mi limito a sfiorare, solo sfiorare, un argomento. Lo sfioro perché è estremamente diffuso: alludo alla confusione, al dubbio, che viene diffusa sull’ origine ligure, genovese, di Colombo. Infatti sono stati tradotti, ampiamente diffusi anche in Italia, libri che sostengono l’origine ebraica di Colombo.

In realtà sono state attribuite origini di tutti i tipi: si è voluto Colombo francese, corso; ho visto a Calvi una lapide in cui c’è scritto “Qui è nato Cristoforo Colombo”. Lo si è voluto catalano, galiziano, portoghese, greco, inglese, tedesco. Restano episodi; fanno un po’ di confusione, sarebbe meglio che non ci fossero, ma restano meri episodi. E’ diverso, sia per l’insistenza con cui viene riproposto e raccolto, sia viceversa per il contenuto e le conseguenze che ne deriverebbero, l’ipotesi che è stata rilanciata dell’origine ebraica di Colombo e della sua famiglia.

Non è stato Salvador De Madariaga a crearla, anche se ha fatto molto per diffonderla; il suo libro è stato tradotto in italiano. Questa tesi è stata ripresa da Simon Wiesenthal – più noto come cacciatore di ex-nazisti, che ha scritto anche un libro tradotto da Garzanti “Operazione Nuovo Mondo-, sostenendo la tesi che Cristoforo Colombo avrebbe progettato e compiuto questo viaggio per cercare nuove terre ai suoi ex-conreligionari, conrazziali – non saprei come chiamarli -, per creare loro, espulsi dalla Spagna, o sull’orlo di essere espulsi dalla Spagna, nuove terre.

Devo dire che questa tesi poi si trova a tutti i livelli: ho dimenticato a casa un album di fumetti dove viene sostenuta questa tesi; ancora, un romanzo del cuore Harmony dove pure la si diffonde. Venerdì scorso a Parigi ho visto il film “1492 Cristoforo Colombo” – di cui vi parlerò dopo per un altro episodio, e se non ho male inteso il francese, si insinuava l’idea che Colombo e Pinzon fossero dei marrani, cioè degli ebrei convertiti, o falsamente convertiti. Devo dire che queste tesi non hanno nessun credito fra gli storici qualificati, e si basano su elementi estremamente deboli.

Ad esempio il fatto che la madre si chiamava Susanna, e Susanna è un personaggio dell’ Antico Testamento, come se questo non fosse frequentato anche dai cristiani; e in ogni caso Jacques Heers – ­autore della migliore biografia di Colombo, edita in Italia da Rusconi, lui che è il massimo studioso della storia di Genova del ‘400, cui ha dedicato almeno 20 anni di studi continui – ha dimostrato che il nome Susanna era largamente presente nelle famiglie genovesi.

Altro argomento portato: il padre era un tessitore, e questo era un mestiere di elezione tra gli ebrei. In realtà Jacques Heers rivela che in migliaia di documenti esaminati a Genova non ha mai trovato un solo ebreo tessitore, mentre, cito testualmente « …l’affermazione lascia alquanto sbalorditi se si pensa alle migliaia e migliaia di telai che a quel tempo tessevano la lana nelle città e nelle campagne d’Italia».

E viceversa si può osservare che Domenico Colombo, il padre di Cristoforo, dette ai figli dei nomi perfettamente e inequivocabilmente cristiani: Cristoforo, Bartolomeo, Giacomo e Giovanni Pellegrino, quindi anche legato a un culto particolare.

Questo non impedisce però ai giornalisti di riprendere e rilanciare questa tesi. Per esempio, sul Corriere della Sera ho letto la tesi di De Madariaga e Wiesenthal, data come verosimile, molto fondata. Questo – non sto a discuterlo -, solo per amore della verità, ma anche perché evidentemente se si accetta questa ipotesi si è portati a fraintendere lo scopo, le motivazioni, del viaggio di Colombo.

In realtà attraverso la ricerca paziente nei documenti di archivio – quei documenti che non interessano a quella ciurma di masticatori di libri altrui, di cui parlava Cardini, ma che sono invece il fondamento della storia -, oggi conosciamo il bis-nonno di colombo, conosciamo l’origine della famiglia di Colombo che viene dall’Appennino Ligure, sappiamo come questa famiglia sia pian piano immigrata in città e come poi Cristoforo Colombo sia stato il primo a prendere il mare, e attraverso il mare, a fare un salto di qualità.

Come dicevo, se noi prescindiamo da questa tesi infondata possiamo avvicinarci a un aspetto fondamentale; perché, vedete, si tradisce Colombo e la verità della storia accusandolo di stupro, di omicidio, di genocidio, come dicevo prima, ma lo si tradisce anche in un’altra maniera: presentarlo – cosi fecero gli illuministi in occasione del 3° centenario – condannando la colonizzazione spagnola e salvando Colombo come l’uomo moderno che lotta contro il passato.

Credo che la televisione abbia ridato in occasione di questo centenario lo sceneggiato televisivo di Lattuada che ho visto nel ’85-’86. In questo sceneggiato c’era una scena che sostanzialmente è stata riproposta nel film “1492 Cristoforo Colombo”.

