Protestanti e inquisitori

inquisizioneSecolo d’Italia 23 settembre 2003

di Alessandro Massobrio

Gli amici spesso non si scelgono ma ci vengono imposti. A me, per esempio, nei giorni di vacanza in Valle d’Aosta, mi è frequentemente toccato di risalire qualche cornice di monte in compagnia d’una ex collega di scuola, insegnante di disegno con velleità artistiche e di formazione protestante.Il protestantesimo, oggi, in Italia è ridotto a ben poca cosa, a parte qualche esigua propaggine valdese, che si annida ancora all’interno delle valli del Piemonte. Ciò nonostante, la collega in questione è quanto mai agguerrita circa il suo credo religioso e, per di più, pronta a far fuoco sul mio. Vale a dire il cattolicesimo romano.

Naturalmente il materiale polemico è sempre lo stesso: l’intolleranza della Chiesa, le crociate, ma, soprattutto, l’inquisizione nelle salse più varie e romanzate. Il riferimento è naturalmente agli eretici e alle streghe, una categoria, quest’ultima, che insieme con quella dei maghi e maghetti alla Harry Potter, sta vivendo un’incredibile boom mediatico. Quanto però alla polemica su streghe e Chiesa cattolica, avevo in serbo per la mia partner di meditazioni sulle cime alpine alcuni argomenti che mi sembravano e continuano a sembrarmi fatti ad hoc per zittire coloro che parlano per sentito dire, senza il necessario approfondimento storico.

Rodney Stark è docente, presso l’Università di Washington, di sociologia delle religioni e autore, insieme con Massimo Introvigne, di un volume di prossima pubblicazione per i tipi della Piemme di Casale Monferrato, che si intitolerà “Dio è tornato. La rivincita di Dio in Occidente”. La sua fama, tuttavia, è affidata ad un altro saggio, non ancora tradotto in italiano, che porta il significativo titolo di For the God. How Monotheism Led to Reformation, Science, Witch-Hunts, and the End per Slavery. Autore serio e preparato, Stark- – come osserva anche Andrea Menegotto nell’ultimo numero di “Il Timone” – di tutto può essere accusato fuorché di filo o cripto cattolicesimo. La sua è una formazione tipicamente laicistica, in cui la sociologia delle religioni è utilizzata solo come chiave interpretativa di fenomeni a cui il vecchio materialismo di matrice positivistica non saprebbe dare risposta.

Ebbene, ciononostante, la sua disincantata indagine su stregoneria e caccia alle streghe conduce lo studioso statunitense a risultati sorprendenti. Innanzitutto, una prima precisazione, che serve a chiarire l’intero problema. Perché la Chiesa cattolica, a partire dalla Didaché, ma con motivazioni che affondano le proprie radici nell’Antico Testamento, ha sempre combattuto streghe, maghi,e magia? Per la -semplice ragione – risponde Stark – che laddove l’uomo religioso invoca da Dio la grazia di cui necessita, il negromante pretende invece di manipolare le forze soprannaturali, piegandole a fini personali.

La sua, perciò, più che una esperienza del sacro e del divino (ierofania), è una esperienza del potere (cratofania). Vissuta come presunzione di onnipotenza e quindi di pratica superstiziosa, se al termine “superstizione” attribuiamo il significato etimologico di star sopra, di pretendere di sottoporre al proprio controllo le leggi stesse della natura. Intesa in questo senso e cioè come superstizione, la magia diventa materia ordinaria di quella “cura d’anime”, la cui gestione spetta a vescovi e sacerdoti. Solo nel caso in cui in questa pratica si possano individuare elementi di eresia, entra allora in campo la figura straordinaria dell’inquisitore.

Ma anche qui la “leggenda nera”, costruita pazientemente in età illuministica e ancora in grado di orientare la coscienza dell’uomo contemporaneo, ha operato travisamenti e distorsioni della realtà. Dipingendo l’inquisitore con lo stereotipo dì Torquemada, sul cui volto si disegna un sinistro sorriso, mentre la macchina di tortura strazia le membra della pretesa strega di turno.

Viceversa, i dati storicamente accertabili in nostro possesso parlano di una realtà assai più complessa. Come fa osservare oggi Stark, ma come facevano osservare alcuni anni orsono Rino Cammilleri e Franco Cardini, la figura dell’inquisitore assume in questo contesto una posizione di mediazione e moderazione, mai estremismo fanatizzante. Incaricato dalla Chiesa di condurre una indagine su quelle forme di eresia che hanno inevitabili ricadute anche in ambito civile, il nostro personaggio, provvede a vagliare fonti e interrogare testi. Non si accontenta dei “si dice”, ma procede deciso alla ricerca della prova, introducendo in un contesto di forti passioni collettive, la luce della razionalità.

E un esempio quanto mai eloquente ci è fornito dalla stessa Spagna dei Re Cattolici e poi di Carlo V e Filippo II, autentica “bestia nera” degli illuministi che si ritrova tra il XIV ed il XVI secolo a governare un paese bizzoso come le Fiandre, sempre sul punto di scavalcare di sella il Duca d’Alba di turno. Per rivendicare la propria indipendenza nazionale. Ebbene, proprio in questo periodo e proprio ad opera dei famigerati inquisitori spagnoli, i Paesi Bassi fanno registrare la percentuale più bassa d’Europa per quanto riguarda gli imputati di stregoneria condannati alle fiamme.

Questo accade sempre? Non sempre, a dire il vero. Ma il fatto curioso è che, quando questo non si verifica e le presunte streghe vengono quindi abbandonate al furore fanatico delle folle, l’ambiente che compare sullo sfondo è generalmente quello dell’Europa settentrionale, in cui, a partire dal sedicesimo secolo, domina la confessione riformata. Ma, per comprendere meglio il problema, procediamo con qualche altro dato comparato. Consideriamo, per esempio, Spagna e Italia e mettiamole a confronto con altre contrade europee, come la Svizzera o la Germania (Norimberga), sempre nell’arco di tempo cui abbiamo fatto riferimento più sopra e cioè nel periodo compreso tra il XIV e il XVI secolo.

Ebbene, i dati che Stark mette a nostra disposizione sono davvero sbalorditivi. Se nei primi due paesi 14,4 imputati di stregoneria per milione di abitanti vengono condannati a morte, in Svizzera la cifra sale a 376,9, per sfondare poi il tetto dei 956,5 a Norimberga. Che dire di fronte a dati così schiaccianti? Soltanto che il “civile” Nord luterano e calvinista pare si sia spaventato per diavolo e sabba assai più dell'”incolto” sud dell’Europa cattolica. Che le forze dell’inconscio collettivo abbiano predominato in misura assai maggiore nella Ginevra di Calvino che nella Roma papale.

E che la ragione, quella con la “r” minuscola – e che dunque non si spinge al di là del buon senso – spesso e volentieri abbia causato meno danni all’umanità della sua sorellastra con la r maiuscola. La Ragione dei Kant e degli Hegel, degli antitaliani alla Giorgio Bocca e della mia collega di passeggiate alpine. Che si tormenta per la fine di Giordano Bruno ma dimentica o finge di dimenticare ciò che accadde ad alcune sue correligionarie in quel di Salem.