L’obiezione fiscale è legittima?

tax_oppressioneRadici cristiane n.98 ottobre 2014

Una lettura”cattolica”dell’obiezione fiscale consiste nella legittima opposizione ad una norma statale contraria a giustizia. È la legge positiva, ogni singola legge positiva, a dover essere conforme alla legge divina, al diritto naturale e, quando ciò non si dia, il cittadino non è tenuto all’obbedienza per il semplice fatto che quel testo normativo non è né può essere legge, anzi si configura propriamente come comando illegittimo e tirannico. Come nel caso del finanziamento pubblico agli aborti volontari ed a molte pratiche immorali.

di Samuele Ceccotti

E’ dell’onorevole Matteo Salvini, segretario federale della Lega Nord, l’idea dello sciopero fiscale di un giorno, da attuarsi in tutta Italia nel mese di novembre. Iniziativa politica, che vuole denunciare l’oppressione fiscale, cui sono sottoposti cittadini, famiglie e imprese. Recentemente ha trovato rinnovata attenzione da parte dei media anche la decennale battaglia per l’obiezione fiscale, condotta dalla Comunità Papa Giovanni XXIII. In risposta ad uno Stato, quello italiano, che finanzia col denaro pubblico anche gli aborti volontari.

Ricordiamo che il Servo di Dio don Oreste Benzi riteneva «da lodare» l’obiezione fiscale condotta come strumento di opposizione e resistenza agli omicidi di Stato. Lo sciopero fiscale promosso dalla Lega Nord e la decennale battaglia della Comunità Papa Giovanni XXIII sono iniziative molto diverse tra loro: diverse le motivazioni e la ratio che le guida. Tuttavia entrambe contribuiscono autorevolmente ad accendere i riflettori sulla questione fiscale, sulla natura della pretesa statale e sui doveri del cittadino in materia.

Entrambe, però, si prestano purtroppo ad opposte letture, l’una razionale e cattolica, l’altra interna al paradigma politico della modernità. Infatti non è difficile leggere lo sciopero fiscale come un mero atto di “disobbedienza civile”, senza alcun fondamento che non sia la “volontà di una massa (quella degli scioperanti)” ovvero con il solo “argomento” del numero. Ugualmente l’obiezione fiscale proposta dalla Comunità Papa Giovanni XXIII si offre ad essere considerata come un caso particolare di obiezione di coscienza.

Una rilettura cattolica

 

Entrambe le iniziative possono, cioè, essere intese come espressione di un’op­zione soggettiva. Si avrebbe, allora, un conflitto tra due volontà, quella dello Stato e quella dei contribuenti “disobbedienti”. Tutto si ridurrebbe ad un mero rapporto di forza. Che prevalga lo Stato, imponendo il rispetto delle norme fiscali, o che prevalgano i “disobbedienti” per la forza della protesta, in ogni caso a spuntarla sarebbe una volontà, non la giustizia.

Ma vi è pure una lettura “cattolica” dello sciopero e dell’obiezione fiscale, la sola conforme a ragione, perché eticamente e giuridicamente fondata. La resistenza fiscale sarebbe, in questo caso, una legittima opposizione ad una norma statale ingiusta: non l’Obiezione di coscienza liberale, bensì quella razionale a quanto sia contrario a giustizia.

È la legge positiva, ogni singola legge positiva, a dover essere conforme alla legge divina, al diritto naturale e, quando ciò non si dia, il cittadino non è tenuto all’obbedienza per il semplice fatto che quel testo normativo non è né può essere legge, anzi si configura propriamente come comando illegittimo e tirannico. Si tratterà, allora, di esaminare la pretesa fiscale in quanto norma dello Stato, valutandone la legittimità ovvero la conformità al diritto naturale.

Altri casi

Sui beni di proprietà solo il titolare ha diritti diretti e immediati: ciò in ragione del diritto di proprietà, che è diritto naturale. La pretesa che lo Stato avanza sui beni dei cittadini è dunque un diritto indiretto e mediato, è il diritto dell’ autorità temporale ad essere sostenuta in ragione del bene comune.

Quando uno Stato, come quello italiano, finanzia con il denaro pubblico pratiche immorali quali, ad esempio, l’aborto, ogni cittadino ha non solo il diritto, ma pure il dovere di resistere anche fiscalmente, ponendo in essere una vera oppugnatio (anche occulta).

Un altro caso, nel quale non è solo diritto, ma anche dovere eludere/evadere le tasse/imposte, è quello nel quale si pone l’alternativa tra adempiere alle richieste del fisco e adempiere alla stretta giustizia. Ad esempio, chi si trovasse nella necessità di scegliere tra il versare le imposte o saldare un debito, retribuire i dipendenti, sostenere la famiglia, etc. avrebbe il dovere, non solo il diritto, di compiere i propri obblighi di giustizia anche a costo di eludere/evadere il fisco.

Ugualmente quando lo Stato avanzi pretese fiscali, motivate da logiche redistributive ed assistenziali (Welfare State), impiegando il denaro pubblico in ambiti esorbitanti le competenze proprie dell’autorità politica, si compie un vero e proprio attentato al diritto naturale di proprietà, attentato cui ogni proprietario ha il sacrosanto diritto di resistere.

Come si vede, l’evasione/elusione fiscale non sempre è ingiusta: spesso è legittima, talune volte persino moralmente doverosa. Ciò in particolare in un Paese come l’Italia, dove molte pratiche immorali vengono finanziate col denaro pubblico, mentre il fisco serve principalmente a politiche assistenziali e redistributive con una pressione fiscale la più alta al mondo.