Nuovo umanesimo

rapp_aureo__LeonardoOsservatorio Internazionale

Cardinale Van Thuân

Newsletter n.534 del 22 settembre 2014

Ermanno Pavesi

Segretario generale della FIAMC

Federazione Internazionale delle Associazioni dei Medici Cattolici

La Chiesa italiana si sta preparando al Convegno ecclesiale del novembre 2015 sul tema “In Gesù Cristo il nuovo umanesimo”. Si tratta di un tema importante che offre l’occasione di riflettere sull’umanesimo. Non si può parlare, infatti, di “nuovo” umanesimo senza aver chiarito il concetto di umanesimo in generale.

Il termine umanesimo è utilizzato per definire fenomeni culturali molto differenti, come la rinascita carolingia, l’Umanesimo italiano dei secoli XIV e XV per arrivare fino ai vari umanesimi moderni: marxista, socialista, psicoanalitico, per non parlare dell’inglese humanism, utilizzato spesso come sinonimo di ateismo.

Coniato nel XIX secolo per definire il movimento culturale nato in Italia nel XIV secolo e rappresentato, tra gli atri, da personaggi come Francesco Petrarca, Coluccio Salutati, Giannozzo Manetti, Pico della Mirandola e Marsilio Ficino, il termine Umanesimo riprende una caratteristica comune a questi autori, che si sono dedicati agli humanitatis studia, gli studi umanistici, in un’epoca in cui nelle università dominavano interpretazioni ellenistiche e arabo-mussulmane delle opere di filosofia della natura di Aristotele che sostenevano tra l’altro l’eternità dell’universo e negavano tanto la creazione quanto l’esistenza di un’anima individuale immortale. L’uomo, poi, non avrebbe il libero arbitrio ma sarebbe determinato dagli astri. In questo contesto Eugenio Garin scrive che […] si era aperto l’umanesimo nascente allorché, per bocca di Petrarca, aveva rivendicato la libertà e la dignità dell’uomo contro il fato stellare” [1].

La cultura dominante descrive l’Umanismo come una svolta antropologica, che, in contrasto con il Medio Evo, avrebbe glorificato la natura umana ed esaltato obiettivi mondani al posto di valori ultraterreni, segnando gli inizi dell’epoca moderna. Questa interpretazione, già criticata in passato, è stata confutata negli ultimi decenni da numerosi specialisti che, invece di ripetere tesi indimostrate, hanno approfondito la conoscenza dei testi degli Umanisti. Charles Nauert l’ha definita un «[…] mito storiografico, elaborato da intellettuali laici del XVIII e del XIX secolo che erano alla ricerca delle origini della propria fede e dei propri valori» [2].

Nel “De vita solitaria” Petrarca contrappone i vantaggi di una vita ritirata e morigerata agli sfarzi di una certa borghesia dedita agli affari; nel “Della mia ignoranza e di quella degli altri” critica la cultura universitaria del suo tempo e ritiene più importante una formazione religiosa [3]; nei “Rimedi dell’una e dell’altra fortuna” sostiene che: “l’uomo dotto, che ha tenuto in considerazione il corpo come un servo di pochissimo valore, che ha riposto ogni suo studio, ogni suo amore, ogni suo desiderio, ogni speranza nell’educazione dello spirito, deve guardare alla morte del corpo come alla partenza di mattina da una casa scomoda e spiacevole dove ha trascorso la notte” [4].

Salutati nel “De seculo et religione” giudica lo stato religioso superiore a quello laicale. Del trattato latino “Sulla dignità dell’uomo” di Giannozzo Manetti è citato a volte il titolo, ma non si ricorda, per esempio, che l’Autore vuole ”ammonire in poche parole i suoi lettori presenti e futuri a osservare molto coscienziosamente i comandamenti divini, perché solo in questo modo noi possiamo salire nella patria celeste ed eterna” [5], e tanto per Petrarca quanto per Manetti solo la prospettiva della salvezza eterna può compensare mali e sofferenze dell’esistenza terrena [6].

Pico della Mirandola viene considerato quasi un libero pensatore per avere scritto il “Discorso sulla dignità dell’uomo”, però non viene ricordato che l’Autore difende il libero arbitrio, ma non ritiene assolutamente equivalenti le scelte: «Potrai degenerare negli esseri inferiori, ossia negli animali bruti; o potrai, secondo la volontà del tuo animo, essere rigenerato negli esseri superiori, ossia nelle creature divine» [7].

