Introvigne: fischi al Papa, applausi al Dalai lama?

Dalai_Lamailsussidiario.net mercoledì 27 giugno 2012

Se i terremotati conoscessero il buddismo…

Intervista a Massimo Introvigne

Fischi al Papa e applausi scroscianti al Dalai Lama. E’ quanto è successo al concerto per le vittime del terremoto dell’Emilia quando sono state citate le due visite quasi in contemporanea nelle zone del terremoto da parte del Dalai Lama e di Benedetto XVI. Che il buddismo e la figura del Dalai Lama godano di grandi favori nell’opinione pubblica occidentale è cosa conosciuta da tempo, almeno da quando star di Hollywood come Richard Gere o del calcio come Roberto Baggio si sono convertite a questa fede provocando un riflesso condizionato in molta gente.

Uno dei massimi esperti di religioni, Massimo Introvigne, contattato da IlSussidiario.net sorride su tutto ciò: “Se i terremotati che applaudono il Dalai Lama conoscessero un po’ di storia del buddismo forse si farebbero idee diverse”. Scopriamo infatti che, a differenza di quanto viene sempre detto e scritto, il Dalai Lama non è il capo religioso del buddismo, ma solo di una corrente minoritaria, il buddismo tibetano, e che altre forme di buddismo come alcuni gruppi giapponesi lo considerano nemico del buddismo stesso.

O che, quando ci fu nell’800 e all’inizio del 900 la prima scoperta di questa religione da parte degli europei, il buddismo tibetano veniva considerato con disprezzo, perché considerato impuro e poco fedele al vero buddismo.

Certamente, aggiunge Introvigne, le enormi violazioni dei diritti umani da parte dei cinesi nei confronti del Tibet, di cui il Dalai Lama è anche capo politico, ce lo fanno guardare con simpatia.

Come spieghiamo l’approvazione che gode il Dalai Lama in occidente, anche a discapito di una figura come il Papa?

Ci sono due problemi completamente distinti che vanno sempre messi a fuoco quando si parla del Dalai Lama e che, naturalmente, si intersecano tra di loro. Il primo è il numero strabiliante di ingiustizie e di violazioni dei diritti umani di cui, dagli anni 50 a oggi, la Cina si è resa protagonista nei confronti del Tibet e dei tibetani, e questo richiede effettivamente una riflessione.

Violazioni che peraltro in occidente vengono quasi sempre bellamente ignorate.

Infatti. Non basta applaudire il Dalai Lama ogni tanto per scaricarsi la coscienza, quando in concreto ci sono risoluzioni delle Nazioni Unite fin dagli anni 50 che sono rimaste lettera morta. In nessun modo la situazione dei diritti umani in Tibet si può dire sia migliorata anzi è peggiorata. L’occidente, Italia compresa e città di Milano compresa, si scaricano ogni tanto la coscienza invitando il Dalai Lama e onorandolo di applausi scroscianti, ma poi in concreto non si parla con la Cina l’unico linguaggio efficace, cioè quello della fermezza.

Significativo in questo senso è stato il recente episodio che ha visto la città di Milano rifiutare al Dalai Lama la cittadinanza onoraria per poi applaudirlo in consiglio comunale.

E’ un episodio emblematico, così come tante mosse dell’amministrazione Obama. L’ultimo che parlò con fermezza ai cinesi, ottenendo qualche piccola concessione, fu George Bush e, peraltro, la linea Bush dimostra che se parliamo ai cinesi in modo fermo, sia per quanto riguarda il Tibet che per quanto riguarda i musulmani o la chiesa cattolica clandestina, non dobbiamo temere che in un pomeriggio i cinesi vendano tutti i buoni del tesoro e ci riducano peggio della Grecia. Questo non conviene neppure a loro.

Le sembra che anche l’Italia sia in questa posizione?

Per la verità né il governo Berlusconi né il ministro Terzi l’hanno mai sostenuta, l’Italia è in prima linea nella difesa dei diritti umani, Pisapia forse un po’ meno. Tutto sommato nella nostra sinistra c’è un atteggiamento molto schizofrenico. Da una parte, anche perché è un testimone delle persecuzioni cinesi, si applaude il Dalai Lama, ma dall’altra, di fronte a ogni tipo di imposizione o di ricatto cinese, ci si mette subito sull’attenti in nome del commercio e del fatto che la Cina detiene una parte del nostro debito pubblico.

