Augusto Del Noce e la questione sessuale

rivol_sessualeCulturacattolica.it  22 marzo 2003

di Marcello Croce

La tesi centrale di Del Noce è quella che la rivoluzione sessuale del nostro tempo è il punto d’arrivo dello scientismo. Lo scientismo, per capirci bene, è il grande movimento con cui la modernità ha inteso affermare i suoi principi e i suoi valori a partire dalla fine della civiltà classica, ovvero della metafisica di origine platonica e aristotelica. Perciò in Del Noce è molto acuta la convinzione che fra mondo moderno e mondo classico sia avvenuta una frattura insanabile (almeno entro i confini del tempo storico a noi accessibile), e che l’età della metafisica sia davvero finita.

Egli opera pertanto un ribaltamento del punto di vista di Comte, il padre del positivismo francese. Auguste Comte aveva disegnato un quadro ottimistico e anzi trionfalistico dell’età moderna, caratterizzata dal fatto che all’età della metafisica, ovvero del dogmatismo, succeda l’età della ragione scientifica, cioè del positivismo critico e liberante. Del Noce, al contrario, scorge nella maturazione della ragione scientifica, e nei suoi segni estremi di rivoluzione sessuale, l’avvento di una nuova forma di totalitarismo, derivata precisamente dalla corruzione della democrazia: la combinazione fra la libertà e l’irrazionale. La pretesa di razionalità si rovescia nel dominio dell’irrazionale.

La tesi di Del Noce nasce come ipotesi interpretativa di un fatto così vistoso e per certi versi (agli occhi di chi possieda sufficiente coscienza per non assopire l’intelligenza dei fenomeni più ambigui e simulativi del nostro tempo) traumatico, come quello della pornografia e della pornovisione (fenomeno quest’ultimo sviluppatosi negli anni successivi alla morte del pensatore piemontese); procede per via di dimostrazione attraverso l’esame di alcuni processi culturali legati alle teorie rivoluzionarie degli anni 60 e 70 del XX secolo, e arriva alla definizione sopra citata, offrendo così una chiave di lettura del tempo presente, nel quale, non si dimentichi, si sta passando dalla fase “rivoluzionaria” alla fase “legalizzata”: temi brucianti come il riconoscimento giuridico del matrimonio, dell’adozione di figli e della previdenza sociale degli omosessuali, o del diritto al libero uso delle droghe, sono la conseguenza dell’impatto di liberazione del sesso o in connessione con questo.

Il fenomeno della libertà espresso nella sessualità viene innanzitutto identificato nella sua aggressività originaria nei confronti del costume ereditato dalla storia etico-religiosa dell’Europa. Aggressività che si configura, in generale, come condanna morale del pudore. In altre parole si verifica, con la rivoluzione sessuale, un capovolgimento dell’etica, perché le campagne condotte contro il costume di origine puritana oppure (nei paesi cattolici) di origine tridentina assumono un pathos morale o addirittura moralistico, condannando il pudore come reato di repressione della vita, di soppressione del piacere e in genere di dispotismo sulla libertà di sesso. Il fenomeno ha perciò un aspetto universale e come tale coinvolge larghe fasce intellettuali, compresi i teologi cristiani.

Del Noce identifica all’origine della rivoluzione il pensatore Wilhelm Reich, ebreo tedesco della scuola francofortese, emigrato in URSS e in seguito negli USA e autore di scritti come “La rivoluzione sessuale“, vero e proprio manifesto del “permissivismo”, apparso nel clima di disfacimento della Vienna del primo dopoguerra, suggestionato dalla rivoluzione leninista. Il comunista Reich reinterpreta le categorie marx-leniniste della lotta alla borghesia, con la guerra contro la morale detta repressiva.

La tesi centrale di Reich è che la relazione tra il sesso e la procreazione è metafisica e perciò idealistica e trascendente: come tale dunque, alla luce della dottrina marxista, è alienazione, dipendente dal pregiudizio della religione. Perciò tale relazione va spezzata e al suo posto dovrebbe essere sostituita la felicità della soddisfazione dei bisogni fisici in quanto tali. Questa tesi porta Reich a formulare l’utopia della distruzione della famiglia monogamica.

Non c’è dubbio dunque che la tesi di Reich sia maturata nel crogiuolo mitteleuropeo influenzato dalle teorie psicoanalitiche soprattutto di Freud. Ma al cauto conservatorismo del maestro della psicoanalisi egli sostituiva le conseguenze sociali e politiche più radicali: la liberazione del sesso significa per Reich liberazione dell’uomo dalla nevrosi, causata dall’essere represso, e quindi dall’aggressività. Nel 1933 Reich pubblicò un libro sul Fascismo, sostenendo la tesi che all’origine dell’aggressività sado-masochista da lui attribuita al “fascismo” vi sia la repressione sessuale (“Massenpsychologie des Fascismus“).

In tal modo la tesi di Reich si presentava con un carattere di radicalità ulteriore rispetto alla rivoluzione marxista, inglobandone il contenuto sociale nella forma della rivoluzione morale. Si potrebbe forse obiettare che il tema morale è puramente ideologico nel quadro della dottrina marxista, che concepisce il conflitto reale solo in termini di lotta per la proprietà dei mezzi di produzione (“struttura”).

