Per un Patriot Act laico e cattolico dovremmo iniziare a parlare non solo di libertà, ma sopratutto di peccato originale

patriot actTempi n.52 del 22 dicembre 2005

Dura e appassionata lettera in difesa delle leggi antiterrorismo contro l’ideologia post-illuminista che cerca solo nelle cause socio-economiche il motivo per cui l’uomo è spinto a compiere il male. ecco cosa succede a tollerare gli intolleranti

di Jacob Giovanna

Sembra che i cosiddetti “progressisti” siano meno terrorizzati dal terrorismo che dalle misure anti-terrorismo dei governi occidentali. Sia il Patriot Act (introdotto negli Usa nel 2001) che il Pacchetto-Pisanu (introdotto in Italia nel 2004, aggiornato nel luglio 2005) e il Prevention of Terrorism Act (introdotto in Gran Bretagna il 5 agosto 2005) prevedono, seppure in diverse forme, l’arresto o l’espulsione per gli individui pericolosi noti ai servizi segreti e per chiunque commetta il reato di «giustificare o esaltare il terrorismo» (cfr. Repubblica, 10/8/2005).

Per il Guardian il Prevention of Terrorism Act è una «manovra avventata» che lede le libertà democratiche, mentre per il liberaldemocratico Robert Kennedy «queste misure rischiano di incidere sull’immagine liberale della Gran Bretagna e di fomentare nuovo odio» (Repubblica, 7/8/2005). Per Marco Rizzo dei Comunisti italiani queste misure «provocano una spirale di odio e di xenofobia, che anziché estirpare il terrorismo, lo alimenta» (Repubblica 6/8/2005).

Giudizi analoghi sono stati espressi da quasi tutti gli esponenti dell’Unione. Intanto negli Usa scrittori popolari come John Grisham e Stephen King promuovono una campagna d’opinione e una raccolta di fondi contro le misure del Patriot Act che loro giudicano contrarie alla costituzione degli Usa (Repubblica, 17/8/05).

Perché tanta paura delle leggi antiterrorismo? Semplice: perché contraddicono tutto il pensiero occidentale degli ultimi duecento anni. L’uomo illuminista esilia Dio in un cielo postumo per farsi lui stesso dio. Ad un dio nulla deve essere vietato: “vietato vietare”. A parte rubare e uccidere, ognuno deve essere libero di fare e soprattutto di dire tutto quello che vuole. La libertà infinita dell’uomo è soprattutto libertà d’espressione infinita.

Quello che non è lecito in opere è lecito in parole: il satanista non può fare sacrifici umani ma può fare discorsi a favore dei sacrifici umani sul suo blog (nessuna legge glielo vieta); Toni Negri non può fare il terrorista ma può incitare i suoi studenti ad abbracciare il terrorismo rosso (i radicali hanno difeso questo suo diritto); il predicatore islamista non può mettere le bombe in metropolitana ma può suggerire ai suoi ascoltatori l’opportunità di mettercele.

Fino a poco tempo fa nessuna legge vietava ad Omar Bakri Mohammed di istigare apertamente i musulmani britannici a fare violenza sui miscredenti britannici che gli pagavano il sussidio settimanale di 340 sterline e lo facevano alloggiare gratuitamente in una casa del valore di 200 mila sterline (Repubblica, 12/8/2005). In quello stesso paese i satanisti hanno appena ottenuto libertà di culto sulle navi della flotta militare.

Materialismo dogmatico

Oltre al liberalismo dogmatico, dietro la libertà d’espressione infinita c’è il materialismo dogmatico. Più precisamente il materialismo dogmatico è una conseguenza del liberalismo dogmatico. In quanto è dio di se stesso, l’uomo deve poter capire tutto di se stesso. Impregnata come è di misteri che affondano nel grande Mistero, l’anima è il punto di se stesso che l’uomo non capisce mai fino in fondo.

Per questo l’uomo-dio nega di avere un’anima ovvero la riduce ad una appendice del corpo composta di inconscio e coscienza, entrambi privi di misteri per la scienza neurologica e psicanalitica. Se sta materialmente bene, l’uomo pensa e agisce bene, se sta materialmente male ovvero subisce delle ingiustizie socio-economiche l’uomo pensa e agisce male (notare il paradosso per cui l’uomo emancipato da Dio è un burattino mosso dalla materia).