Il progetto di Colombo venne discusso in Portogallo, dove Colombo rimase per sette anni cercando di convincere il Re a sostenere la sua impresa, da una commissione di esperti geografi e scienziati, due dei quali erano scienziati ebrei di grande fama fuggiti dalla Spagna. E successivamente anche i sovrani spagnoli consultarono i loro esperti per lo più provenienti  dall’università di Salamanca, per avere un parere sulla bontà del progetto di Colombo.

Badate bene, non come al solito molte volte si dice, e come lo stesso film insinua, sul fatto che Colombo credeva che la terra fosse sferica e i cattivi medioevali, reazionari e conservatori, che la terra fosse piatta.

Nella cultura geografica del Medioevo era nozione corrente, diffusa, non messa in dubbio, il fatto che la terra fosse sferica. Chiunque ha una pratica di Dante, sa benissimo che anche Dante aveva una cosmografia sferica. Il problema era un altro. Teoricamente non c’erano difficoltà ad ammettere la possibilità di un viaggio verso Occidente.

Ora nel film di cui vi dicevo, nello sceneggiato televisivo, nella ricostruzione dell’immaginario che ci hanno instillato, c’è da una parte Colombo l’uomo moderno, l’uomo razionale, che combatte contro questi inquisitori – in genere vengono presentati nelle vesti di Domenicani con vocetta stridula- fanno richiami alla Bibbia e lanciano anatemi di carattere dogmatico e teologico.

In realtà, il parere negativo espresso tanto dai dotti di Salamanca quanto dai dotti di Lisbona, si basava proprio su una concezione moderna, scientifica ed esatta della geografia, della cosmografia del nostro pianeta. Infatti il viaggio di Colombo fu concepito sulla base di un duplice errore geografico, diciamo pure di un fortunato errore geografico. Colombo, basandosi su un miglio diverso da quello reale, pensava ad uno sviluppo diverso del grado. Con il sistema sessagesimale (quindi 360° in totale), la circonferenza equatoriale della terra dipende dallo sviluppo dell’arco sotteso a 1°.

Invece di 111,003 km, Colombo adottava una misura di tale arco compresa tra 80 e 90 km. Questo lo portò a concepire come possibile un viaggio verso Oriente passando per l’Occidente, Quello era il suo progetto: “buscar el levante por el ponente” , raggiungere l’Oriente, quell’ Asia di cui si dicevano meraviglie. Il libro  di Chevet,  quello che Colombo consultava più frequentemente e che annotava, era “Il Milione” di Marco Polo, che era stato in Cina e aveva descritto le sue meraviglie. E Colombo, facendo la terra molto più piccola, pensava di poter raggiungere l’Asia navigando verso Occidente.

L’altro errore geografico, che – si sommava al primo – era di credere le terre emerse molto più estese rispetto agli oceani di quanto non lo siano in realtà, immaginando il continente euro-asiatico molto allargato verso Oriente. Quindi i due errori si sommavano e rendevano a Colombo possibile immaginare come fattibile, con l’autonomia di cui potevano disporre i mezzi e le navi, dell’ epoca, un progetto che, giustamente e razionalmente, e se volete modernamente, i dotti di Salamanca e Lisbona giudicavano impossibile.

Perché in effetti, riflettiamo, se l’America non ci fosse stata, e diciamo paradossalmente poteva non esserci, Colombo si sarebbe perso nell’Oceano perché non avrebbe avuto sicuramente l’autonomia in viveri, in acqua, per raggiungere l’Asia navigando verso Occidente. Con questo, ripeto, non intendo dire che Colombo sia un personaggio mediocre, come pure è stato detto da qualcuno, perché specialmente la cultura americana non ha mai perdonato a Colombo che l’America sia stata scoperta da un latino, cattolico, italiano.

Per esempio Arthur Shelinger J., uno storico che ebbe un po’ di fama all’epoca di Kennedy, dice: «Alcuni scettici dicono che quando salpò non sapeva dove stesse andando, quando arrivò non sapeva dove fosse, quando tornò non sapeva dove fosse stato». E, per fare una citazione di un nome famoso e caro alla cultura del nostro tempo, Sigmund Freud, padre della psicanalisi – si è occupato anche di questo -, ha scritto: « …nessuno ha cambiato il mondo più di Colombo, ma chi era egli in realtà? un avventuriero. E’ vero che aveva carattere ma non era un grande uomo; come si può vedere, un uomo può scoprire grandi cose senza essere veramente grande».

Ora io voglio dire che l’impresa di Colombo da un lato si situava nella cuItura geografica del suo tempo. L’episodio di Colombo non è stato un episodio isolato, e tutto sommato casuale, come poteva essere stato secoli prima l’arrivo di alcuni fuggiaschi Vichinghi sulle coste del Nord America. Ma è stato un avvenimento che va inquadrato in un generale, plurisecolare, movimento di espansione dell’Europa fuori dei propri confini geografici: dall’inizio del’ 400 i Portoghesi, e p’er quanto riguarda le isole anche i Castigliani, perché le Canarie erano state raggiunte dai Castigliani.