Ma l’obiezione cede, a favore della dimostrazione di Del Noce, in quanto l’utopia di Reich è diretta a colpire la famiglia nella sua stessa origine, entro un mondo “occidentale” sempre più caratterizzato dal neo-capitalismo finanziario (oggi “globalizzazione”). Non è la proprietà il nesso della struttura sociale da colpire, ma il nucleo famigliare. La “rivoluzione” sociale non è il comunismo della proprietà bensì la libertà assoluta dell’individuo, il puro soggetto di diritti. D’altra parte, osserva Del Noce, proprio la famiglia viene combattuta “come organo attraverso cui vengono trasmessi certi valori pensati come metastorici” (“L’erotismo alla conquista della società” in Rivoluzione, Risorgimento, tradizione, ed. Giuffrè, Milano 1993).

Del Noce percorre la storia della seconda metà del 1900 chiedendo quali siano state le ragioni del successo postumo delle tesi di Reich. La rivoluzione del costume fu resa possibile a partire dagli anni 60 attraverso i movimenti sessantottini a causa di quello che Del Noce definisce il “millenarismo negativistico”, ossia un vasto atteggiamento intellettuale (e spirituale) che interpretava come malattia irreversibile e incurabile la condizione dell’Europa legata alle due guerre mondiali e con questo l’intera sua storia.

Così nasceva un orientamento a prendere congedo definitivo dalle forme del passato, ivi compreso ogni risveglio religioso, considerato alla stregua di un ritorno alla barbarie. Il modello esemplare di questo atteggiamento è identificato nella rivoluzione artistica del Surrealismo.

Del Noce mostra che il Surrealismo non fu solo un fenomeno artistico, perché anzi esso presunse di incarnare la pienezza della rivoluzione (intesa come strappo radicale dal passato). Per questo il programma del Surrealismo coincideva con quello comunista: almeno fino al momento (1947) in cui il Comunismo stalinista non si rivelò, agli occhi degli intellettuali del Surrealismo, contraddittorio nel realizzare i fini della rivoluzione mondiale, cioè la cancellazione della società cristiana.

Se infatti la linea del marxismo cara ai surrealisti, quella trotzskista (“La loro morale e la nostra”), risolveva tutta la morale nell’azione rivoluzionaria, non era garantito che per questo l’azione rivoluzionaria si risolvesse nella libertà da ogni morale e, come accadde nel dopoguerra francese, i comunisti non finissero col collaborare con certi governi borghesi. Il punto dunque era che l’avanguardia surrealista rifiutava la tendenza del Comunismo al compromesso con i valori borghesi del passato e quindi con le tarde schegge del Cristianesimo.

Perciò la liberazione integrale dell’uomo doveva unire la dottrina marxista con la psicoanalisi di Freud e con il libertinismo estremo di De Sade. Del Noce vede dunque realizzarsi il ricongiungimento tra le tesi di Reich e quelle che avevano preso le mosse dallo spettacolo della libertà offerto dalle fantasie del marchese De Sade, legato all’Illuminismo di Diderot e di Voltaire. Sade/Freud e Reich rappresentano un unico movimento intellettuale di compimento della rivoluzione marxista con quella sessuale.

Del Noce porta dunque alla luce il motivo originario di una rivoluzione totale come quella sessuale, capace di inglobare in sé ogni precedente tesi e prassi rivoluzionarie: esso è la guerra storica contro il Cristianesimo.

Che oggi la libertà sessuale sia connessa con la società tecnologica e con il consumismo è un fatto che non costituisce la ragione essenziale. E certe tesi che affiorano non di rado anche nella pubblicistica cattolica, miranti a giustificare la libertà dei costumi con l’emancipazione “occidentale” della donna (oggi di moda nel clima polemico nei confronti dell’Islam) rivelano la loro pochezza davanti alla radice sottostante al fenomeno. La radice è l’irreligione, la fine della mentalità del sacro, con la conseguente riduzione del corpo alla dimensione biologica.

Questa fine del sacro, relativamente all’amore e al corpo umano, giunge persino ad affermarsi nella forma della caricatura demoniaca, rovesciata, del sacro stesso: come se la scomparsa del sacro nell’amore tra l’uomo e la donna cercasse una sostituzione o affermasse la propria conquista nel pullulare di riti osceni e blasfemi. Eppure non mancano, fra i cattolici, le crociate contro il pensiero “conservatore”, detestato perché a loro dire anteporrebbe una preoccupazione di tipo morale a quella di tipo sociale. Abbiamo visto invece come proprio tali crociate assumano un pesante carattere di accusa morale, e come oggi l’apologia della libertà di costume sia la forma più diffusa di filisteismo.

Di qui il messaggio ultimo lasciato dal filosofo Del Noce. Separate dalle premesse filosofiche e storiche, le conseguenze della rivoluzione sessuale moderna consistono in un appello all’irrazionale. Ciò significa il lento suicidio della democrazia nel totalitarismo, che egli individua come irruzione dell’irrazionale nelle coscienze.

Tre sono dunque i punti riassuntivi dell’analisi delnociana del fenomeno della libertà sessuale. Il primo è che la questione del sesso non è prioritariamente etica, ma metafisica e suppone un tipo di teologia e di antropologia. Il secondo che come questione politico-sociale, il sesso rispecchia la forma della democrazia privata del sacro. Il terzo che la cultura progressista, nel suo dogmatismo, rifiuta ogni dialogo con la metafisica in quanto ne giudica “repressiva” la conseguenza morale.

A questo punto la conclusione di Del Noce è quella del destino totalitario dell’uomo moderno, separato da ogni forma di sacro: la libertà sessuale rappresenta l’estrema incarnazione di questo destino.