Studiosi faziosi

storiaIl Foglio, 4 agosto 2011

di Francesco Agnoli

Leone XIII, come scrive Angela Pellicciari nel suo “Leone XIII in pillole”, ricordava ai cattolici l’importanza di una storiografia seria e veritiera, per la difesa del cristianesimo dai suoi calunniatori. Purtroppo però non si può dire che il suo invito abbia trovato molti ascoltatori.

Per anni e anni, almeno dal Settecento, la rilettura faziosa della storia è stata una delle armi di chi cercava di imporre la propria ideologia. La storia della Chiesa ne è uscita con le ossa rotte. Oggi il tasso minimo di pregiudizio nei suoi confronti è altissimo. Il “Calunniate calunniate, che qualcosa resterà”, ha fatto il suo effetto. Farò solo un esempio, che riguarda le mie letture di questi giorni.

Ho ripreso in mano la storia delle civiltà precolombiane, per comprendere meglio il perché l’America Latina di oggi sia ancora un paese per tanti versi così problematico. Sono convinto infatti, che lo sfruttamento delle multinazionali e le politiche spesso inique di Inghilterra e Usa, non siano sufficienti a rispondere alla domanda. So però che la risposta di molti, è quasi scontata: la colpa prima sarebbe dei conquistadores spagnoli, della colonizzazione dei “cristiani”.

Prendiamo in considerazione un’autorità come lo storico William Prescott, autore di un classico, “La Conquista del Messico”, edito in Italia dalla laica Einaudi. Prescott è uno dei tanti che hanno contribuito a creare la “leggenda nera” anticattolica. Nel suo libro descrive una società, quella azteca, in cui vigevano la poligamia e la schiavitù; in cui gli schiavi venivano immolati sulla tomba dei loro padroni, e le guerre continue servivano a procacciare il materiale umano per i sacrifici rituali di massa. Prescott parla di circa 50.000 sacrifici umani all’anno.

Ai sacrificandi, anche donne e bambini, “venivano inflitte torture preliminari del genere più squisito”, che terminavano con squartamento tramite un affilato rasoio e l’estrazione del cuore. A cui seguiva il pasto cannibalico. Dopo simili agghiaccianti descrizioni, Prescott aggiunge: “Va tuttavia notato che tali torture non erano suggerite da una spontanea inclinazione alla crudeltà…ma erano tutte rigorosamente prescritte dal rituale azteco e indubbiamente venivano inflitte con lo stesso rimorso che un devoto del santo Uffizio doveva a volte risentire nell’eseguirne i più crudeli decreti”.

Ancora: “Riflettendo sui costumi ripugnanti descritti nelle pagine che precedono, si trova difficile conciliare la loro esistenza con una qualsiasi forma di governo o con un progresso nella civiltà. Eppure i Messicani hanno molte caratteristiche per potersi definire una comunità civilizzata. Si può forse comprendere meglio questa anomalia, riflettendo sulla condizione di qualcuna delle più progredite regioni d’Europa, nel secolo XVI, dopo la fondazione della moderna Inquisizione: una istituzione che ogni anno distruggeva migliaia di uomini con una morte più penosa dei sacrifici aztechi; che armava il fratello contro il fratello, e che…ha contribuito ad arrestare il cammino del progresso, più di ogni altro sistema escogitato da umana astuzia. Il sacrificio umano, per quanto crudele, non ha nulla in sé di degradante per le sue vittime. Si potrebbe piuttosto dire che le nobilitasse, dedicandole agli dei. Quantunque tanto terribile tra gli Aztechi, era a volte da essi accettata volontariamente, come la morte più gloriosa, la morte che apriva un sicuro accesso al paradiso. D’altro canto l’Inquisizione macchiava invece d’infamia le proprie vittime in questo mondo, e le consegnava alla dannazione eterna nell’altro”.

Insomma: per nobilitare gli Aztechi, non cristiani, Prescott arriva ad affermazioni allucinanti contro la presunta inciviltà dell’Europa cattolica e contro l’Inquisizione, cui si attribuiscono malvagità inaudite nella storia umana. Anche J. Eric S. Thompson, nel suo “La civiltà Maya”, arriva a sostenere simili infamie. Dopo aver descritto i sacrifici Maya, analoghi a quelli aztechi, conclude: “Questo però va detto in difesa dei Maya: tutti, a cominciare dalla vittima, credevano che questa venisse immolata per il vantaggio di tutti. E’ improbabile che vi fosse una simile unanimità quando nei nostri paesi venivano bruciate streghe, vittime di isterismo collettivo, non di una creduta necessità comune”.

Che dire di queste affermazioni? Basterebbe conoscere almeno un po’ la civiltà dell’Europa del XVI secolo, per indignarsi. Ma per gli appassionati di denunce anticattoliche, si può ricordare quello che la storiografia più recente sa molto bene: che in Europa, in svariati secoli, le condanne a morte per stregoneria furono circa 60.000, cioè poco più del numero dei sacrifici aztechi in un solo anno; che i tribunali che emisero il più alto numero di condanne furono quelli laici; che la caccia alle streghe fu più invasiva nel nord protestante, dove l’Inquisizione cattolica non esisteva; che, infine, in Italia e Spagna, fu proprio l’Inquisizione a permettere che il numero delle condanne per stregoneria fosse ridotto al minimo.

Non mi sembra decoroso offendere così la memoria di centinaia di migliaia di persone squartate per tenere in vita il dio sole, solo per sputare sulla Chiesa cattolica e sul nostro passato