Immigrazione sfida da governare

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[sintesi dalla Lettera pastorale del sett. 2000 “La città di san Petronio nel terzo millennio” del Card. Giacomo Biffi]

di Stefano Andrini

«Qualche tempo fa, parlando con un ministro in carica, una persona intelligente, gli ho fatto notare che uno Stato davvero laico, che volesse risparmiare al popolo italiano tante sofferenze, avrebbe convenienza a gestire l’immigrazione in modo da privilegiare i cattolici  (latino-americani, filippini, eritrei). In questo caso, ho aggiunto, i vescovi prenderebbero posizione contro il governo chiedendo una maggior apertura. Ma voi, laicamente, dovreste ignorare le nostre proteste e guardare al vero bene d’Italia».«Non esiste il diritto di invasione. Nulla vieta allo Stato italiano di gestire l’immigrazione in modo che sia salvaguardata la sua identità nazionale». [Lo Stato] «dà tuttora l’impressione di smarrimento e pare non abbia ancora recuperata la capacità di gestire razionalmente la situazione».

[Le comunità cristiane sono] «ammirevoli in molti casi nel prodigarsi ad alleviare disagi e pene, ma sprovviste finora di una visione non astratta, non settoriale, abbastanza concorde».

«Deve essere ben chiaro che non è di per sé compito della Chiesa come tale risolvere ogni problema sociale. Compito nostro inderogabile è invece l’annuncio del Vangelo e l’esercizio della carità fraterna»

[la missione di annunciare il Vangelo può essere] «efficacemente coadiuvata, ma non può essere in alcun modo surrogata da qualsivoglia attività assistenziale. Essa suppone la nostra attitudine al dialogo sincero, ma non può mai risolversi nel solo dialogo».

«I criteri per ammettere gli immigrati non possono essere solamente economici e previdenziali. Occorre che ci si preoccupi seriamente di salvare l’identità propria della nazione. L’Italia non è una landa deserta o semidisabitata, senza storia, senza una inconfondibile fisionomia culturale e spirituale, da popolare indiscriminatamente. In ogni caso, occorre che chi intende risiedere stabilmente da noi sia facilitato e concretamente sollecitato a conoscere al meglio le tradizioni e l’identità della peculiare umanità della quale egli chiede di far parte».[I musulmani] «hanno una forma di alimentazione diversa (e fin qui poco male), un diverso giorno festivo, un diritto di famiglia incompatibile col nostro, una concezione della donna lontanissima dalla nostra (fino ad ammettere e praticare la poligamia). Soprattutto hanno una visione rigorosamente integralista della vita pubblica, sicché la perfetta immedesimazione tra religione e politica fa parte della loro fede indubitabile e irrinunciabile, anche se di solito a proclamarla e farla valere aspettano prudentemente di essere diventati preponderanti».

«C’è la ricerca di una “libertà senza verità”: le fantasie genetiche, il crollo della natalità, il disprezzo della vita umana (soprattutto con la vergognosa legalizzazione dell’aborto), la glorificazione delle devianze sessuali, la corrosione dell’istituto della famiglia e il permissivismo dilagante ne sono i segni più manifesti».

[sull’approvazione in Olanda del matrimonio gay] «Su questi temi ho già detto il mio parere e per questo sono stato denunciato per vilipendio del Parlamento europeo. Non è una questione di fede ma di ragione. La Chiesa cattolica non può permettersi di sragionare, un lusso che invece i Parlamenti possono concedersi».

«Io credo che l’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la “cultura del niente”, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l’atteggiamento dominante nei popoli europei, più o meno tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Questa “cultura del niente” (sorretta dall’edonismo e dalla insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all’assalto ideologico dell’Islam che non mancherà: solo la riscoperta dell’ “avvenimento cristiano” come unica salvezza per l’uomo – e quindi solo una decisa risurrezione dell’antica anima dell’Europa – potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto».