“Non per giudicare ma per salvare”

confessionaleAg Zenit (Zenit.org) 11 luglio 2011

Intervista a don Andrea Mardegan sulla confessione

di Antonio Gaspari

ROMA _ In un passaggio del Vangelo secondo Giovanni, Gesù disse a Nicodemo: “Dio, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui” (Gv 3,16-18).

E per salvare gli umani che cadono per la loro fragilità, la Chiesa ha il sacramento della confessione. Un sacramento la cui pratica è centrale per l’opera di conversione, e che sta tornando al centro dell’attenzione di fedeli e teologi.

A questo proposito don Andrea Mardegan, cappellano del collegio universitario Torriana di Milano, ha pubblicato per le edizioni Paoline il libro “Il sacramento della gioia” in cui presenta brani evangelici che hanno un legame immediato con i temi della conversione, della richiesta di perdono, della confessione e della riconciliazione.

Con questo libro l’autore cerca di rispondere alla Verbum Domini di Benedetto XVI, secondo cui: “Affinché si approfondisca la forza riconciliatrice della Parola di Dio si raccomanda che il singolo penitente si prepari alla confessione meditando un brano adatto della Sacra Scrittura”.

Il volume si articola in sette parti che dovrebbero rappresentare le linee guida per affrontare la confessione ed arrivare alla comunione con un senso di felicità, di gioia, di beatitudine e di benedizione.

ZENIT ha intervistato don Andrea Mardegan.

Un diffuso pregiudizio considera la confessione una sorta di tribunale che seleziona e punisce i peccatori, mentre per un cristiano la confessione è la forma più alta di carità che il Signore gli abbia dato. Può spiegare il rapporto tra confessione e carità e perchè ha intitolato il suo libro “il sacramento della gioia?”.

Don Mardegan: Uno dei motivi per cui ho scritto questo libro è per far eco alla verità che il Vangelo ci svela, che Gesù è venuto per perdonare i peccatori, per salvare ciò che era perduto. Anche oggi non aspetta altro: Lui è il Salvatore. Per incontrarlo però dobbiamo accogliere la verità che siamo peccatori e andare verso di Lui come il figlio giovane della parabola che Lui stesso ci ha narrato, che torna dal Padre e da Lui riceve il bacio, l’abbraccio: il perdono ricevuto; la veste nuova, una festa con la musica e le danze: il frutto di gioia che dà la riconciliazione con Dio, non solo per il peccatore perdonato, ma per tutta la sua famiglia, che è la Chiesa. Ciò che accade nella confessione è una manifestazione altissima di carità. Lì si riversa nell’anima tutta la carità di Dio, che nella sua sovrabbondanza di bene annega il male che è il peccato.

Lo stesso peccatore (ciascuno di noi), manifesta nel suo chiedere perdono l’amore che ha per Dio (chiedere perdono è sempre un atto d’amore), la fiducia totale in Lui, l’abbandono tra le sue braccia. C’è anche l’amore del peccatore per la Chiesa e la fiducia nel sacerdozio, che è dono di Dio, e il confessore da parte sua manifesta tutto l’amore materno della Chiesa per i peccatori, e il suo amore fraterno da sacerdote che sostiene, incoraggia, consiglia e non ci lascia soli.

È segno di un amore fraterno che nella Chiesa ha tante altre manifestazioni, ma nella confessione raggiunge un culmine. Ho intitolato il libro “Il sacramento della gioia” perché il Vangelo mette in evidenza la gioia della conversione, e perché è esperienza comune che la confessione ben fatta porti una gioia profonda, i confessori lo sanno e i santi lo dicono. Ricordo in particolare espressioni del Beato Giovanni Paolo II e di San Josemaría Escrivá che nelle sue catechesi sulla confessione amava usare quest’espressione e altre simili.

Perché confessarsi?

Don Mardegan: Per incontrarsi con Cristo, per ascoltare la sua voce che ci dice: “neanch’io ti condanno, sii perdonato dal tuo peccato, va e non peccare più”, per ricevere il suo aiuto, la sua grazia santificante che ci rende santi, la sua grazia sacramentale che è un aiuto specifico per proseguire il cammino, per essere rafforzati da Dio nella lotta di quel momento della nostra vita. Per avere il consiglio e la preghiera del confessore. Per arrivare a conoscersi davvero. Per non essere soli nel cammino.

