EGITTO – Sharia ed elezioni

Egitto_elezioniIl Regno n. 20/2005

L Pr. – Il patriarca copto dell’Egitto, Shenouda ili, in modo discreto ma convinto ha invitato i fedeli a votare Hosni Mubarak per le elezioni presidenziali del 7 settembre scorso, e guarda con preoccupazione alle elezioni parlamentari avviate il 9 novembre (che si concluderanno il 7 dicembre).

L’esposizione pubblica del patriarca e della Chiesa copta può sorprendere, ma non è priva di giustificazioni Mubarak non è un amico, ma non è considerato un nemico. Costituisce un baluardo di stabilità interna che lascia qualche margine di vita e d’espressione alla comunità copta e ai cristiani.

Come dicono alcuni, egli è «una malattia leggera», un difensore di fatto dei cristiani, rispetto al timore per la crescita di potere dei Fratelli musulmani e del loro progetto politico. Il risultato delle presidenziali, dove per la prima volta erano presenti altri candidati, ha confermato Mubarak con l’87% dei voti, con una partecipazione elettorale del 23% tra gli oltre 32 milioni di aventi diritto.

«L’islam è la soluzione»

Ma mentre non avevano candidati per le presidenziali, i Fratelli musulmani schierano oltre 150 candidati per le elezioni parlamentari (su 454 seggi in palio). Il loro consenso è legato a una rete capillare di dispensari, scuole e pubblicazioni, alimentato dalla spinta neointransigente attiva dagli anni ottanta. Si considerano un movimento civile a ispirazione religiosa, negano di rifarsi alla rivoluzione islamica della recente stona iraniana, accettano il confronto democratico e perseguono la conquista del potere attraverso il consenso. Il loro slogan: «L’islam è la soluzione».

Ma le tracce di violenza del loro passato (gravi scontri sociali nel 1977, uccisione di Sadat nel 1981, ripetute aggressioni alle minoranze religiose, attentato terroristico al Sinai nel 2005), la lotta contro l’islam moderato (tanto da costringere il potere politico a mettere in atto, nel 1985, un controllo severo sulla scelta degli imam delle moschee principali e sulla predicazione) e la richiesta di un’intransigente applicazione della legge islamica (sharia) come legge fondamentale dello stato turbano i sonni delle minoranze religiose e dei musulmani non radicali.

Per questo Shenouda III non si stanca di ricordare l’altro slogan: «Noi siamo un popolo», a indicare un’appartenenza storicamente e civilmente a monte rispetto alle identità religiose e politiche.

Alla vigilia delle elezioni sono puntualmente apparse le aggressioni anticopte. Il 21 ottobre alcune migliaia di musulmani hanno accerchiato la chiesa copta di San Giorgio ad Alessandria con grida e lancio dì pietre. Una seconda manifestazione è stata dispersa. La folla si è allora diretta a una chiesa vicina (Al-Amre) per incendiarla e saccheggiare l’annesso ospedale copto. Negli scontri con la polizia ci sono stati tre morti e 90 feriti.

La ragione della violenza è imputata alla diffusione, avvenuta tra i musulmani, di un DVD contenente la ripresa di uno spettacolo messo in scena una sola volta un paio d’anni fa in una chiesa cristiana. Sotto il titolo «Ero cieco e ora ci vedo» si raccontava la storia di una conversione all’isiam di un cristiano che diveniva poi fanatico persecutore dei suoi antichi fratelli di fede.

Qualcuno filmò l’unica rappresentazione e ora è diventato uno scandalo anti-islamico. Sui 4-10 milioni di copti (le stime variano molto a seconda delle fonti) ogni anno vi sono 14.000 conversioni all’isiam, mentre non è possibile l’inverso. I Fratelli musulmani pretendono le scuse formali di Shenouda III. anche se hanno preso le distanze dai disordini

Coraggio e timori

La Chiesa copta vive con coraggio lo stillicidio di discriminazioni sociali e politiche, sostenuta da un’ampia pratica religiosa, dai 30 monasteri (con oltre 5.000 fra monaci e monache) e dalla diffusa pratica delle scuole domenicali per la catechesi degli adulti. Ma registra un progressivo venir meno dei ruoli economici e civili dei fedeli.

Se nel 1961 poteva contare su quasi un quarto degli attivi nelle professioni liberali, sulla metà delle banche e sulla maggioranza delle aziende di trasporto, oggi è sotto rappresentata nelle professioni e nella politica. Non ha né governatori (sono 26), né alcun ministro di rilievo. Due soli i candidati copti alle elezioni in corso, il prestigioso Bou-tros-Ghali. ex ministro degli Esteri ed ex segretario dell’ONU, e un secondo che, dopo i disordini recenti, ha ritirato la propria candidatura

Oltre al flusso delle conversioni all’islam i cristiani conoscono l’emorragia delle migrazioni all’estero. Essa riguarda sia i copti sia le altre minoranze 200.000 copti-cattolici; 8.000 latini; 100.000 protestanti; 7.500 greco-cattolici; 6.000 maro-niti; 5.000 greco-ortodossi; 2.500 siriaco-cattolici; 2.000 armeni; 600 caldei (cf. Herder Korrespondenz [2005]11, 583).

Il timore di Shenouda III, premio UNESCO per la pace e la tolleranza nel 2000. è la progressiva erosione della libertà, a partire da quella religiosa. Nella Costituzione del 1923 si garantiva l’uguaglianza dei cittadini senza discriminazioni di razza, lingua o religione. Nel 1964 si riconosce l’isiam come religione di stato, introducendola nella Costituzione del 1971.

Nei successivi cambiamenti della legge costituzionale si è salvaguardata la libertà di coscienza, anche quando, nel 1980, si è riconosciuta la sharia come fonte principale ma non unica delle leggi. Ma il riferimento a essa ha preso sempre più forza e già ora le leggi matrimoniali ed ereditarie penalizzano i non musulmani.

Si può parlare di discriminazioni, non di persecuzione o di conflitti fra religioni, perché i massimi rappresentanti islamici come Mouhammad Sahid al-Tantawi e il suo successore all’Università al-Azhar, Ali Gomar, non hanno cavalcato gli elementi più radicali. Tuttavia la preoccupazione è giustificata.