I Portoghesi avevano incominciato l’esplorazione delle coste dell’Africa. Pochissimi anni prima del primo viaggio di Colombo, Bartolomeo Diaz doppia il Capo di Buona Speranza compiendo la circumnavigazione  dell’Africa.

Pochissimi anni dopo il primo viaggio di Colombo, Vasco de Gama, altro grande navigatore portoghese, seguendo la rotta di Diaz raggiunge il continente indiano a Calicut, sulla costa occidentale dell’India. Quindi il viaggio di Colombo non è un episodio isolato, tanto è vero che Martino Beheim, un grande geografo tedesco che nel 1492 costruì un bel mappamondo oggi alla Biblioteca Nazionale di Parigi, l’anno dopo, nel 1493, non sapendo del viaggio di Colombo andò in Portogallo presentando un progetto uguale a quello di Colombo. Il Re gli disse: peccato c’è già stato Colombo. Questo per dire che il piano era nell’aria.

In secondo luogo voglio aggiungere che ci volevano delle capacità per portare a termine l’impresa. Bisognava essere grande conduttore di uomini. Colombo ebbe la grande intuizione di partire dalle Canarie, di prendere gli Alisei favorevoli, così come al ritorno ebbe l’intuizione di risalire a nord per prendere i contro-Alisei. Ma, pensate un attimo: avere questi venti così favorevoli alle spalle durante il viaggio di andata generò nei marinai il timore di non poter più tornare indietro, perché  contrari al ritorno. Ci volevano delle grandi capacità che Colombo ebbe.

Ultimo punto su Colombo, in questa rapidissima sintesi: le radici medioevali e cristiane che dispiacciono a molti storici, anche a quelli favorevoli a Colombo che lo esaltano appunto come uomo moderno, poi leggono i suoi testi – fortunatamente ce ne sono rimasti tanti – e si accorgono che parla di cose per loro definibili in termini a volte di nevrosi ossessiva, che in un modo moderno di scrivere sono profonde motivazioni religiose.

Con gli anni e soprattutto nel periodo in cui cadde in disgrazia, dopo il terzo viaggio, fu costretto anche a ritornare in catene in Spagna, la Regina Isabella devo dire lo fece subito liberare, ebbe un approfondimento sempre più in una direzione autenticamente mistica.

Ha osservato giustamente Jacques Heers che gli storici, se ne parlano, vi vedono un movimento trascurabile per evocarlo in maniera attenta, un semplice pretesto; molti pensano volentieri che il genovese parlasse di dovere religioso, di servizio di Cristo e di prospettive di evangelizzazione solo per conciliarsi meglio le buone grazie della regina attraverso una manovra interessata. Aggiungo così, a titolo di aneddoto, che nel film si fa capire che in realtà Isabella è nascostamente innamorata di Colombo e decide di appoggiare il viaggio perché le piace questo latin-Iover.

Ora in realtà chi ha frequentato, e io esorto tutti e specialmente i giovani a cercare il diario di Colombo e a leggerlo, il diario del primo viaggio che non ci è arrivato integralmente ma in una riduzione fatta dal padre Las Casas, è una lettura comunque di grande emozione perché veramente siamo di fronte ai grandi avvenimenti della storia.

Ecco, già leggendo questo diario di bordo emerge la profonda religiosità e l’alta concezione, anche esasperante, di Colombo, ma come tante volte dico: si, Colombo ha di sé un concetto altissimo e questo a volte irrita, però forse fa parte dell’essere grandi avere la consapevolezza della propria grandezza e saperla imporre agli altri.

Il problema è con coloro che si credono grandi e invece sono piccolissimi, quelli si danno molta fastidio. A volte ripeto, c’è una prima sensazione di irritazione di fronte a questo alto concetto che Colombo ha di sé stesso, però bisogna pensare che senza questo grande concetto lui non avrebbe mai potuto, da quel figlio di un umile tessitore che era arrivare a diventare Ammiraglio del mare Oceano, Viceré delle Indie e convincere i re cattolici a sostenerlo in questa sua grande impresa, ne avrebbe potuto portarla a termine.

Ora Colombo da perfetto medioevale, riteneva che i nomi non fossero casuali e quindi riteneva che il suo nome, Colombo portatore di pace, Cristoforo portatore di Cristo, fossero nomi che erano il segno di quella predestinazione della scelta che la Provvidenza aveva fatto di lui per diffondere il Vangelo. Ecco perché nel diario lui si paragona a Mosè – Dio aveva fatto trovare a favore di Mosè condizioni favorevoli nel Mar Rosso per portare gli ebrei verso la terra promessa – cosi’ Dio aveva fatto al suo viaggio che infatti all’andata fu di una calma straordinaria dal punto di vista climatico.

E Colombo si pone fin dall’inizio il problema dell’evangelizzazione se si va all’11 ottobre – al 12 ottobre non c’è nessuna annotazione perché Colombo scrive tutto di getto di seguito all’ 11 ottobre – e appena arriva sulla terra e ha il primo contatto con gli indigeni, Colombo pensa subito alla loro evangelizzazione: «Conobbi che era gente che meglio si salverebbe e si convertirebbe alla nostra santa fede più’ con l’amore che con la forza e poi si raccoglieranno i benefici e si lavorerà per fare cristiani tutti questi popoli».