Il secondo punto invece qual è?

E’ un tema completamente diverso, cioè il Dalai Lama è il capo di uno Stato illegalmente invaso, ma anche un leader religioso, oggetto in occidente di una deformazione persino comica, di cui credo sia lui il primo a ridere.

Quale?

Nell’immaginario occidentale egli è una sorta di papa dei buddisti; in realtà il buddismo è un mondo molto diviso e il Dalai Lama è il leader di una delle scuole di buddismo, quella tibetana gelug, che è una delle scuole che interpretano in modo differente il buddismo. Per così dire il terzo buddismo rispetto alle due scuole tradizionali del Grande Veicolo e del Piccolo Veicolo. Non è quello giapponese, per intendersi, ed è un po’ particolare, dato che mette insieme buddismo e culti prebuddisti pieni di dei e spiriti.

Una ambiguità forte allora…

E’ anche curioso il fatto che i grandi appassionati del buddismo dell’Europa dell’800 e dei primi del 900 andavano alla ricerca del buddismo puro e consideravano con disprezzo quello dei tibetani, un buddismo di serie B. Poi, per ironia della storia, proprio l’invasione cinese e il fatto che il buddismo tibetano sia diventato buddismo perseguitato lo ha trasformato in una sorta di protobuddismo, cosa che non è. Pensiamo poi che per alcuni gruppi buddisti giapponesi il Dalai Lama è addirittura il nemico.

Ciò nonostante in occidente gode di un grande successo.

E’ un fenomeno mediatico che ha una sua paradossale ambiguità annotata dal maggior esperto del buddismo tibetano, Lopez Donald, il cui grande libro sul paradosso del Dalai Lama in occidente si chiama Prigionieri di Shangri La e non è mai stato tradotto in Italia.

Cosa dice questo libro?

Donald nota questo paradosso per cui davanti al pubblico occidentale il Dalai Lama è il maggior esponente del modernismo buddista che ricostruisce il buddismo come una religione nei limiti della ragione fondata sull’analisi razionale e sulla compassione e la benevolenza. Quando invece parla  ai tibetani il Dalai Lama ridiventa il capo della corrente gelug che è piena di aspetti che altri buddisti trovano discutibili.

Ad esempio?

Il culto degli oracoli, che sarebbero persone possedute da uno spirito, anche il Dalai Lama ha uno di questi spiriti di cui si fida parecchio. Tali spiriti lottano contro altri oracoli con scontri nella comunità tibetana che hanno fatto anche dei morti. Oppure una apocalittica tibetana, una fine del mondo con una guerra in cui i non buddisti saranno uccisi in modo doloroso.

Dunque in occidente si sa ben poco del Dalai Lama e del buddismo tibetano.

Molti di quelli che applaudono il Dalai Lama non sanno chi sia, non sanno che non è il papa del buddismo, ma di una corrente che vive un momento di transizione in cui da una parte ci sono spinte moderniste che presentano il buddismo come una religione secolarizzata, quasi la religione del quotidiano La Repubblica. Tuttavia, per non perdere il contatto con la base dei tibetani, si parla ancora di spiriti e credenze ambigue che, se lo sapessero, quelli che lo applaudono in Emilia troverebbero quantomeno bizzarro.

In conclusione cosa possiamo ancora dire?

Detto questo, bisogna anche seguire il magistero della Chiesa, il quale ci dice che non dobbiamo soffermarci in un atteggiamento polemico con le altre religioni, ma dobbiamo dialogare con esse. Se leggiamo il Catechismo della Chiesa cattolica vediamo che dice che in tutte le religioni è presente la ricerca di Dio, perché è all’opera la ragione la quale, sia pure con difficoltà, è in grado di scoprire molte verità. Il catechismo ci dice anche, però, di accostarsi con cautela a queste religioni non cristiane o precristiane, perché in questo sforzo di avvicinamento può anche darsi si nascondano suggestioni del demonio. E non sto citando fonti medievali, ma una espressione nel catechismo vigente pubblicato nel 1992.