La tutela dell’ambiente è diventata un’ideologia talibana

greenpeaceItalia Oggi 9 settembre 2011

Lo dimostra uno che se ne intende di sicuro: Patrick Moore che ha fondato Greenpeace

di Diego Gabutti

Che la tutela dell’ambiente, col tempo e le nespole, sarebbe diventata un’altra ideologia illiberale (anzi l’ennesima religione fondamentalista, come l’islamismo dei pasdaran e il suo immediato predecessore sulla piazza delle rivoluzioni per finta, il marxismo-leninismo) era facilmente prevedibile almeno dagli anni Ottanta.

Cioè da quando, con la crisi dell’identità comunista, la sinistra radicale, più per convenienza che per convinzione, è diventata improvvisamente «verde». (C’è stato addirittura un momento, del resto, in cui soltanto per un pelo la sinistra orfana di barricate e di sessantotti e di palazzi da espugnare non si è completamente allineata con le bande islamiste, alle quali invidia tuttora le maniere spicce, da Brigate rosse su scala cosmica, come le Piaghe d’Egitto e i buchi neri).

Prendiamo Greenpeace, come fa Patrick Moore, uno degli hippies canadesi che ne fu tra i fondatori all’inizio degli anni Settanta, con un bel libro di memorie, L’ambientalista ragionevole. Confessioni d’un fuoruscito di Greenpeace, Dalai, pp. 512, 23,00. Da un giorno all’altro, dopo una decina d’anni di sobrie battaglie in difesa dell’ambiente, contro gli esperimenti atomici nell’atmosfera o per mettere al bando la caccia indiscriminata alle balene, ai delfini e ai cuccioli della foca monaca, Greenpeace si trasformò in una chiesa ecologista, fondata sui dogmi e sugli anatemi, oltre che su cause sempre più astratte e improbabili.

Cacciata dalla porta della rivoluzione sociale, la sinistra truce e bacchettona, che per quasi un secolo non aveva fatto altro che provocare (senza mai darsene pensiero) danni materiali e culturali e «mentali» (come dice Moore) al pianeta che adesso aveva deciso di salvare, era rientrata dalla finestra della rivoluzione ambientale portandosi dietro tutto il bagaglio accumulato nel corso del secolo breve: le fantasie paranoiche sull’identità del nemico, il narcisismo idelogico, la disinformazione, la malafede, l’anticapitalismo e l’antiamericanismo, le più stupefacenti idee fisse sul divenire della storia, ma soprattutto il testoterone da pacifondai pronti a far saltare le teste di tutti gli eretici pur di bandire la violenza dal mondo.

Di qui le battaglie insensate di Greenpeace e delle altre agenzie ecologiste internazionali contro l’industrializzazione in tutte le sue forme. Di qui il rifiuto dogmatico dell’ambientalismo sostenibile, capace cioè di coniugare la difesa del pianeta con l’interesse dei suoi abitanti, che hanno notoriamente bisogno di cibo, medicine, energia da bruciare e acqua potabile. A dare il colpo di grazia alla crebilità di Greenpeace fu, secondo Moore, la campagna «per la totale messa al bando del cloro in tutti i processi industriali, e anche del cloruro di polivinile, o Pvc, spesso semplicemente chiamato vinile.

Avendo studiato biochimica avanzata, sapevo che il cloro è uno degli elementi della tavola periodica e che non possiamo vietare la tavola periodica! Ricordai ai miei amici che l’aggiunta di cloro all’acqua potabile costituisce il più grosso progresso della storia della salute pubblica, avendo salvato centinaia di milioni di persone dalla morte per colera, febbre tifoidea e altre malattie trasmesse attraverso l’acqua. Spiegai che la composizione di oltre il 75 per cento dei nostri farmaci, antibiotici compresi, contiene cloro. Gli altri direttori di Greenpeace reagirono sostenendo che quelle erano eccezioni alla regola generale in base alla quale il cloro dovrebbe essere vietato in tutto il mondo».

Nemici della scienza, gli ambientalisti dogmatici sono in compenso sponsor inesausti delle pseudoscienze (la climatologia, la bioetica, per non parlare delle ridicolaggini su Gaia, il pianeta vivente) e praticano l’allarmismo cosmico, come profeti biblici. Moore cita Paul Watson, ex attivista di Greenpeace e oggi presidente della Sea Shepherd Conservation Society: «Abbiamo bisogno di ridurre in modo radicale e intelligente la popolazione umana a meno d’un miliardo. Per curare un cancro occorre una terapia radicale e invasiva, e anche curare la biosfera del virus umano richiederà un approccio radicale e invasivo».

Non si ricordano fondatori di grandi religioni, prima dei profeti e delle sibille dell’ambientalismo, che abbiano mai tratto conclusioni così «radicali e invasive» da premesse così poco (anzi niente) dimostrate. Anche Hitler e Pol Pot ci andavano più cauti.