Naturalmente questo ora è uno dei capi di accusa e toccherò un attimo il problema dell’evangelizzazione; però almeno riconosciamo storicamente che questo era un elemento importante per Colombo.

Cosi’ come è importante quando nel viaggio di ritorno, vicino alle Azzorre, trova una tempesta di cui gli abitanti delle stesse Azzorre gli dicono mai aver visto di simile; lui oltre a prendere i suoi provvedimenti da buon marinaio, riunisce tutti gli uomini, fa mettere dei ceci in un berretto per scegliere chi – e tocca a lui in sorte, non so se ha un po’ truccato per essere lui poi ad assumersi questa responsabilità – dovrà andare a nome di tutti in pellegrinaggio al Santuario della Guadalupe in Spagna. E poi fa un altro voto a S. Maria di Loreto.

Tutti questi elementi potrebbero ancora rientrare nella religiosità, o come qualcuno direbbe, nelle superstizioni del marinaio. Ma c’è un elemento che è invece importantissimo: quello che molti storici modernisti hanno definito l’ossessione della crociata. Colombo aveva realmente un’idea fissa, utilizzare l’oro che sperava di trovare nelle terre da lui raggiunte per liberare il S.Sepolcro.

Ne parla continuamente. Mi limito qui a ricordare che allorché stabilì il maggiorascato a favore del figlio primogenito Diego, vincolò questa sua istituzione all’obbligo di spendere «la rendita delle Indie per la conquista di Gerusalemme, ad andare con il Re nostro Signore se andrà a Gerusalemme a conquistarla o anche solo con la maggior forza possibile».

Aggiungo un’informazione, come dire abbastanza aggiornata nel senso che alcuni anni fà – ed è stato pubblicato solo nel 1990 in fac-simile -, è stato ritrovato un libro “copiador “, un copia lettere con 9 lettere di Colombo di cui 7 inedite, e queste hanno confermato quanto gli stesse a cuore il problema della Crociata.

Intendiamoci, anche in questo caso l’idea della Crociata non era di un folle: bisogna pensare che nel 1480 i Turchi avevano conquistato Otranto, in Puglia, e avevano impalato tutti gli abitanti. I Turchi dunque non erano una realtà favolosa come il Gran Can o il prete Jean. I Turchi c’erano ed erano vicini: 1480, sono 12 anni.

Quindi l’idea di Crociata era nell’ aria e ancora nel 1571 la battaglia di Lepanto sarà in fondo il frutto di un ritrovato senso di Crociata. Anche questo può dispiacere a chi vuol fare anche di S Francesco un proto pacifista, però questi sono i fatti e ai fatti mi attengo questa idea è veramente trainante.

Lascio Colombo e vengo rapidamente a toccare alcuni punti che sono quelli che vedono in Colombo il precursore, volontario per molti, involontario per qualcuno, di quello che poi e’ stato il genocidio, cosi’ si dice, delle popolazioni indiane da parte degli Spagnoli. Rispetto a questo ci vuole qualche osservazione. Intanto da dove vengono queste accuse.

Ho citato i movimenti indigenisti, ho citato i teorici della teologia della liberazione, bisogna aggiungere l’ambiente culturale nord­americano. Questo ambiente culturale è mosso, io credo, da due ordini di considerazioni: 1°) è in atto nell’attuale America Latina una fortissima penetrazione, che è insieme economica e delle sette religiose di matrice protestante. E chiaramente questa polemica anti-papale, o come loro dicono, contro il Vescovo di Roma, è una polemica che si comprende perfettamente.

Dall’altra parte siamo di fronte a una sorta di transfert, di esorcizzazione di una colonizzazione che ha avuto carattere – quella si -, di genocidio, che é la colonizzazione anglosassone negli attuali stati Uniti d’America. Mentre i colonizzatori spagnoli – e non so se avete mai riflettuto che Arizona, Nuovo Messico, California, sono tutte terre che erano state colonizzate dagli Spagnoli, erano state evangelizzate dagli Spagnoli, e ci sono ancora delle rovine che lo attestano, a parte tutti i nomi dei posti da Los Angeles a S.Diego -, e non avevano avuto particolari problemi con le tribù pellirossa; invece non cosi’ fu per la colonizzazione inglese. Infatti le due colonizzazioni erano diverse, erano diverse materialmente e come sostrato teologico.

Dal punto di vista materiale la colonizzazione spagnola nell’America Latina era fatta da poche migliaia di persone: ancora alla fine del secolo erano poche decine di migliaia le persone emigrate in America – a un secolo dal viaggio di Colombo -, e avevano viceversa bisogno di forza lavoro per poter sopravvivere. La colonizzazione nord americana era invece fatta da molte persone, soprattutto a partire dalla seconda metà del ‘700, che avevano bisogno non di uomini ma di terre vuote di uomini.