La libertà d’espressione non ha limiti non solo perché la libertà dell’uomo non ha limiti, ma proprio perché tutto quello che un uomo pensa e dice non può ispirare le azioni degli altri uomini. Fra le parole di Omar Bakri e la scelta del terrorista non c’è dunque una relazione di causa-effetto, ma casomai una causa comune: le ingiustizie socio-economiche.

Dunque togliere a Bakri la libertà di predicare l’odio non solo è in contrasto col Primo Emendamento della costituzione Usa ma è perfettamente inutile. Invece limitare la libertà del sospetto terrorista è addirittura dannoso. Dal momento che il terrorista è vittima di ingiustizie socio-economiche, persegitarlo con metodi polizieschi significa aggiungere ingiustizia a ingiustizia e così provocare «una spirale di odio e di xenofobia, che anziché estirpare il terrorismo, lo alimenta» (Marco Rizzo).

Come hanno scritto su Repubblica, la durezza poliziesca ha come unico effetto quello di «estremizzare e radicalizzare chi è ancora in una zona grigia» (Repubblica, 6/8/2005). In conclusione, per estirpare il terrorismo non bisogna limitare la libertà d’espressione dei predicatori dell’odio né perseguitare i terroristi, bensì estirpare le ingiustizie socio-economiche che generano allo stesso tempo il terrorismo e la sua propaganda. E queste ingiustizie chi le produce? Ma ovviamente l’Occidente capitalista e imperialista!

Blair contro i musulmani

Ad agosto Abu Qatada è stato arrestato dalla polizia britannica perché si era espresso a favore della guerra santa contro la Gran Bretagna. Yasser al-Serri, direttore dell’Osservatorio islamico di Londra, ha commentato: «È in atto una campagna arbitraria orchestrata dal governo Blair contro gli arabi e i musulmani» (Repubblica, 12/8/2005). Come stupirsi se alcuni di essi, in preda all’esasperazione, terroristi lo diventano per davvero? Per fortuna in Italia abbiamo dei magistrati intelligenti che rilasciano i sospetti terroristi cinque minuti dopo il loro arresto.

In effetti l’etiope Issac Hamdi, catturato a Roma, dice di avere fatto esplodere lo zaino tra le stazioni del metro di Sheperd’s Bush e Westbourne Park a Londra il 21 luglio perché «dopo gli attentati del 7 luglio gli islamici di Londra sono stati insultati e repressi». Negli incontri cui partecipava nella moschea di Brixton e in una palestra di Notting Hill si facevano «soprattutto analisi della situazione politica e del fatto che ovunque in Occidente i musulmani sono oggetto di vessazioni. E che quindi devono reagire» (Repubblica, 31/7/2005).

Tutta colpa della fede

Dal punto di vista illuminista per sconfiggere il terrorismo bisogna prima eliminare le ingiustizie socio-economiche che lo generano. Gli Stati canaglia che armano i terroristi andrebbero messi al riparo dalle ingiustizie della globalizzazione economica, gli emarginati che mettono le bombe in metropolitana andrebbero integrati nella società occidentale. Tutte le fedi religiose assunte in modica quantità fanno bene, in quantità appena superiori fanno male alla salute mentale.

Essere occidentali significa ridurre la fede ad un sentimento moderato (utile analgesico contro il terrore della morte) e fare del benessere e del divertimento lo scopo della vita. Essere occidentali significa vivere in pace con tutti, perché chi si diverte non ha voglia di fare la guerra: “fate l’amore e non la guerra”. È la religione presa troppo sul serio che ispira le guerre.

Secondo la cultura moderna post-illuminista, il terrorismo nasce dalla povertà e dall’emarginazione. La realtà è ben diversa: i terroristi sono tutto fuorché poveri-emarginati, vittime dell’Occidente. I diciannove kamikaze dell’11 settembre avevano frequentato le migliori università occidentali e facevano su e giù per gli Stati Uniti col portafoglio pieno di carte di credito.

