Scuola di scristianizzazione?

studentiStudi Cattolici n.603 maggio211

Non si può certo attribuire alla scuola tutta quanta la responsabilità della deriva di scristianizzazione della società italiana, tanto più che certi contenuti scolastici sembra che scivolino dalla memoria degli studenti come l’acqua sulla roccia, senza lasciar traccia, in apparenza. Molti altri componenti sembrano incidere in modo più evidente, come i media, le amicizie: a ognuno la . sua parte di responsabilità. Eppure nella scuola sta avvenendo un salto di intensità del fenomeno, che forse si spiega meglio ; con la socializzazione delle esperienze di vita, cioè con lo stare insieme degli alunni, che permette la comunicazione di uno stile di vita privo di riferimenti spirituali.

di Stefano Muratori

L’età tra 12 a 19 anni è quella in cui i giovani spesso si allontanano dai valori che hanno ricevuto in famiglia, in parrocchia, o in altre istituzioni presso cui sono stati formati, perché – si dice -portano a compimento il processo di autonomia della loro personalità. In questa fase influiscono maggiormente gli amici o, meglio, il gruppo degli amici in cui il giovane si è inserito, e i media (internet, tv, telefonini, gruppi musicali di tendenza). Meno sembrano influire le famiglie. Forse meno ancora la scuola.

Occorre chiedersi se i programmi scolastici incidano nella formazione della personalità adulta, o rimangano estranei al processo di maturazione dei giovani. Prendendo in considerazione l’ultimo anno scolastico della scuola superiore, quali autori, quali contenuti contribuiscono a formare il complesso di idee che rimarranno come suo patrimonio permanente? I programmi scolastici di italiano, storia e filosofia incidono di per sé in modo tale da provocare l’allontanamento dei giovani dalla religione?

Non si può certo attribuire alla scuola tutta quanta la responsabilità della deriva di scristianizzazione della società italiana, tanto più che certi contenuti scolastici sembra che scivolino dalla memoria degli studenti come l’acqua sulla roccia, senza lasciar traccia, in apparenza. Molti altri componenti sembrano incidere in modo più evidente, come i media, le amicizie: a ognuno la . sua parte di responsabilità.

Eppure nella scuola sta avvenendo un salto di intensità del fenomeno, che forse si spiega meglio ; con la socializzazione delle esperienze di vita, cioè con lo stare insieme degli alunni, che permette la comunicazione di uno stile di vita privo di riferimenti spirituali. L’esame orale, detto con termine caro alla burocrazia scolastica «colloquio», parte dalla trattazione di un argomento scelto dal candidato di cui si fornisce una. traccia o dalla trattazione di una tesina consegnata in precedenza, durante gli scritti.

Copia & incolla

Dal punto di vista metodologico occorre rilevare che sempre più spesso passa come tesina il materiale copiato da internet, incollato e proposto alla commissione come produzione propria. Spesso, tutto il materiale copiato non è incluso tra virgolette e non è indicata la fonte da cui esso è stato tratto. Molto spesso si tratta di materiale riciclato dalle tesine elaborate negli anni precedenti e depositate nelle biblioteche scolastiche. Questo vale per tutto il territorio nazionale e per tutti gli ordini di scuola. Ma non manca­no produzioni originali, di ottima fattura: ciò induce a ritenere che la scuola italiana non sia del tutto allo sfascio dal punto di vista culturale.

Da un esame veloce delle tesine, quando la fonte è citata, si scopre che il sito internet più scelto per copiare è Wikipedia, oppure studenti.it. Anche degli argomenti preferiti si può stilare una classifica, da cui si possono dedurre le tendenze (non solo ideologiche) degli insegnanti, degli alunni e, oserei dire, dell’istituto. Alcune classi propongono un tema unico («area di progetto»), che i candidati sviluppano nei vari aspetti particolari.

Come si scrive una «tesina»

Passiamo agli argomenti delle tesine. Che dire se il tema di tutta una classe è «II ’68»? Ovviamente il tema è stato trattato con grande sventolio di bandiere rosse trionfanti, nelle varie sfaccettature che vanno dall’esaltazione delle gesta del mitico «Che» all’esaltazione di quello che è fatto passare come protagonismo giovanile; dalla musica dei Beatles alla liberazione sessuale, dal femminismo all’aborto, passato come conquista e segno della libertà raggiunta dalla donna; dall’esaltazione del consumo della droga alla musica di quegli anni mitizzati nostalgicamente. Viene il dubbio che si voglia preparare nella scuola un clima come quello del ’68.

Di sicuro gli insegnanti avranno formato alunni pronti a urlare contro il governo e pronti a manifestare nelle piazze. Che dire se tutta una classe come argomento comune (area di progetto) da cui gli alunni iniziano l’esame porta l’esoterismo, esaltato da molti alunni come espressione della libertà contro l’oppressione della Chiesa e del cristianesimo, accusati di aver mandato al rogo milioni di persone e di aver impedito il progresso?