Per godere della purezza d’animo del Battesimo, per poter aiutare gli altri. Per confrontare il nostro pensiero con il pensiero della Chiesa, il pensiero di Cristo, in questioni che ci toccano nell’intimo e che a volte non possiamo o non vogliamo rivelare ad altri. Per non lasciarci sviare da tentazioni, o da idee sbagliate, da comportamenti che ci portano fuori strada. Per essere sicuri di una totale riservatezza. Per sentire una parola di vita eterna.

E che cosa significa prepararsi alla confessione?

Don Mardegan: Dipende dalla situazione di ciascuno, ma direi che ciò che il Papa suggerisce nella Verbum Domini, cioè prepararsi alla confessione meditando il Vangelo, che è quello che il mio libro si propone di aiutare il lettore a fare, è un consiglio che aiuta a prepararsi nella preghiera, a recuperare la visione giusta di fede nella presenza di Cristo nel suo sacramento, il suo essere presente nel suo ministro: è Lui e solo Lui che può dire io ti perdono, nel suo nome il confessore può pronunciare le parole dell’assoluzione.

Prepararsi meditando il Vangelo può significare “ritornare in sé” come il figliol prodigo e accettare la rivelazione sul nostro essere peccatori; e accorgerci, guidati dallo Spirito Santo, dalla parola di Dio e dall’insegnamento della Chiesa: in questa e in quest’altra azione, pensiero, parola, ho peccato.

Prepararsi può significare: fare il proposito di non peccar più con l’aiuto di Dio e della grazia del sacramento, anche quando siamo consapevoli che da soli non ce la faremmo mai. Comunque alcuni di questi passi possono avvenire anche all’interno del dialogo del sacramento. Meglio arrivare alla confessione con la preparazione essenziale, che rimandarla: è la grazia di Dio che ci sana, non il nostro sforzo, e un buon confessore deve saper aiutare opportunamente.

In che senso l’uomo pecca?

Don Mardegan: Nella situazione attuale, dopo il peccato originale, l’uomo ha difficoltà a vedere Dio, a facilità a non capire Dio, a dimenticarsi di Dio rendendosi Dio a se stesso. Oppure ha grande facilità a considerare fine assoluto della sua vita, Amore infinito che motiva tutte le azioni, non Dio, ma una creatura di Dio, una persona amata, o un obbiettivo temporale, un lavoro, un potere, delle ricchezze, un piacere. Tutte cose create da Dio, che possono nell’ordine del suo Amore avere una finalità positiva e anche santa.

L’uomo nel peccare sbaglia obbiettivo, o sbaglia ordine, tralascia un aspetto essenziale per il bene, disobbedisce a Dio, decide in proprio cosa è bene e cosa è male. Molto spesso tutto ciò avviene per debolezza, per fragilità, altre volte invece ci può essere malizia, una volontà radicata nel male.

Come insegnano i primi capitoli della Genesi, non manca in questo processo l’azione del tentatore, del nemico del genere umano, dell’accusatore dei nostri fratelli, del divisore. L’esperienza umana e della Chiesa insegna anche che da un peccato , se non purificato, ne può sorgere un altro e altri peggiori, in una catena negativa. Ma la forza del perdono di Cristo che meditiamo nelle scene del Vangelo, è sempre più grande del peccato.

Chi è autorizzato a perdonare i peccati?

Don Mardegan: Coloro a cui Gesù ha trasmesso questo potere dopo la sua risurrezione: gli apostoli e i loro successori: il Papa e i Vescovi, e i sacerdoti loro collaboratori che hanno ricevuto da loro il sacramento dell’ordine sacro e la facoltà di ascoltare confessioni. Ma l’interesse di Cristo e della Chiesa per il perdono dei peccati è tale, che se una persona fosse in punto di morte e non avesse altra possibilità, anche un sacerdote sospeso dal ministero, o che avesse lasciato il sacerdozio, può darle l’assoluzione dei peccati.

Un anziano confessore mi ha spiegato che il Signore si intristisce per le nostre cadute, ma è interessato soprattutto a vedere le opere di bene di cui siamo capaci. Non basta infatti essere virtuosi se poi non si fanno opere buone. E’ corretto questo punto di vista?