L’assassino del regista Theo Van Gogh era uno studente modello, esaltava in un perfetto olandese le meraviglie del multiculturalismo su di un giornaletto di provincia e fumava le droghe leggere come i suoi coetanei olandesi (Il Foglio, 29/10/2005). Prima di dedicarsi alla guerra santa, l’etiope Issac Hamdi si interessava soltanto di rap afro-americano, di musica hip hop e di ragazze, che a quanto pare avevano un debole per lui. Passava tutti i pomeriggi sul “muretto” di piazzale Flaminio a Roma, dove incontrava ragazzi italiani ma anche «francesi e americani, studenti dello Chateaubriand, del Saint Dominique e dell’Overseas. Più di cento persone, senza traccia di razzismo» (Repubblica, 1/8/2005). Alla faccia della mancata integrazione.

La maggior parte dei volontari della guerra santa partiti per l’Irak e l’Afghanistan dai paesi dell’Unione Europea (sono centinaia) sono nati e cresciuti in Europa all’interno di famiglie di immigrati benestanti e integrati. L’estremismo islamico attrae pure occidentali figli di occidentali: vedi il “talebano” Johnny Walker, il cecchino di Washington e il siciliano Domenico Quaranta (autore di un fallito attentato al tempio della Concordia in Sicilia e di una fallita strage alla stazione metropolitana del Duomo a Milano). Ad essi bisogna aggiungere un numero imprecisato di “cellule dagli occhi azzurri” reclutate da Al Qaeda.

L’uomo non è solo corpo

La realtà ci dice che non basta dare al giovane musulmano benessere e divertimento per renderlo immune alla seduzione del terrorismo. Per una ragione semplicissima: perché l’uomo non è solo corpo. Non è vero che l’anima è una appendice del corpo. Non è vero che pensieri e azioni sono “sovrastruttura” delle condizioni materiali di un uomo. Non è vero, in altri termini, che l’uomo è un pezzo di materia mosso dalla materia che lo circonda. È l’anima che muove il corpo e modifica la realtà materiale, non viceversa. Non è nel corpo ma è nell’anima che si originano il crimine e il terrorismo. In termini più semplici, il crimine e il terrorismo sono oggetto di una libera scelta.

È la volontà l’unica causa delle azioni dell’uomo. La volontà è soprattutto capacità di scelta fra il bene e il male. L’uomo sceglie il male non perché ha dei problemi socio-economici, ma perché prova piacere nel fare il male. Dietro il gusto del male non c’è una ragione materiale ma una ragione spirituale: il peccato originale. Dall’esistenza del male nel mondo possiamo logicamente dedurre l’esistenza del peccato originale come sua causa nascosta che sfugge alla indagine dei sensi.

Invece i post-illuministi trovano che il peccato originale sia solo una superstizione cattolica e che il male possa essere estirpato con gli strumenti della scienza. Chissà come si sono sentiti quando la scienza ha fornito qualche argomento a favore della superstizione cattolica. Difficilmente tutti gli uomini sarebbero disposti a non fare il male che vorrebbero senza la minaccia di una punizione. È assurdo affermare che la lotta al terrorismo incoraggia il terrorismo tendendo ad «estremizzare e radicalizzare chi è ancora in una zona grigia» (Repubblica, 6/8/2005).

Il “rap del terrorismo”

In realtà le leggi anti-terrorismo non fanno aumentare il terrorismo per la stessa ragione per cui le leggi contro l’omicidio non fanno aumentare gli omicidi. L’uomo è libero di scegliere fra il bene e il male. Questa scelta è ultimamente insondabile ovvero non ha nessuna causa esterna alla volontà. Tuttavia le cause esterne possono in qualche misura interferire in questa scelta. L’uomo non è un corpo animato ma un’anima rivestita di corpo.

Dal momento che la componente spirituale dell’uomo è preponderante rispetto alla componente materiale, i fattori di carattere materiale possono interferire nelle sue scelte molto meno dei fattori di carattere, per così dire, spirituale. In questa seconda categoria rientrano tutte le forme di espressione del pensiero: parole, libri, arte, spettacoli eccetera.

Non è vero, come afferma la cultura moderna, che le parole non hanno effetti sulla realtà materiale. In quanto sono espressione della parte spirituale dell’uomo, le parole possono modificare la realtà materiale molto più profondamente di qualunque mezzo puramente materiale.