Da qualche anno capita sempre più spesso che degli alunni inizino l’esame trattando Satana come primo argomento, visto come simbolo del pensiero divergente che, attraverso la ribellione a Dio, permetterebbe agli uomini di procedere verso il progresso (sic), verso «una più intima unione con la materia».

Così l’Inno ad Arimane di G. Leopardi, l‘Inno a Satana di G. Carducci, assumono nuova rilevanza nel programma di italiano. Ma può anche capitare che una candidata, tracciando la storia dell’esoterismo dall’età romana, da Apuleio, passando attraverso Giordano Bruno, arrivi finalmente ai giorni nostri, citando autori di trattati esoterici sconosciuti ai commissari d’esami non esperti; e, infine, può capitare che la candidata, tirando fuori all’improvviso un foglio con una stella a sei punte, pretenda di esemplificare davanti alla commissione, durante l’esposizione della tesina, il modo in cui si fa una seduta spiritica.

È il colmo, ma capita anche questo. Pare che il Presidente con un urlo abbia impedito di andare avanti, nonostante la curiosità ingenua dei commissari, cui la giovane candidata si era rivolta per rivendicare il diritto della propria libertà d’espressione. In effetti, l’indomani non è apparso nessun titolo cubitale nei giornali che annunciasse che era avvenuta una seduta spiritica durante gli esami di Stato. Forse questo era il vero obiettivo della giovane candidata maga.

Se la verità non esiste

Uno degli argomenti più frequentati nelle tesine è il «relativismo», inteso come strumento che permette di educare i giovani al rispetto delle affermazioni delle verità in cui credono gli altri, ma in modo tale che appaia chiara la tesi per cui, poiché la verità non esiste, tutte le affermazioni religiose e filosofiche sono accettabili allo stesso modo e che, pertanto, devono essere tutte accettate.

«Così è, se vi pare» di L. Pirandello diventa la filosofia ri-duttiva nihilista impressa nella mente dei giovani attraverso la pratica dell’appiattimento e della negazione di ogni verità. Ovvia­mente, il tema diventa occasione per suffragare il valore educativo del relativismo con la citazione di autorevoli scrittori e filosofi: non solo L. Pirandello, ma anche I. Svevo, F. Nietzsche, B. Russell si prestano bene al proposito.

Negare la speranza

I contenuti dell’interrogazione di Italiano vertono molto frequentemente sul tema del pensiero pessimista degli autori inseriti in programma. Gli autori sono trattati alla stregua di filosofi per cui agli alunni viene spesso chiesto di ripetere non solo gli aspetti formali dei testi letterari in programma, ma soprattutto i contenuti del loro pensiero. In un modo o nell’altro le interrogazioni vertono sulle caratteristiche e sulle motivazioni del pessimismo dell’autore.

Da U. Foscolo a G. Leopardi, da G. Verga a G. Carducci, da G. Pascoli, da Ungaretti a Montale, da Saba a Quasimodo, da P. Levi a C. Pavese, a E. Vittorini ecc. un comune denominatore sembra unire autori così diversi per stile, mentalità e provenienza culturale: il pessimismo e, collegato a esso, la definizione della vita come «male», o il «male di vivere», inteso come insignificanza e noia della vita.

L’insignificanza della vita personale e della storia, resa insopportabile dal dolore e dalla noia, sembra pervadere tutta la letteratura dell’800 e del ‘900 in programma. La visione provvidenziale della vita e della storia è trattata spesso nelle antologie come un’idea di A. Manzoni, non come un aspetto importante del cristianesimo.

Lo stesso Manzoni è citato alla stregua di un rimasuglio di pensiero medievale, capitato per caso nel programma di Italiano. Dante Alighieri è del tutto cancellato: nemmeno nei licei viene più studiato il Paradiso. Altrettanto vale per tanti altri autori dell’800, come N. Tommaseo ecc., considerati dei «minori» e cancellati dalla memoria storica di alunni e professori e dall’intera scuola italiana.

G. D’Annunzio viene citato per parlarne male. D’Annunzio rappresenta un modello negativo da cui prendere le distanze, da demonizzare comunque. Che senso ha parlare di un autore per dire di lui tutto il male possibile? Quando si deve solo parlare male di un autore, non è meglio tacere e relegarlo tra quegli autori di cui non si ricorda più nemmeno il nome? La motivazione c’è: sta nel fatto che è il fascista di turno su cui si deve sparare e costituisce l’occasione per fare «educazione» (politica) a scuola.

Incontrare «il male di vivere»

I cosiddetti autori «maggiori» della letteratura italiana, il cui studio viene imposto dalla legislazione riguardante i programmi di studio nei licei e negli istituti tecnici e professionali, sembrano stati scelti, non a caso, secondo una logica che nega il valore della Verità per proporre il relativismo che nega una verità assoluta.