Don Mardegan: Sicuramente l’anziano confessore le ha detto cose sagge che anch’io ascolto per imparare. Quanto il Signore soffre per i nostri peccati: basta guardarlo sulla Croce. Giovanni Paolo II nell’Enciclica Dominum et Vivificantem parla del dolore di Dio dopo il peccato dei progenitori. Quello fu il primo dolore che entrò nella storia della salvezza. Non il dolore dell’uomo.

Dal punto di vista della pastorale è giusto sottolineare tutto ciò che può incoraggiare il cristiano a essere o diventare penitente, a imparare a chiedere perdono. Può essere la considerazione della Passione di Cristo con la quale lo Spirito Santo ci spiega la gravità del peccato, o può essere la forza della Risurrezione, della vita nuova che Dio ci dona con il suo perdono.

Egli fa nuove tutte le cose. E Gesù è contento di ritrovarci, di perdonarci, di incontrarci personalmente e di rivestirci di sé: come fu contento di far scendere Zaccheo dal sicomoro, o come fu contento delle lacrime della peccatrice che gli lavavano i piedi.

Per ciò che riguarda le opere buone: se non si fanno opere buone, non si è virtuosi, infatti la virtù è proprio la capacità di operare il bene. È vero che non può bastare al Signore una presunta impeccabilità che non sia unita alla carità e alla operosità nel bene, anche perché se non c’è carità veniamo meno al più importante dei comandamenti di Gesù, che racchiude tutti gli altri. Lo diceva già la lettera di san Giacomo, la fede senza le opere è morta.

E’ l’atteggiamento di Gesù “confessore”, se così si può dire, che ho cercato di approfondire nel mio libro, meditando su vari episodi evangelici, è sempre orientato al bene che può operare chi è guarito dal peccato. Basti pensare alla Samaritana che corre ad annunciare a tutti che ha incontrato il Messia,O a Zaccheo che restituisce il quadruplo e cambia vita, al paralitico che torna dai suoi glorificando Dio, a Pietro che piange ma poi conferma i suoi fratelli.

Come si fa l’esame di coscienza e perchè è così importante?

Don Mardegan: Ho proposto varie domande di esame di coscienza nell’ultimo capitolo del libro. Ho notato che c’è molto interesse tra i lettori per questo aiuto. Non è possibile dare ricette generali, diverso è l’esame giornaliero, normalmente breve e denso di amore di Dio, da quello che si fa prima della confessione, come diverso è se la confessione è frequente o se è trascorso molto tempo dalla precedente. È Gesù che incita spesso alla vigilanza, e Papa Benedetto lo ha ricordato varie volte, anche di recente, parlando alla Penitenzieria Apostolica.

Tendiamo a minimizzare, a dimenticare, o a esagerare ciò che facciamo. Dobbiamo chiederci in coscienza, davanti a Dio e alla sua parola, che cosa nella nostra condotta è andato contro di Lui e anche se stiamo compiendo ciò che Dio ci fa capire che vuole da noi, se adempiamo i suoi comandamenti, i doveri della nostra condizione di vita, ciò che le circostanze e le persone che incontriamo ci chiedono volta per volta.

Per aiutare in questo compito i lettori ho preparato delle domande seguendo i dieci comandamenti. Li ho introdotti con testi di beatitudini bibliche, perché ci ricordino, quando ci esaminiamo in coscienza, che vivere i comandamenti è strada per la felicità promessaci dal Signore.

È importante esaminarci chiedendo luci allo Spirito Santo per non essere come colui che non nota la trave nel proprio occhio e vuole togliere la pagliuzza in quello del fratello, per non essere una guida cieca che conduce altri ciechi al precipizio, per non costruire l’edificio della vita cristiana sulla sabbia, per non lasciare che nel nostro campo interiore abbondi la zizzania seminata nottetempo dal nemico, perché il seme della parola di Dio cada nella terra buona del nostro cuore preparato: via gli sterpi e i sassi, via gli uccelli che ce lo vogliono rubare.

E, in positivo, per essere colui che costruisce la casa sulla roccia, che segue Gesù ovunque egli vada, che diventa suo discepolo e va ad annunziare il suo Vangelo nelle circostanze della vita quotidiana, che dona la sua vita per amore e risponde alla sua vocazione. La Madonna che non ha peccato, ma che custodisce e medita ogni cosa della vita di Gesù e della nostra nel suo cuore, ci può aiutare.