Le parole di un solo uomo possono indurre un numero illimitato di uomini a compiere delle azioni determinate, buone o cattive che siano. A causa del peccato originale, è più facile indurre gli uomini a compiere azioni cattive che non azioni buone. Non è possibile propagandare il male a parole senza produrre il male nella realtà. Le parole di Hitler hanno prodotto i lager, le parole di Marx hanno prodotto i gulag.

Alcune registrazioni delle prediche di Omar Bakri Mohammed sono state trovate ad Amburgo nell’abitazione di Mohammed Atta, capo kamikaze dell’11 settembre. Solo una coincidenza? Per non peggiorare la sua posizione, Omar Bakri Mohammed nega di avere mai avuto contatti con l’organizzazione di Osama bin Laden (Repubblica, 12/8/2005). In realtà Bakri andrebbe considerato affiliato di Al Qaeda per il solo fatto che da più di dieci anni istiga i giovani ad emulare le gesta di Osama bin Laden (Repubblica, 11/7/2002).

I terroristi che usano le parole uccidono più dei terroristi che usano le armi. I terroristi che usano le parole sono i mandanti dei terroristi in armi. L’incontro organizzato da Bakri sui “magnifici diciannove” dell’11 settembre è stato un atto di terrorismo pari a quello perpetrato dai suddetti diciannove.

Poco tempo fa nelle moschee inglesi andava a ruba il cd del “rap del terrorismo”: «Pace ad Hamas e agli Hezbollah / Osama Bin Laden mi ha fatto scintillar come una stella / quando abbiamo distrutto le due torri ha-ha-ha (risata) / premier Tony Blair piglia questa sporco miscredente/ mister Bush piglia questa sporco miscredente/ gettiamoli nel fuoco ha-ha-ha (risata)» (Repubblica, 9/2/04).

Nell’Iqra Learning Center bookstore di Leeds si vendono ancora dei libri e dei videogames con a tema la “soluzione finale” del problema degli infedeli che infestano il pianeta (Repubblica, 25/7/05). Gli effetti pratici della conferenza di Bakri, del rap del terrorismo e dei videogiochi di Leeds li abbiamo visti a Londra il 7 e il 21 luglio 2005.

Ammonimenti olandesi

Non ci sono più dubbi: la causa efficiente del terrorismo è la propaganda terrorista. Perché i politici e gli intellettuali, tranne rare eccezioni, considerano la propaganda terrorista alla stregua di un fenomeno folkloristico? Perché non sono state ancora introdotte delle misure contro la proliferazione delle scuole dell’odio, che solo in Italia sono raddoppiate dal 2001 ad oggi (Repubblica, 4/8/2005)? La risposta è semplice: perché colpire le scuole dell’odio e punire tutte le forme di propaganda o apologia del terrorismo significa rimettere in discussione il dogma della libertà d’espressione infinita e, con esso, l’utopia della libertà infinita dell’uomo-dio.

Tuttavia la libertà d’espressione sta morendo proprio per un eccesso di libertà d’espressione, la tolleranza sta morendo proprio per un eccesso di tolleranza. Prendiamo l’Olanda, il paese che ha fatto della tolleranza il suo marchio di fabbrica. La stessa totale libertà d’espressione che l’Olanda concedeva un tempo ad autori proibiti in patria come Hobbes, Cartesio e Spinoza oggi la concede agli intolleranti (d’altra parte è da dimostrare che le idee dei suddetti autori non siano la radice ultima di quel nichilismo senile che sta distruggendo la civiltà occidentale dal suo interno).

Ebbene gli intolleranti hanno usato la libertà d’espressione per educare all’odio e alla violenza migliaia di giovani olandesi. Uno di essi ha ucciso Theo Van Gogh il 2 novembre 2004, gli altri sputano sulla piccola lapide che il municipio ha dedicato alla memoria del regista scomparso. Gli intolleranti hanno spinto una intera generazione a ripudiare il comandamento “non uccidere” (frase scritta sulla lapide di Van Gogh).

Col risultato che adesso in Olanda non è più possibile esprimere liberamente delle opinioni contrarie a quelle degli intolleranti senza rischiare la vita (i politici e gli intellettuali olandesi minacciati di morte sono già una decina). Ecco che cosa succede a tollerare gli intolleranti.