L’uomo ha la libertà di scelta, ma per Pico il comportamento deve essere orientato a criteri morali in vista della vita eterna: “Chi, gettandosi dietro le spalle ogni cosa umana, disprezzando i beni della fortuna, non curandosi di quelli del corpo, non aspirerebbe – mentre ancor vive sulla terra – a diventare commensale degli dei e, asperso del nettare dell’eternità, a ricevere, creatura mortale, il dono dell’immortalità?” [8]

Il richiamo alla filosofia antica è stato speso interpretato in chiave anticristiana come ritorno al paganesimo. Petrarca apprezza soprattutto Cicerone e Seneca per il valore morale delle loro opere, sostiene che il linguaggio di Cicerone è quasi “quello di noi cattolici” [9] e “che lo stesso Cicerone sarebbe stato cristiano se avesse potuto vedere Cristo o essere iniziato alla sua dottrina” [10]. Ficino dichiara di tradurre i filosofi antichi per dimostrare agli scettici che verità di fede sono state sostenute anche da un filone di filosofi pagani, da lui definito pia filosofia, e “che la religione non va trattata come una favola da vecchiette” [11].

Per gli Umanisti l’uomo creato a immagine di Dio ha una dignità superiore a tutti gli altri esseri, ma questo lo impegna anche a rispettare la legge divina e l’ordine di natura. Manetti ha riconosciuto anche i rischi connessi con la consapevolezza della particolarità della dignità umana: «Da questa dignità ed eccellenza dell’uomo così grandi e sublimi nascono e si sviluppano, non senza ragione, come da una radice invidia, superbia, rabbia, volontà di dominare e ambizione, così come altre simili turbe dell’anima» [12].

Purtroppo, la consapevolezza dell’intima relazione tra la dignità dell’uomo e la sua natura di creatura è andata scemando. Il filosofo Romano Guardini ha osservato: „Abbiamo visto che dall’inizio del tempo moderno si viene elaborando una cultura non-cristiana. Per lungo tempo la negazione si è diretta solo contro il contenuto stesso della Rivelazione; non contro i valori etici, individuali o sociali, che si sono sviluppati sotto il suo influsso. […]La conoscenza della persona è perciò legata alla fede cristiana. La persona può essere affermata e coltivata per qualche tempo anche quando tale fede si è spenta, ma poi gradualmente queste cose vanno perdute“ [13].

La modernità ha creduto di creare una società più umana, più libera escludendo Dio, per un certo periodo ha ancora vissuto dell’eredità cristiana, ma con il tempo vi è stato uno scadimento anche dei valori etici, individuali e sociali, fino alle crisi odierne. È bene che molti auspichino un superamento della società moderna in una post-moderna, ma c’è il rischio di una fuga in avanti che potrebbe solo accentuare i mali della modernità, magari sotto forma di un “post-umanesimo”.

Possiamo prendere a modello gli Umanisti ed essere consapevoli che la costruzione di una società veramente umana è possibile solo partendo da una concezione dell’uomo-persona connessa alla fede in un Dio-persona che si è fatto uomo.

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[1] Eugenio Garin, Lo zodiaco della vita. La polemica sull’astrologia dal Trecento al Cinquecento, Laterza, Roma-Bari 1996, p. 10.

[2] Charles G. Nauert, Humanism and the Culture of Renaissance Europe, Second Edition Cambridge University Press, Cambridge 2006, p. 1.

[3] Cfr. Francesco Petrarca,  De ignorantia. Della mia ignoranza e di quella di molti altri. Mursia, Milano 1999, p. 219.

[4] F. Petrarca, Rimedi all’una e all’altra fortuna. Introduzione, commento e cura di Enrico Fenzi,. Traduzione di Gerardo Fortunato e Luigi Alfinito, La scuola di Pitagora, Napoli 2009, pp. 297+299.

[5] Giannozzo Manetti, De dignitate et excellentia hominis, a cura di Elisabeth R. Leonard, Antenore, Padova 1975, p. 142.

[6] Cfr. p.es. Giannozzo Manetti, De dignitate et excellentia hominis, a cura di Elisabeth R. Leonard, Antenore, Padova 1975, pp. 132-138 e F. Petrarca, Rimedi all’una e all’altra fortuna. Introduzione, commento e cura di Enrico Fenzi,. Traduzione di Gerardo Fortunato e Luigi Alfinito, La scuola di Pitagora, Napoli 2009, pp. 213, 225, 231 e 239.

[7] Giovanni Pico della Mirandola, Discorso sulla dignità dell’uomo Oratio de hominis dignitate. A cura di Francesco Bausi. Seconda edizione, Fondazione Pietro Bembo / Ugo Guanda. S.l., 2007, p. 11.

[8] Ibid., pp. 49-51.

[9] F. Petrarca, De ignorantia p. 233.

[10] F. Petrarca, De ignorantia, p. 285.

[11] Ficino, Lettera a Giovanni Pannonio, in Idem, Scritti sull’astrologia, a cura di Ornella Pompeo Faracovi, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano 1999, pp. 235-236.

[12] Giannozzo Manetti, De dignitate et excellentia hominis, a cura di Elisabeth R. Leonard, Antenore, Padova 1975, p. 97.

[13] Romano Guardini, La fine dell’epoca moderna, in Idem, La fine dell’epoca moderna.Il potere, trad. It., Morcelliana, Brescia 2007, pp. 98-100.