Tirannia privilegio opinione

Il Sabato n.49 – 3 dicembre 1988

Così dovrebbe essere letta la famosa triade. Lo dimostra un’indagine storica

di Mario Marcolla

Liberté, egalité, fraternitè, un Mantra che accompagna i giovani dai banchi di scuola delle elementari a quelli dell’università. Come si sia costruita ed affermata questa triade lo racconta Augustin Cochin. Occorre analizzare bene le opere di Cochin (in Italia ormai fuori catalogo) perché, come ha scritto  Furet, le sue idee tornano prepotentemente alla ribalta nel bicentenario della grande Rivoluzione.

Augustin Cochin incominciò a frequentare gli Archivi nazionali di Parigi, e nel 1904 pubblicò un saggio sulla Campagna elettorale nel 1789 in Borgogna. Nel corso della sua ricerca storica era rimasto colpito dall’uniformità dei cachiers di propaganda elettorale e dall’identità delle formule che, da un capo all’altro della Francia li caratterizzavano.

Il fenomeno presupponeva un centro comune e organizzato dei fermenti rivoluzionari espressi dai circoli filosofici e dai club politici. Cochin volle affrontare il problema penetrandolo a fondo, e cominciò a ricercare  i documenti della provincia francese, perchè gli Archivi nazionali non erano sufficienti.

Dal 1904 al 1908 visitò gli archivi della Bretagna, dove potè studiare e seguire con chiarezza le manovre delle società di pensiero all’origine della Rivoluzione. Dal 1908 al 1914 egli s’impegnò in una vasta ricerca sul periodo del Terrore giacobino. La Meccanica della Rivoluzione (pubblicata in Italia da Rusconi) espone l’idea conduttrice dell’intero lavoro storiografico di Cochin.

L’opera di Cochin esamina il lavoro progressivo compiuto dalla macchina rivoluzionaria nel manipolare i concetti di verità, di libertà, e di giustizia. La falsificazione di questi concetti viene studiata rispettivamente nell’attività segreta delle società di pensiero, nella distruzione dello spirito personale ad opera dell’organizzazione (della macchina come egli la definisce) e nel comunismo del Terrore giacobino.

Pur esaminando un particolare periodo storico, Cochin ci descrive i metodi costanti di sviluppo e di dominio della democrazia totalitaria, di quella che si ispira ai modelli di Rousseau e si identifica con il concetto di Volontà generale. Infatti, dalla Rivoluzione francese in poi il carattere rivoluzionario è presente nelle nostre società come volontà costante di instaurare sul piano intellettuale e politico un ordine artificiale , la cui radice è la determinazione inflessibile e violenta di creare una società totalmente rinnovata e perfetta.

Hippolyte Taine aveva scandagliato a fondo la psicologia dei capi giacobini: Cochin vuole andare al fondo della meccanica sociale che li fa apparire grandi, nonostante la loro mediocricità e trivialità. Nelle società filosofiche prerivoluzionarie l’unione crea una disciplina impersonale, e questa si fonda su un principio e una organizzazione.

Dagli innocui circoli letterari del primo Settecento si passa in tutta la Franzia alla creazione di una Repubblica delle lettere; verso il 1770 questa è una realtà tangibile grazie a Voltaire e agli enciclopedisti. Roustan la chiama setta filosofica e i suoi adepti formano il clero laico. Si ha in tal modo la creazione di una Repubblica ideale a margine di quella vera.

Nelle società di pensiero, spiega lo storico francese, il fenomeno democratico si manifesta nel suo principio e nella sua purezza. Esse sono un «un piccolo Stato governato secondo sue proprie leggi, che non sono mai state applicate in nessun tempo e in nessun luogo: le leggi della democrazia pura, di una repubblica perfetta, in cui il popolo è sempre presente al governo, in cui il potere resta impersonale sino al segreto».

Ciò presuppone il costituirsi di una organizzazione che provvede alla selezione e all’orientamento degli associati. In realtà «il popolo» si identifica con la minoranza dei puri; la libertà corrisponde alla loro tirannia, l’uguaglianza al loro privilegio, la verità alla loro opinione.

E il popolo subisce l’occulta influenza dei padroni che non sa di avere. Il segreto, il ricatto e la violenza sono le vie dell’azione giacobina; l’ignoranza, la debolezza, il terrore, i suoi strumenti.,