Sorpresa, a scuola l’affettività non è solo sesso e gender. In Puglia la rivoluzione comincia «dai grandi desideri di ognuno»

la-luna-nel-pozzoTempi.it 9 Marzo 2014

Un corso già attivo in 18 scuole della Regione unisce studenti, docenti e genitori mettendo a tema la ricerca del senso di sé e dei rapporti. Con risultati sorprendenti

Benedetta Frigerio

In piena emergenza educativa, mentre la scuola italiana è in preda al tentativo di imposizione dell’ideologia del gender attraverso la via tecnicista, anche approfittando di genitori e insegnanti sempre più propensi a delegare il compito educativo a esperti e psicologi, in Puglia da circa quattro anni è in atto qualcosa di nuovo. Si chiama “La Luna nel Pozzo” ed è un percorso di educazione all’affettività e alla sessualità completamente diverso da quelli che vanno per la maggiore. Una novità che già produce frutti sorprendenti. Alunni assenteisti e refrattari a ogni disciplina che improvvisamente tirano fuori osservazioni di insospettabile profondità davanti a tutti. Perfino una ragazzina incinta che scrive alla sua professoressa per chiedere un aiuto, perché dopo le cose ascoltate in classe ha iniziato a desiderare la sua compagnia.

IL GRANDE ASSENTE. Il progetto vuole ripartire dal «grande assente» della scuola, «l’unico motore in grado di far rinascere la passione negli educatori e negli alunni: la ricerca del senso della vita, l’affronto dei grandi desideri con cui nasciamo, la ragione dei rapporti amorosi e di amicizia». Lodovica Carli, medico ginecologo e presidente del Forum delle famiglie della Puglia, in mezzo a quella che definisce «una notte fra le più buie», ha deciso di rimboccarsi le maniche «per proporre qualcosa di bello, che potesse riaccendere l’interesse dei giovani».

IL SENSO DELL’EROS. Dai risultati della ricerca “Eros”, condotta in 100 scuole della regione dalla professoressa Angela Mongelli, ordinario di Sociologia dell’Educazione all’Università degli Studi di Bari, è emerso che i corsi che riducono la sessualità a “tecnica biologica” ai ragazzi non interessano affatto: «Si nota un’evidente discrepanza tra i bisogni dei giovani e quello che viene loro proposto. Quindi abbiamo provato a offrire ciò di cui tutti hanno sempre più sete e che la società censura», spiega Carli. “La luna nel pozzo” parte dal bisogno di senso e di scopo che in fondo determina ogni azione dell’essere umano: «Chi sono io? È possibile amare per sempre? Che differenza c’è fra innamoramento e amore? Cos’è l’amicizia? È di questo che si discute, perché la sessualità è solo una conseguenza della risposta a queste domande. Solo se si conosce il senso della sua espressione essa si “ordina”. Il contrario è impossibile».

«HO TROVATO LA CHIAVE». La seconda parte dei corsi è dedicata a temi più specifici, come quello delle malattie sessuali o legate alla psiche. «Ma questa parte interessa solo fino ad un certo punto», spiega Maria Alfieri, docente di fisica all’Itt “Panetti” di Bari, referente per il progetto nelle 18 scuole della città che lo hanno adottato. «Il nostro istituto è stato pioniere. Quattro anni fa partecipai a un seminario tenuto dalla dottoressa Carli e rimasi colpita dal modo con cui il tema era affrontato, attraverso la lettura de La bottega dell’orefice di Karol Wojtyla. Per la prima volta sentii dire quello che ritenevo vero: la sessualità deriva dall’affettività, non viceversa. Tutti dicono ai ragazzi il contrario e così loro cercano nel rapporto fisico quello che non possono avere, finendo nell’insoddisfazione, nella disillusione e nel cinismo. Tornai a scuola e raccontai alla preside che forse avevo trovato una chiave per entrare nel cuore degli studenti. E le mi diede fiducia».

GENITORI COMPRESI. A differenza di quanto avviene normalmente nei corsi “tecnici”, durante i quali gli insegnanti vengono allontanati dalle aule, come se non c’entrassero nulla con i ragazzi, il programma richiede di riunire anche docenti e genitori. Carli spiega che all’inizio è stata dura: «I genitori sono abituati a pensare che gli esperti siano educatori migliori di loro e abdicano alla loro funzione. Perciò siamo andati di famiglia in famiglia per spiegare loro quanto siano determinanti per figli. Fino a creare un corso apposito per genitori che ora si sono uniti in rete per supportarsi nella riscoperta dell’avventura educativa».

DA 1 FINO A MIUR. I risultati dei primi due anni del progetto hanno lasciato tutti sbalorditi a scuola: i ragazzi chiedevano che il progetto durasse di più e l’alleanza docenti-alunni-genitori ha fatto sì che il lavoro sulle domande emerse durante il corso proseguisse anche nelle altre ore di lezione. Per questo «l’ufficio scolastico regionale ha deciso di finanziare il progetto nei due anni successi e di estenderlo ad altri istituti. Ora abbiamo 18 referenti per ogni struttura, collaboriamo insieme condividendo difficoltà e scoperte».

A maggio, continua la professoressa, «abbiamo organizzato un grande convegno per presentare i risultati che pensiamo di portare anche sul tavolo del ministero». Un programma di educazione sessuale di impostazione religiosa per le scuole statali di tutta Italia? Sì, perché non si tratta di proselitismo: «L’impostazione è “religiosa” nel senso che fa leva sul bisogno di significato che c’è in ogni essere umano. Non a caso ad aderire sono stati docenti di diversa provenienza politica e confessionale. Persino atei che davanti a quello che pare impossibile, come il cambiamento di ragazzi che sembravano persi o di genitori che ricominciano a educare, si sono arresi all’evidenza».