Tutto questo non è un ragionamento astratto: ho visto le fotocopie dei documenti in cui già nel ‘700 i governatori di Stati americani garantivano a chiunque gli portasse uno scalpo di indiano pellirossa una certa somma in denaro diversa a seconda se si trattava di un uomo, una donna o un bambino. Teologicamente, non per fare apologia ma costatando: la teologia cattolica, e dirò tra poco qualcosa, ha sempre insistito sull’uguaglianza degli uomini al di là delle razze, tant’è vero che il meticciato è stato larghissimamente praticato nell’America Latina dove è difficile trovare indi puri e bianchi puri.

Ho visto qualche mese fa alla televisione l’incontro Italia-Brasile di Coppa Davis, e osservavo il pubblico: neri con capelli biondi, una mescolanza incredibile, una mescolanza che nasceva proprio da questa larghissima pratica del meticciato, praticamente inesistente nel Nord America. Chiunque ha qualche pratica di films western, ha visto che la posizione del meticcio è terribile perchè è respinto dai pellirossa ed è respinto dai bianchi, e sono casi rarissimi. Dunque due colonizzazioni molto diverse.

Ma la propaganda che viene dagli Stati Uniti attraverso i mass-media, e dagli Stati Uniti si espande, sostiene la tesi del genocidio, e allora esaminiamola. Devo dire che è difficile riuscire a calcolare la popolazione dell’America pre-colombiana. Per evidentissime ragioni non c’erano censimenti, c’erano forme di scrittura pittografica, ideografica, certamente non abbiamo molte cifre.

Però io sono d’accordo, non perché la mia autorità conti qualcosa, con uno storico molto autorevole, Pierre Chaunu, francese, che ritiene validi i calcoli fatti dalla scuola americana di Berkeley la quale dà una cifra alta per il popolamento: da 70 a 80 milioni di abitanti. Se si calcola che alla fine del 16° secolo, dopo un secolo o poco più dalla scoperta, erano rimasti nell’ America Centrale e Meridionale solo 10 milioni di indios, indubbiamente siamo di fronte a una tragedia demografica. Sono morte decine di milioni di persone. E questo è uno di quei fatti storici di cui indubbiamente lo storico, come dire, non si frega le mani: «bene sono scomparsi!».

Però lo storico deve anche recuperare il senso del fato dell’incontro tra due mondi, perché la storia non è fatta, piaccia o meno, tutta di idilli, ma ci sono eventi drammatici al di fuori anche della volontà degli uomini.

Quando si può parIare di genocidio? Si può parlare di genocidio, secondo le definizioni del vocabolario e secondo la definizione data nel1945 dalla Carta dei diritti dell’uomo di S. Francisco alla fondazione dell’ ONU, quando c’è la volontà precisa di annientamento di un popolo per motivi di razza o di religione. Ecco perché si può parlare di intenzione di genocidio da parte di Hitler e del nazismo nei confronti degli Ebrei; ecco perché si può parlare di genocidio quando la Rivoluzione Francese nel 1794, a guerra civile finita – perché l’esercito della Vandea si era arreso – decise di eliminare i Vandeani dal suolo della Francia, anticipando  tra l’altro metodi dei nazisti compresa l’ utilizzazione delle pelli umane per farne gambali e compreso lo studio dei gas chimici per uccidere.

E di questo non si parla per le ragioni che ben comprendete.

Ora, ritornando alla situazione americana, intanto già a lume di logica per ciò che vi ho detto, non si vede perché gli Spagnoli, essendo poche decine di migliaia, avrebbero dovuto uccidere quelle popolazioni che servivano loro per mettere a frutto le risorse di un immenso continente. Era una soluzione assurda.

Ma andiamo a quello che ci dicono gli storici. Essi affermano – e oggi l’archeologia ha dato conferme alle testimonianze letterarie, perché è possibile studiare le malattie dei morti di qualche centinaia di anni fa attraverso lo studio delle ossa dei resti -, che, a parte i morti nelle guerre, a parte episodi di atrocità che non intendo assolutamente negare, ma che certo non avrebbero assolutamente potuto annientare le popolazioni in proporzioni così rilevanti, fu lo shoc biologico a determinare questa catastrofe demografica.

Perché le popolazioni amerinde, gli americani precolombiani, erano vissuti in un compIeto isolamento anche biologico, quindi anche dalle malattie che gli Europei portavano con sé : il morbillo, il vaiolo ( il morbillo, malattia infantile che causa pochissime morti; il vaiolo era un po’ più grave in un’epoca di pre-vaccinazione anche in Europa, ma certo era ormai presente nelle popolazioni da tantissimo tempo).

Le popolazioni europee si erano abituate a convivere con questi agenti patogeni, perché questa è la vicenda biologica dell’umanità: i parassiti, i virus o baciIli pian piano devono adattarsi a convivere con l’ ospite che li ospita per la semplice ragione che se questo non accadesse morirebbero si tutti gli ospiti ma sparirebbero anche, per definizione, i parassiti.

Ma arrivando questi parassiti – tra cui il morbillo che gli storici della biologia considerano forse il più antico fra i più antichi agenti patogeni della storia dell’ umanità – a contatto con popolazioni che non l’avevano mai conosciuto fecero enormi stragi, il morbillo come il vaiolo. E noi leggiamo nei testi dei medici spagnoli che andarono in America le descrizioni della loro impotenza e della loro sorpresa di fronte a questa paurosa epidemia che decimava le popolazioni. Impotenza a trovare delle cure perché erano malattie che si manifestavano in forma assolutamente sconosciuta.” E, ripeto, l’archeologia ha confermato questi dati.

