Quando i comunisti rubavano “diversamente”

mani_puliteArticolo pubblicato su L’Italia Settimanale del 25 agosto 1993

Prima del conto “Gabbietta” c’era in Svizzera un altro conto che aveva a che fare con il Pci. Ecco come un’azienda marittima trasferiva i dollari dall’Urss alle Botteghe oscure

di Giancarlo Lehner

La ditta “Maritalia”, con sede a Ravenna, circa vent’anni fa, fu rilevata dal comunista Giovanni Belletti. Un’azienda decotta che invece, consule Belletti, registra un vero e proprio boom economico. Fatto è che il Pci introduce “Maritalia” nel giro degli affari sovietici, in specie nei traffici della compagnia marittima del mar d’Azov. Di lì, raggirando sia il fisco sovietico, sia quello italiano, la “Maritalia”unirà l’utile al dilettevole partitico, riuscendo a procurare finanziamenti più che illeciti al Pci.

La tecnica, illustrata dalla documentazione allegata, è un marchingegno complesso e, insieme, solare: i profitti della ditta di Belletti vengono, ogni anno, azzerati a causa di multe e ritardi a svantaggio della compagnia marittima del mar d’Azov. La “Maritalia” guadagna 100, ma fa figurare, con false fatture e multe di comodo, che deve restituire 100 alla partner sovietica. La solla finisce in un conto speciale aperto appositamente presso la Banca per il commercio estero dell’Urss. Ma il denaro, in realtà, non va a gratificare i sovietici, perché è messo a disposizione del Comitato centrale del Pci, il quale indicherà il nome della persona, o della ditta autorizzata a incassare il denaro depositato nella Banca sovietica.

Chi è che, alla fine del giro, incassa il denaro? E’ tale Marco Cassani, allora membro – siamo negli anni Settanta e Ottanta – della amministrazione del Pci. Grazie alla nuova documentazione siamo in grado di fornire sia il numero del conto speciale presso la Banca del commercio estero dell’Urss (n. 77001317 a nome di Giovanni Belletti), sia il nome in codice del conto presso l’Unione Banche Svizzere di Losanna, ove finivano i profitti della “Maritalia”, del tutto esentati da tasse, sia sovietiche, sia italiane (il nome in cifra è 30728760 T). Insomma prima del conto “Gabbietta”, in Svizzera c’era un altro conto che aveva a che fare con Botteghe Oscure. Il documento, che qui pubblichiamo con il nome “Chiave” è del 1984, ma è da notare che la “Maritalia” ha continuato nei suoi affari in Urss, almeno sino al 1989 e che, ancora nel 1991, si distingueva tra gli sponsor più importanti del festival dell’Unità, tenutosi in quel di Bologna.

Il documento “Chiave” del 1984 riferisce di una somma trasferita dal conto n. 77001317 (Banca del commercio estero dell’Urss) al conto in cifre 0728760T (Unione Banche Svizzere di Losanna), ammontante a 121 mila dollari statunitensi. Da notare che, secondo gli inquirenti russi, sul conto di Losanna debbono essere transitate somme per un ammontare di almeno un milione di dollari. I documenti parlano da soli e non servono perciò ulteriori chiose.

Basterà rilevare soltanto he il marchingegno per l’evasione delle tasse, sovietiche ed italiane, non fu opera dei sovietici, ma dell’infinita creatività delinquenziale dei comunisti italiani. Infine, un omaggio ad un ignoto magistrato sovietico, forse finito in qualche manicomio criminale. Il giudice ignoto in questione, infatti, sul finire degli anni Settanta si accorse dell’illecito rapporto tra Compagnia marittima del mar d’Azov e “Maritalia”.

Cominciò, addirittura, ad allestire un’istruttoria, ma il CC del Pcus, probabilmente su suggerimento del CC del Pci, lo bloccò immediatamente, facendogli pagare salata l’ingenua intromissione nel sistema dei finanziamenti illetici ai “fratelli” italiani. Non un omaggio, ma una domanda ai magistrati italiani, che circa un anno fa hanno archiviato il caso “Maritalia”: l’archiviazione fu dettata da qualche amnistia o da che altro?

Volere è Violante. Ecco, noi vorremmo saperne di più, promettendo, da parte nostra, di compiere ogni sforzo per rintracciare, se è ancora vivo, il magistrato sovietico he incautamente andò a sbattere contro la turgida “onestà” dei comunisti italiani. Se ancora respira, ci faremo raccontare da lui di che lagrime e sangue è fatta la moralità delle Botteghe Oscure.

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DOCUMENTO “MARE”

Fascicolo speciale

Segretissimo copia n.1

Una delegazione di comunisti italiani, composta da: il membro del CC del Pci deputato al Parlamento Gianni Giadresco, (in russo è erroneamente scritto Giadrescu), membro regionale del Pci dell’Emilia Romagna, il membro della commissione finanziaria centrale del Pci, Mario Cassani, il dirigente della ditta Maritalia di Ravenna, Giovanni Belletti.

