«La genetica nuova frontiera del razzismo»

geneticaAvvenire – 5 Settembre 2001

Per lo scienziato francese Alex Kahn c’è chi vuole introdurre «qualità minime» per stabilire chi far nascere

di Riccardo Cascioli

DURBAN. «È un fatto che la genetica offre oggi delle possibilità che possono essere strumentalizzate e generare nuove forme di razzismo». L’allarme viene dal professor Alex Kahn, genetista e direttore del Cochin institute di Parigi per la genetica molecolare e segretario dell’European life science high level group con sede a Bruxelles. Kahn è a Durban, invitato dall’Unesco che ha organizzato una tavola rotonda proprio su «Genetica e diritti umani».

Professor Kahn, in che modo si può definire il rischio di nuove forme di razzismo legate alla genetica.

Il rischio viene da quella che definiamo socio-biologia. Quello che una volta voleva essere dimostrato attraverso i tratti somatici oggi lo si vuole dimostrare attraverso i geni. Ad esempio, anche su grandi riviste scientifiche sono apparsi studi dove si è annunciata la scoperta del gene dell’intelligenza, dell’aggressività, dell’amore e così via, creando l’aspettativa di un intervento sui geni che possa cambiare singole caratteristiche. A parte il fatto che i geni agiscono in modo combinatorio, cioè non è un solo gene a determinare caratteristiche fisiche e psichiche, è evidente che c’è il pericolo che si arrivi a un concetto di persone «geneticamente non corrette» o a stabilire una «qualità minima» per i bambini da far nascere. E questo è mostruoso.

Una vera e propria selezione della razza. Anche nella bozza di Piano d’azione, in discussione qui a Durban, si fa riferimento a una tentazione eugenetica mai scomparsa. All’inizio del ‘900 il movimento eugenetico ebbe un importante seguito nel mondo anglo-sassone e un ruolo importante nella formulazione delle teorie naziste. Pensa che oggi quel movimento stia conoscendo una nuova fioritura. La radice di tutto è nella teoria evoluzionista, o meglio l’applicazione all’umanità di quella teoria che definisce diversi gradi di sviluppo a seconda dell’evoluzione.

L’eugenetica ne è una figlia, ma oggi l’eugenetica ha trasformato se stessa. Se un secolo fa consisteva soprattutto nell’evitare il «contagio» della povertà e di certe malattie, ad esempio attraverso il controllo delle nascite, oggi si rivolge all’eliminazione di certi geni per formare gruppi umani di maggiore qualità. Però è bene chiarire che questo non ha nulla a che vedere con la scienza, è l’ideologia che usa la scienza per i suoi fini.

La scienza ha comunque stabilito che non esistono differenze biologiche che giustifichino la teoria della razza.

È vero, ma oggi ad esempio, certe teorie tornano in modo nuovo forzando la scienza. Ad esempio si annuncia che è stato localizzato in una certa regione un cromosoma associato all’intelligenza, e in questa stessa regione quel gene si presenta diverso a seconda delle etnie. Ecco dunque che torna la «giustificazione» del razzismo. Però bisogna dire con chiarezza che la scienza non può essere interpellata per dare una risposta sul razzismo. Mi spiego: affermare che il razzismo è illegittimo perché sul piano biologico, e in particolare genetico, le razze non esistono, significa dire che se certe differenze esistessero allora il razzismo sarebbe giustificato.

Quindi è un controsenso voler fondare l’antirazzismo sulla scienza: non esiste una definizione scientifica della dignità umana, questa è un concetto filosofico che viene prima della scienza. Comunque vorrei che accanto ai pericoli causati dalla rivoluzione genetica, si tenesse conto delle grandi opportunità positive che questa offre, ad esempio nella cura delle malattie. Questo ci porta a parlare di clonazione, sia riproduttiva sia terapeutica. Oggi per tanti esperimenti ci si appella alla libertà della scienza.

Non c’è dubbio che la scienza abbia bisogno di libertà, ma anche la libertà ha dei limiti, che consistono nella libertà delle singole persone. La mia libertà, ad esempio, trova un limite nella sua, che ugualmente deve essere garantita. Perciò non sono ammissibili esperimenti che ledono la libertà delle persone. Ma soprattutto non sta alla scienza decidere sull’applicazione tecnica delle scoperte, ma alla società.

Uno potrebbe dire che nel clonare non si lede il diritto di una persona, semplicemente la si crea.

Non è così. Perché io e lei in questo momento possiamo sentirci liberi mentre parliamo insieme? Perché io non ho scelto il colore dei suoi occhi o dei suoi capelli o il suo sesso. Così come non lo hanno deciso i suoi genitori per lei. Perciò la clonazione, con la possibilità di determinare caratteristiche fisiche e psichiche dei nascituri, è assolutamente incompatibile con la libertà.