Oltraggio alla cultura

libri_testoArticolo pubblicato su Il Corriere del Sud,
15 dicembre/ 30 dicembre 2000

di Piero Mainardi

L’ultima polemica sui libri di testo si può affrontare in due modi: uno comico e uno serio, ma soprattutto, se si parla della polemica evitiamo di trascinarvi l’oggetto del contendere, cioè i libri di testo perché ciò sarebbe fuorviante. Nel primo caso è sufficiente dare uno sguardo ai quotidiani ed ascoltare giornalisti, politici ed uomini di cultura del centro-sinistra con queste indicazioni per l’uso: concentrarsi sul nome dell’autore dell’articolo o della dichiarazione, quindi immaginare l’espressione dei volti ora indignati per l’’oltraggio alla cultura, ora preoccupata la libertà di espressione e per le sorti della nostra democrazia, ora truci e sprezzanti nei confronti di questi “rigurgiti di fascismo”, oppure quella ferma ma più ammiccante che richiama ai suoi doveri una destra che sia “moderna ed europea”.

Il tutto in un clima di mobilitazione “civile delle coscienze democratiche” consapevoli della doverosa vigilanza rispetto alla possibilità di un risorgente e sempre meno mascherato (Marsiglia docet) pericolo di una affermazione elettorale nazifascioplutocratica.Provate quindi ad immaginare tutti questi volti compunti, indignati, preoccupati e arrabbiati, relazionateli con i termini reali della questione sollevata dalla delibera della Regione Lazio (altro fenomeno ilare) e poi sappiatemi dire quanti di voi li hanno presi sul serio, quanti si sono limitati ad un sorriso, quanti sono scoppiati in una fragorosa risata. Personalmente mi iscrivo tra questi ultimi.

Qualche esempio può essere fatto con i titoli che i quotidiani hanno dedicato al caso. Cominciamo con Liberazione: “Minculpop nel Lazio” (D’Avossa Lussurgi); “Risposte alle direttive del governatore fascista Storace“; poi il Manifesto: “Allarmi son fascisti” (Cosimo Rossi), “Libro e moschetto” (idem), “Il fascio dei libri” (Ida Dominijanni); “Destra di classe“; quindi con La Repubblica: “L’Epurator della Storia“(Maltese), “La storia imposta“(Bocca) e simili in cronaca; e infine con Il Tirreno: “Ma chi ha paura dell’antifascismo?(Bonsanti); “La censura sui libri è contro la democrazia (Spini).

E qui ci fermiamo perché è sufficiente per dare un idea del tono delle reazioni, ma anche perché, grazie a Dio, tanti quotidiani e settimanali che per decenni hanno infestato la vista e l’intelletto di molti sono finiti in quel nulla tanto simile alla cultura che hanno prodotto: ultima in ordine di tempo L’Unità.

Resta, è vero la televisione, con i pistolotti morali dell’austero miliardario Enzo Biagi che nella sua trasmissione “Il Fatto”, dopo aver dato ai telespettatori le istruzioni per l’uso sulla questione, illustrandola col prezioso l’ausilio di vignette imbottite di fasci e camicie nere, ha in barba alla par condicio stroncato, citando due del Polo in una sua trasmissione (di cui in positivo) l’iniziativa di Storace con le parole dell’odiato cavaliere.

Detto questo esistono anche punti che la sinistra solleva su cui la destra deve meditare. Intanto tutta la sinistra sa che è esistita ed esiste una sua egemonia culturale. Una parte della sinistra la rivendica con orgoglio un’altra la cela astutamente. Giorgio Bocca a proposito dell’egemonia marxista scherza:«e noi ingenuamente credevamo che per quasi mezzo secolo la repubblica italiana fosse stata governata da democristiani attentissimi ai desideri vaticani».

È un sofisma che mette il dito nella piaga: i governi erano democristiani e attenti ai desideri “materiali” della Chiesa, ma non si può consentire di confondere il pensiero cattolico col clericalismo democristiano responsabile di aver consegnato o comunque di non aver tentato di impedire che la cultura cadesse nelle mani della sinistra. Una riflessione che dovrebbe indurre ad avere ben pochi rimpianti per il decesso democristiano e soprattutto ad analizzare come ciò si sia verificato per impedire che, qualora la destra governi, capiti di nuovo.

Non lontano da questa linea Massimo Gramellini scrive sulla Stampa che: «il pericolo di egemonia marxista esisteva 20 anni fa, quando chiunque non fosse comunista veniva bollato come fascista … ma il fatto che i giovani del 2000 votino a destra è la prova che i libri di storia, faziosi o no, non influenzano più nessuno». Altra tesi tanto falsa quanto pericolosa che nasce dall’ignoranza di che cosa sia realmente la destra: destra e sinistra non sono due schieramenti che si dividono in tema immigrazione, foibe, Berlusconi, fascismo e simili: sono due visioni del mondo antitetiche.

La visione del mondo di sinistra materialista e utopista, eticamente relativista e religiosamente agnostica (quando va bene) è largamente presente, grazie anche alla struttura “progressiva” dei libri di testo (non solo quelli di storia), in una quota cospicua di politici ed elettori “di destra”. Questo è un successo ulteriore della sinistra e costituisce un problema per la destra.

L’asprezza della polemica ha anche un valore politico che va oltre la dimensione della preoccupazione da parte della sinistra di perdere le prossime elezioni. La sinistra teme molto di più la perdita dell’egemonia culturale che la perdita del potere politico, perciò ha bisogno di una destra che sia non a lei antitetica, bensì complementare.

Da qui il richiamo di Veltroni alla difesa della “memoria storica” e l’invito alla destra di accettare, di radicarsi e di partecipare a questa memoria storica. Un invito curioso perché la memoria storica cui fa riferimento Veltroni non scende oltre l’Italia repubblicana nata dalla Resistenza. Come se tutto ciò che è esistito nei secoli precedentemente non fosse patrimonio della cultura storica e dell’identità italiana e come se tutto ciò fosse scomparso pacificamente, inghiottito dalla storia.

Tesi di comodo per Veltroni e per tutta la sinistra perché proprio loro sono culturalmente gli eredi di coloro che prima militarmente poi culturalmente hanno prodotto la cancellazione storica di quel mondo portatore di valori umani e cristiani così distanti dal loro sentire. Non è il ritorno del fascismo che Veltroni e compagni temono, ma la messa in discussione della ideologia della modernità. Di quella modernità che dietro il nome di laicità e democrazia ha fatto precipitare nel nulla, come afferma il card. Biffi, tutto l’Occidente