I “valori non negoziabili” della medicina

medicoIl Corriere del Sud 30 gennaio 2014

Di fronte ai tentativi di snaturare il nuovo Codice etico, occorre ribadire che non esiste un dovere deontologico che vada contro i diritti fondamentali della persona

Giuseppe Brienza

Ci sono dei “valori non negoziabili” che sono a fondamento sia delle varie professioni sia, in alcuni casi, dell’intera esperienza sociale. In particolare, le problematiche degli operatori sanitari, che si trovano in prima linea nella cura della salute e nella difesa della vita umana, dovrebbero interessare e coinvolgere tutti i singoli cittadini e non solo gli “addetti ai lavori”.

La tecnologia, infatti, sta sempre più “lusingando” medici, genetisti e biologi, offrendogli l’illusione di una vittoria sul destino biologico e della liberazione dai vincoli dell’umano. Ma a quale prezzo?

L’alleanza tra materialismo e tecnica, ha spiegato ad esempio il filosofo Vittorio Possenti nel suo ultimo libro La rivoluzione biopolitica. La fatale alleanza tra materialismo e tecnica (Lindau, Torino 2014), sta instaurando l’idea di un essere umano come semplice “pezzo” della natura, conducendo al superamento della barriera uomo-animale da un lato ed al «postumano» sognato dall’ingegneria genetica dall’altro.

I principali fattori di resistenza a queste derive sono rappresentati dalle nozioni di persona, di umanesimo condiviso, di etica libera dall’utilitarismo, tutte in parte conservate nei vari “codici deontologici” che regolano l’esercizio delle professioni. In Italia, però, questi scampoli che esprimono ancora l’irriducibile dignità etica dell’uomo, sono attualmente sotto attacco da parte dell’ideologia scientista e della “dittatura del relativismo”.

Su questi temi l’Unione Cattolica Farmacisti Italiani (UCFI) ha promosso un convegno, intitolato “L’obiezione di coscienza dei farmacisti: tra bioetica, deontologia professionale e biodiritto”, che si terrà mercoledì 5 febbraio, presso la Sala “Aldo Moro” di Montecitorio. Vi interverranno, fra gli altri, il Direttore della Clinica Ostetrico-Ginecologica dell’Università di Bari Filippo Maria Boscia, il docente di Ginecologia dell’Università di Padova Bruno Mozzanega, il Consigliere della Corte di Cassazione Giacomo Rocchi e l’on. Gian Luigi Gigli, medico e membro della Commissione Affari Sociali alla Camera.

Questo incontro, proposto come approfondimento della XXXVI Giornata Nazionale per la Vita del 2 febbraio, interviene anche in un momento grave di sfida per la professioni sanitarie.

Infatti, è in atto un tentativo di inserire le espressioni “orientamento sessuale” e “identità di genere, disabilità, stato socio-economico” all’art. 3, “Doveri del medico”, del Capitolo 1, “Libertà, indipendenza e dignità della professione” del nuovo Codice di Deontologia Medica, la cui stesura definitiva è prevista per la prossima primavera.

Diversi medici stanno finalmente reagendo a questa ennesima imposizione dell’ideologia del “genere”, per esempio un gruppo di 8 medici toscani (fra i quali un professionista che collabora con il Corriere del sud, il Dott. Andrea Bartelloni – si veda la rassegna stampa da lui curata: http://www.rassegnastampa-totustuus.it/) che, in una lettera indirizzata il 29 gennaio al Quotidianosanità.it, hanno risposto che «fa parte proprio della natura stessa della medicina, cioè della relazione di cura medico-paziente, quella di curare ogni persona indipendentemente da qualsiasi caratteristica e che proprio il rispetto della persona umana impone che non si facciano specificazioni particolari sulle sue condizioni (fra cui orientamento sessuale, disabilità, difficoltà socio-economiche) perché non si compiano discriminazioni».

La richiesta avanzata di snaturare il Codice Deontologico, quindi, appare chiaramente pretestuosa e pericolosa ai fini dell’autonomia professionale e personale dei medici perché, scrivono i medici toscani nella loro lettera pubblica, «cerca di ontologizzare l’identità di genere e l’orientamento sessuale in modo da tappare la bocca a tutti, anche a chi, come noi medici, potrebbe entrare nel merito della questione, in maniera del tutto obiettiva e super partes, per affermare che, studi scientifici alla mano, l’orientamento sessuale può essere anche modificato e perfino l’OMS lo prevede».

Di fronte a questo ennesimo tentativo di ideologizzare un campo di per sé neutro come la medicina, risuonano chiare le parole, pronunciate ormai quasi due anni fa’ (21 maggio 2012), dal cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, nella sua prolusione di apertura dell’Assemblea Generale della Conferenza Episcopale Italiana (CEI): «Non esiste un dovere deontologico che vada contro i diritti fondamentali della persona e delle comunità».