Secondo punto: il mito che il Nuovo Mondo fosse una sorta di Paradiso terrestre; è il mito del buon selvaggio. Un mito caro alla civiltà europea per cui è la storia, è la società, che ci ha “fatto cattivi”, ma da qualche parte esiste in natura il buon selvaggio il quale è vicino al Paradiso terrestre.

Lo stesso Colombo, preso dall’entusiasmo, all’inizio, prima che gli stessi popoli di San Salvador, le prime terre raggiunte di Taino, una popolazione Arawak gli dicesse : «…guardate che in quelle altre isole ci stanno i Caribi che sono cannibali e sono pericolosi», Colombo stesso se si legge il diario nelle prime pagine dopo il suo arrivo in America, in fondo era un po’ portato al mito del buon selvaggio, che poi sarà sviluppato in Europa nei secoli successivi.

Ed è l’idea in fondo che circola nei mass-media, cioè che era una specie di Paradiso terrestre dove gli uomini vivevano felici e contenti, poi sono arrivati i cattivi Europei e tutto è andato male, per l’ambiente e per gli uomini. Ora non è qui il caso di approfondire troppo questo argomento, per quanto abbia portato i libri sulle civiltà pre-colombiane.

Ma anche qui cominciamo, intanto, con una riflessione. Come ha fatto, Cortès, il conquistatore del Messico, in circa un anno  impadronirsi del Messico dove c’erano circa 25 milioni di abitanti all’inizio del 16. secolo? In un anno Cortès è arrivato in Messico con 508 uomini; vi diranno ma aveva i cavalli, erano 16; vi diranno ma avevano i cannoni, erano 14, ed erano i cannoni dell’ inizio del’ 500; vi diranno aveva gli archibugi, erano una ventina, poi bisogna conoscere gli archibugi di quel tempo, dove anche il tiratore migliore avrebbe difficoltà a centrare la porta in fondo alla stanza.

Potevano fare un po’ di effetto al momento, ma la domanda resta: come ha fatto Cortès a conquistare il Messico con 500 uomini? Come ha fatto Pizarro a conquistare il Peru’ con 180 uomini? questa è una domanda a cui si deve rispondere.

C’è anche l’eroismo di questi Conquistadores, un’ eroismo che non si vuole ricordare, e che io invece ricordo perché è un dato di fatto. Il coraggio può essere male applicato, ma andrebbe perlomeno riconosciuto. Ma C’è poi una risposta molto più profonda e ampiamente documentata: Cartès a Pizarro hanno contato sull’appoggio della stragrande maggioranza della popolazione india. Perché cosa era lo stato azteco?

Lo stato azteco costituiva un dominio sanguinario e totalitario su una massa di popolazione da parte di una ristretta minoranza.

Basterà ricordare la pratica dei sacrifici umani, per capire come agli Spagnoli, comprensibilmente, quel mondo apparisse come una civiltà dai tratti demoniaci. Casa facevano i sacerdoti aztechi, qual’ era la loro grande capacità, da come si vedeva un buon sacerdote?

Da quanti cuori riusciva a strappare, perché la forma sacrificale preferita dagli aztechi era quella di strappare ai sacrificati il cuore, dopo aver aperto la strada col pugnale, con la propria mano. E queste cose non le raccontano i cattivi Spagnoli; io stesso ho visto ora in una esposizione (ho visto tante volte le riproduzioni, ora le ho viste dal vero) ho visto i rotoli aztechi in cui essi si gloriano e rappresentano questi sacrifici. Cioè per gli Aztechi era un fatto positivo strappare i cuori. A quanti? A tanti.

Per esempio, questo è un testo che ci dà proprio in maniera fredda le pratiche azteche: « … nelle calende del primo mese si uccidevano molti bambini sacrificandoli in vari luoghi e in cima alle colline asportando il loro cuore in onore degli dei (…): nel primo giorno del secondo mese celebravano una festa (…) e uccidevano e scorticavano molti schiavi e prigionieri; nel primo giorno del terzo mese celebravano un festa (…) in questa festa essi uccidevano molti bambini sulle colline; nel primo giorno del quarto mese… » e cosi via per diciotto mesi del calendario.

In occasione delle grandi feste, ma anche nelle feste private i ricchi signori aztechi compravano sul mercato degli schiavi, li ubriacavano, li sottoponevano a varie pratiche e poi li sacrificavano in onore degli ospiti. Ma poi c’erano le grandi feste pubbliche; da un testo azteco sappiamo che nel 1484 in onore di un dio dal nome molto difficile, furono sacrificati 20.000 prigionieri.

Veramente dalle immagini che si vedono la civiltà azteca appare continuamente perseguitata dall’ idea che questa civiltà muoia se un fiume di sangue non alimenta le energie che gli dei e il mondo vanno perdendo, mantenendo cosi’ l’ equilibrio.

Ecco perché agli Spagnoli questa civiltà apparve con trat ti demoniaci e perché’ trovarono nelle popolazioni indie sottomesse grandissimi appoggi. E spesso gli episodi di atrocità che vengono attribuiti agli Spagnoli, se si va a leggere bene i testi, sono invece opera dei loro alleati che vedevano la possibilità di vendicarsi di questo sangue che era stato loro imposto.

Nell’ impero Inca peruviano i sacrifici umani erano un po’ più contenuti, ma egualmente presenti, e in ogni caso l’organizzazione dell’impero Inca era quella di uno stato totalitario dove non esisteva nessuna libertà, oggi diremmo di comunismo totale, e in cui c’era un dominio assoluto, e dove pure evindentemente Pizarro trovò larghissimi aiuti per poter portare con questo pugno di uomini a compimento la sua impresa.

Vorrei ancora aggiungere una considerazione, ed é questa. Chi ci informa di questi eccessi degli Spagnoli? Sono gli Spagnoli stessi, non evidentemente gli autori degli eccessi, ma altri, in particolar modo i missionari, i quali denunciano questa situazione e provocano in Spagna un dibattito di grandissimo valore sul diritto naturale. E questo culmina sul piano politico nel 1542 con nuove leggi, si chiamano così, di Carlo V, come già erano culminate sul piano teologico con la bolla Sublimis Deus di Papa Paolo III del 1537, con la quale viene proibita la riduzione in schiavitù degli Indiòs sulla base della naturale eguaglianza degli uomini.

Come ha detto Pierre Chaunu, che fra l’altro è un grande storico ma è bene, per levare ogni sospetto, aggiungere che è protestante, si tratta della vittoria dell’ umanesimo cristiano sull’ umanesimo pagano perché i sostenitori, e ce n’era qualcuno, della possibilità di ridurre in schiavitù gli indigeni, si rifacevano ad Aristotele, agli autori pagani, i quali avevano giustificato l’esistenza di uomini che sono per natura destinati ad essere schiavi.

Quindi una grande vittoria dell’umanesimo cristiano, frutto di queste discussioni, e che porta a delle leggi di protezione da parte della Corona di questi indiani. E la Corona continuerà a svolgere questa azione di protezione; potrei fare un elenco di quelli che nei due secoli successivi sono stati i colonizzatori condannati, anche a morte, per aver commesso degli eccessi nei confronti degli indigeni; tant’è vero che si può correttamente interpretare ( lo accenno soltanto perché ci porta lontani nel tempo dal nostro argomento) , quel movimento cosiddetto di liberazione, di ispirazione massonica  della fine del ‘700 e inizio ‘800, che portò le Indie Occidentali, le colonie spagnole americane, a staccarsi dalla Spagna, i famosi Libertadores come Simon Solivar ecc., come proprio ispirato dal desiderio di eliminare la protezione dei governanti mandati dalla Spagna, dei missionari e degli uomini di Chiesa.

In realtà a  partire dal’500 la riforma protestante utilizzò largamente gli scritti di Las Casas che erano finalizzati a un dibattito interno; si ebbero 139 edizioni, non copie, nel giro di un secolo, tradotte spesso arbitrariamente con l’aggiunta di stampe, di illustrazioni, che descrivevano tutte le torture non descritte nel testo di Las Casas, però immaginate. In questo modo questa leggenda nera si è venuta a formare e si vedeva evidentemente nella Spagna il nemico dei paesi protestanti e anche il sostenitore, la spada, della Controriforma, . Quindi questa leggenda nera va rimossa.

Va anzi detto, e mi avvio a concludere, che si deve riconoscere nei missionari, soprattutto nei missionari francescani, una straordinaria e immediata capacità di studiare e di comprendere le popolazioni con cui venivano a contatto. Sull’ Economist un professore che ha un nome spagnolo ma è inglese, nato a Londra è professore a Londra, Felipe Fernandez Amesto, dice proprio che si deve riconoscere che l’antropologia culturale nel senso moderno, neI senso scientifico del termine, è nata in Spagna con autori come per esempio Bernardino Sahagun e vari altri, i quali iniziarono immediatamente uno sforzo di comprensione per queste popolazioni.

E guardate, è vero, gli Spagnoli hanno distrutto a volte dei templi aztechi, e facendo questo essi hanno ripreso una pratica, quando l’hanno fatta, che era stata fatta dagli Aztechi stessi; di queste civiltà americane una cosa bisogna dirla: vivevano ho detto prima nell’ isolamento biologico, ma vivevano anche in un isolamento culturale e tecnologico spaventoso. Certo, non solo isolamento dall’ Europa.

Gli Europei in fondo erano stati in contatto con gli Arabi, perfino con i Cinesi sia pure per interposta persona. Ma anche un isolamento tra loro, isolamento nello spazio e nel tempo. Per esempio, la civiltà azteca e la civiltà inca, messicana e peruviana, che non erano poi così lontane, si svilupparono, nella misura in cui si svilupparono, nella totale reciproca ignoranza. Isolamento nello spazio, ma isolamento nel tempo; come ha notato Chaunu, ogni volta che un popolo si sovrapponeva a un altro si ripartiva da zero.