Il 26 luglio 1977, questa delegazione di comunisti italiani ha avuto un incontro nel ministero della Marina mercantile sovietica. Su tale incontro i membri ella delegazione ci hanno riferito che la ditta Maritalia impegnata con i servizi  di assistenza presso l‘amministrazione di Azov, è di proprietà del partito comunista e ed è controllata da Pci. Nel 1976, questa ditta ha guadagnato un profitto di circa 40 milioni di lire italiane corrispondenti a 33.200 rubli-valuta (o rubli-speciali). Gli italiani vorrebbero che questo loro profitto fosse posto fuori di ogni tassazione, per destinarla, così, ai bisogni del Pci.

Per questo scopo, hanno proposto la seguente strada: l’amministrazione dei marittimi del mar d’Azov presenterà alla ditta Maritalia falsi conti, per commissioni, spedizioni di container con merci sovietiche, falsi conti riguardanti multe per i ritardi subiti dalle navi in attesa nel porto, come compensazione delle perdite per i danni ai containers dell’Amministrazione d’Azov. La ditta Maritalia pagherà i conti e li invierà al conto corrente della Amministrazione d’Azov.

Tali denari così percepiti, l’Amministrazione ei marittimi d’Azov dovrà trasferire sul conto aperto specificatamente per tale scopo presso la Banca del commercio estero dell’Urss, a nome delle persone o delle ditte che indicherà il CC del Pci. Quindi, tali somme depositate nel conto speciale saranno a disposizione del CC del Pci o delle persone o delle ditte delegate (in russo: plenipotenziarie) del CC del Pci.

E’ necessario sottolineare che siffatta operazione non corrisponde alle leggi finanziarie italiane, né a quelle sovietiche, eppure l’esecuzione di questa operazione, secondo il metodo proposto dalla delegazione italiana, appare possibile. Chiediamo la vostra conferma.

Il ministro della flotta mercantile dell’Urss
T.B. Gusgenko

Il presidente della Banca per il commercio estero dell’Urss
Yuri A.Ivanov

5 agosto 1977

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DOCUMENTO “CHIAVE”

Banca per il commercio estero dell’Urss 

(a penna in corsivo: vista la richiesta fatta)

a destra: per conto di Mario Cassan

Indirizzo: Mosca
Richiesta del 19 aprile 1984

Eseguire il trasferimento… via cablo per una somma di 121 mila dollari statunitensi, al nome (in luogo del nome c’è il codice in cifra) 30728760T

All’indirizzo dell’Unione delle Banche Svizzere. Losanna. Svizzera

La somma segnata sopra, comprese le spese e la commissione, vi prego di scontare dal mio conto bancario n. 77001317 (è il conto di belletti presso la Banca per il commercio estero dell’Urss)

19 aprile 1984

Firma: Giovanni Belletti

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PDS, Vecchio di zecca

Una questione di buon gusto, a proposito dell’importanza di essere onesti. C’è, in Italia, un partito vecchio di zecca, con una nuova sigla. Suona “Pds”, ma l’eco inesorabilmente ripete “Pci”. E’ un problema di etologia comunista, di riflessi condizionati, di istinti, di imprinting. Qual è, dunque, l’impronta immutabile che fa riconoscere il togliattiano nel pidiessino?

E’ soprattutto l’ipocrisia, irrefrenabile pulsione a simulare ed a dissimulare, la langue de bois, la lingua di legno, l’”altra” comunicazione, che annichilisce tutte le nomali unzioni linguistiche. Ad esempio, in tema di Mani pulite, dopo che quasi centro rami della Quercia si sono trovati implicati, Ochetto, D’Alema e quanti altri fini dicitori di legno continuano, talora anche con toni risentiti, a dirsi onesti, mani piedi e faccine pulite.

A volte, dinnanzi all’evidenza, riducono la ragion pratica kantiana ad una questione, non di qualità, ma di quantità: “i partiti di governo rubavano miliardi, noi milioni”. L’etica, insomma, un tanto al chilo, come prova di un’immoralità antica e militante. E’ possibile concedere ai pidiessini la modica quantità, non l’etichetta di “onesti”.

Hanno probabilmente rubato somme inferiori, anche perché è l’occasione e la posizione che rendono l’uomo più o meno ladro. Una mezza verità, quindi, ma associata ad una dissimulazione all’ennesima potenza: il deficit di refurtiva in patria è stato a lungo compensato dai finanziamenti dall’estero.

E non ci riferiamo soltanto ai circa 48 milioni di dollari ricevuti direttamente dal Pcus, nel periodo che va dal 1970 al 1990 – il dato è ufficiale e fa parte della documentazione in possesso del procuratore russo Valentin Stepankov – ma anche e soprattutto al fiume di denaro proveniente dalle intermediazioni tra aziende sovietiche (e dei Paesi dell’Europa satellizzata) e ditte italiane, così come dalla miriade di società di import-export che trafficavano con i “fratelli” dell’Est.

Al fine di verificare l’”onestà” dei comunisti italiani, vale la pena raccontare per esteso e con nuove prove documentarie la vicenda dell’azienda ravennate, denominata “Maritalia”. Il lettore è pregato di leggere attentamente e di prendere appunti, perché l’historia è tortuosa, almeno quanto la forma mentis degli eredi di Togliatti.

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