Manca di fatto l’indicazione della Via della speranza, cui si contrappongono il pessimismo e la disperazione presenti in ogni autore proposto. A ben guardare manca il tema della valorizzazione della Vita, cui si contrappone la mancanza di senso della vita stessa e quindi la negazione del suo valore. Proprio perché la vita è ridotta nel suo aspetto esistenziale come «male», sembra si voglia suggerire l’assunto che la vita stessa non è degna di essere vissuta. Le antologie, poi, danno un taglio alla presentazione degli autori tale da accentuare la loro interpretazione in chiave relativistica, pessimistica e disperante.

In U. Foscolo la sublimazione delle «sciagure umane» per mezzo dell’arte è ridotta a «illusione» che «sofferma» l’uomo «al limitar di Dite», ma lo lascia comunque nella disperazione. G. Leopardi definisce la vita come «male» (per esempio nel «Canto notturno…»), per cui alla nascita il bambino deve essere consolato per il solo fatto «d’essere nato». La poesia riesce a stento a «consolare» il deserto della vita nella misura in cui diventa autocrogiolamento nel dolore: una voluptas dolendi che piace tanto ai giovani, ma non li fa crescere.

Se si chiede allo studente, candidato alla maturità, di ripetere il pensiero di G Leopardi, risponderà certamente ripetendo «il pessimismo storico, cosmico e il titanismo», inteso quest’ultimo come opposizione impotente dell’uomo contro l’onnipotente Natura, ovvero contro Dio, anche se pochi studenti riescono a cogliere esplicitamente l’equazione «Natura uguale Dio» in Leopardi, indicata da S. Timpanaro nel saggio pubblicato nel 1965 con il titolo Classicismo e Illuminismo nell’800 italiano (ed. Nistri Lischi, Pisa).

 Ma, restando nell’ambito dei «maggiori», proposti o imposti dai nostri programmi di studio, a cui le scuole pubbliche e private si devono allineare, dalla poesia G. Pascoli trasuda ansia, terrore e desiderio di ricongiungersi con i suoi cari defunti. Il tema della morte è frequentemente trattato anche da G. Carducci e in G. Verga il pessimismo nasce direttamente dal progresso storico, visto come divenire travolgente, mosso da un Dio che sembra richiedere una porzione di vite umane per ogni miglioramento delle condizioni di vita. Si potrebbe continuare.

Alcune conclusioni

1 Se Gesù si definisce come Via, Verità e Vita, i programmi di studio dei «maggiori» della letteratura italiana contemporanea, il cui studio è imposto a generazioni e generazioni di studenti da tanti anni, sembra rispondere a un obiettivo che è la negazione di Gesù come Dio che è Via, Verità e Vita: un obiettivo che non è mai esplicitato, ma che è molto spesso sottinteso o, meglio, nascosto agli alunni e anche ai professori, la cui ignoranza in materia religiosa impedisce di accorgersi delle assurdità e del disastro pedagogico prodotto dalla negazione del valore della speranza, della verità e della vita. Occorre anche dire che, per rispettare il pensiero degli autori, l’insegnante è costretto a ripetere oggettivamente il pensiero negativo di tanta parte della cultura europea contemporanea che si allontana sempre di più dalle radici cristiane.

L’impostazione storica dello studio dell’Italiano a scuola, dovendo oggettivamente ripetere lo sviluppo storico della cultura in senso laicista in tutta una serie di autori, ripropone e riproduce i risultati negativi cui questa cultura è pervenuta. La laicizzazione della scuola di impostazione napoleonica ha raggiunto così gli obiettivi per cui è nata: sottrarre i giovani all’influenza della Chiesa e, di conseguenza, la scristianizzazione.

Ma una volta costatato il raggiungimento dell’obiettivo, dato che la società oggi è in gran parte scristianizzata e sono scristianizzati soprattutto i giovani, dobbiamo anche prendere atto della miseria spirituale, civile e culturale dei nostri tempi: un risultato che è un pugno di mosche, se paragonato alle aspettative programmatiche di innalzare il livello culturale, civile e sociale dei giovani che frequentano le nostre scuole; se paragonato alle enormi risorse investite dallo Stato e agli sforzi profusi generosamente da tanti insegnanti e alunni. I risultati non possono essere diversi da quelli che si vedono in tanti giovani. Non può essere altrimenti.

2. È necessario che gli studenti conoscano anche gli autori citati sopra, ma mancano, nel panorama imposto di fatto nelle scuole italiane, proposte per un’educazione all’ottimismo che permetta di affrontare la vita con un approccio positivo.

3. Manca una strategia educativa allo sviluppo dell’interiorità che non sia solo incentivo a piangersi addosso, ma che permetta di superare attraverso il silenzio interiore il chiasso e la banalità di troppe espressioni della civiltà contemporanea. Manca nel panorama della scuola italiana una strategia per infondere coraggio a tanta gioventù malata di pessimismo e pronta a ricorrere alle scorciatoie negative dello stordimento per mezzo della musica ascoltata a tutto volume, del sesso, dell’alcol e della droga.