Nei rotoli aztechi conservati dagli Spagnoli da quelli che cercavano di capire questo popolo e che ci hanno tramandato in fondo tanto materiale, si descrive con soddisfazione la totale distruzione dei templi delle civiltà precedenti. Ma è bene aggiungere anche che questa evengelizzazione – faccio una osservazione un attimo non da storico ma, se volete, da cattolico, comunque interna alla Chiesa Cattolica, – questa evangelizzazione che non piace ai teologi della liberazione è invece un connotato della Chiesa.

Alla fine del Vangelo c’è scritto: « …andate e predicate a tutte le genti quello che io vi ho insegnato», quindi mi sembra una constatazione che non si può essere cattolici senza avere una volontà di evangelizzazione. Si può essere altre cose; uno non può essere iscritto al circolo del bridge e andare in giro a dire che il bridge è il gioco più stupido che ci sia. Allo stesso modo, mi pare più che legittimo il comportamento della Chiesa. Non è come ha detto Boff, andandosene per i motivi suddetti, che il Papa è senza pietà.

Chiudendo questa parentesi devo dire che immediatamente queste migliaia di missionari che andarono per evangelizzare e difesero spesso contro gli eccessi di Conquistadores troppo avidi le popolazioni indigene, missionari che se anche andarono a migliaia si trovarono, per questo gran desiderio di essere battezzati, spesso in insufficienza numerica. Abbiamo delle testimonianze su questo.

Immediatamente si preoccuparono di comprendere queste civiltà e anche di gettare la basi per una nuova civiltà. Fin dagli inizi del ‘500 viene istituita nella prima isola colonizzata, S. Domingo, una scuola per indios, vengono compiute numerose esperienze per creare un alfabeto adatto alle lingue locali, viene creata una scuola d’arte per popolazioni indie; ho visto nell’esposizione di Parigi, di cui dicevo, queste opere d’arte della prima metà del ‘500, che si sono conservate, create dagli indios che erano andati presso questa scuola.

Nel 1531 un avvenimento prodigioso venne, come a dire, a suggellare e a dare un’indicazione ulteriore in questo senso. ? Fu l’apparizione della Vergine a un indiano; fatto che ha creato quel centro tuttora di grandissimo riferimento religioso che è il Santuario della Madonna di Guadalupe in Messico, riprendendo il nome del Santuario spagnolo e sul quale l’amico Giulio Guerra ha scritto il libro “La Madonna di Guadalupe“, che non posso che consigliare perché permette di prendere, di cogliere, anche l’aspetto religioso di questo fenomeno di acculturazione.

Io considerando l’ora, mi limito a dire questo: l’incontro tra le due civiltà, certo una dominante e una in posizione di inferiorità, anche una inferiorità tecnologica perché queste popolazioni hanno costruito delle grandi piramidi, si erano specializzate nell’astronomia, anche perché vivevano in questa continua ossessione religiosa cui accennavo, però erano da un punto di vista tecnologico, anche in conseguenza dell’isolamento in cui erano vissute, molto primitive: l’agricoltura era quella della zappa, non conoscevano la ruota, e perfino in architettura non  conoscevano l’arco.

Quindi era anche inferiorità tecnologica. Quindi c’erano due culture, una civiltà dominante che ha dato di più, una civiltà che però ha dato e oggi esiste, e ancor più esisteva direi nel’ 500 e nel’ 600, una civiltà ispano-americana che va secondo me amata, difesa, valutata per quello che è.

Ho accennato prima al meticciato. Viene rimproverata agli Spagnoli in un certo senso la pratica dei matrimoni misti perché ha impedito di mantenere gli indios isolati nella loro purezza di sangue e di cultura. Stranissimo atteggiamento, che denota la malafede di queste posizioni; tra l’altro a proposito di malafede, scusate una rapidissima aggiunta, ma mi pare rnetodologicamente importante, quando si parla di sacrifici umani si dice: « Bèh, ogni civiltà va capita per i suoi principi, non si devono fare gerarchie di civiltà, ogni civiltà ha diritto di vivere come le pare», nessuna domanda alle popolazioni sottoposte agli Aztechi.

Comunque concediamo, non sono d’accordo, ma concediamo che non esistano gerarchie di civiltà; non si vede perché ai poveri Spagnoli invece questo deve essere sistematicamente negato.

Che gli Spagnoli fossero tributari in qualche maniera delle mentalità diffuse nel loro tempo, e che anzi semmai rispetto al loro tempo si sono comportati stranamente bene, vorrei dire, beh per loro questo principio metodoloqico non vale. E questa è una cartina di tornasole della malafede.

Chiudo questa aggiunta, e tornando al meticciato, si rinprovera agli Spagnoli di non aver mantenuto gli indios nella purezza di sangue. Li si sarebbe preferiti come ora li si vorrebbe nelle riserve amazzoniche, con tanto magari di cartellino al collo, o come i Pellirossa alcolizzati che vivono nell’Arizona o nelle riserve indiane dell’Arizona e del Nuovo Messico.

E anche questa è una delle cartine di tornasole, e su questo argomento mi rivolgo soprattutto ai più giovani, che permette di capire l’errore metodologico, permettono di comprendere la malafede. Spero di averne indicati di questi esempi nella chiacchierata di questa sera .

Grazie