La questione del gender nell’ambito educativo

da l’Osservatore Romano 10 Giugno 2019  

Documento della Congregazione per l’educazione cattolica di

Giuseppe Versaldi

Nel pomeriggio di lunedì 10 giugno, la Congregazione per l’educazione cattolica pubblica — sul sito web www.educatio.va — il documento «Maschio e femmina li creò. Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione».

Di seguito due articoli di presentazione del cardinale prefetto della Congregazione e del direttore dell’Istituto Gonzaga di Milano. Nell’ultima decade i vescovi hanno mostrato sempre più attenzione alla cosiddetta questione del gender, ponendo quesiti alla Congregazione per l’educazione cattolica per quanto concerne le scuole e le università cattoliche.

Durante i lavori dell’assemblea plenaria della Congregazione, svoltasi nel febbraio 2017, è affiorata l’emergenza dell’ideologia del gender in ambito educativo ed è stata presa la decisione comune di intervenire con uno scritto su tale delicato tema per aiutare quanti hanno a cuore l’educazione cattolica.

Al riguardo, l’Ufficio scuole ha predisposto un’agenda di lavoro e ha chiesto la collaborazione di esperti nelle diverse discipline (pedagogia, scienze dell’educazione, filosofia, diritto, didattica,…) al fine di redigere una bozza del testo in cui si potessero condividere alcune riflessioni e orientamenti che, pur richiamando la sostanza del dibattito circa la sessualità umana, indicassero principalmente il metodo di intervento di quanti sono impegnati nell’educazione delle nuove generazioni.

In tale modo si intendeva superare ogni inconcludente contrapposizione polemica. Il documento «Maschio e femmina li creò». Per una via di dialogo sulla questione del gender nell’educazione, ora pubblicato dopo la consultazione dei competenti dicasteri della Santa Sede, invita ad affrontare la questione del gender con un approccio dialogico.

In questa materia in cui è alto il rischio di fraintendimenti e conflitti ideologici, risultano opportuni tre atteggiamenti: ascoltare, ragionare e proporre. In primo luogo, quindi, è necessario fare una distinzione tra ideologia e studi sul gender.

Mentre l’ideologia pretende, come riscontra Papa Francesco, «di rispondere a certe aspirazioni a volte comprensibili», ma cerca «di imporsi come un pensiero unico che determini anche l’educazione dei bambini» e quindi preclude l’incontro, non mancano delle ricerche sul gender che cercano di approfondire adeguatamente il modo in cui si vive nelle diverse culture la differenza sessuale tra uomo e donna. In relazione a questi studi è possibile aprirsi all’ascolto, al ragionamento e alle proposte.

Pertanto il documento ripercorre la storia, focalizza i punti di incontro ragionevoli e propone la visione antropologica cristiana. Nel breve itinerario storico appaiono chiaramente alcune criticità alla base di un disorientamento antropologico con la tendenza a cancellare le differenze tra uomo e donna, considerate come semplici effetti di un condizionamento storico-culturale.

L’ideologia del gender «nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna. Essa prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia.

Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina. L’identità umana viene consegnata ad un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo» (Papa Francesco, Amoris laetitia, 2016, n. 56).

Ci sono, tuttavia, alcuni elementi di ragionevole condivisione, come il rispetto di ogni persona nella sua peculiare e differente condizione, affinché nessuno, a causa delle proprie condizioni personali (disabilità, razza, religione, tendenze affettive, ecc.), possa diventare oggetto di bullismo, violenze, insulti e discriminazioni ingiuste.

Un altro aspetto di convergenza sono i valori della femminilità. Nella donna, infatti, la «capacità dell’altro» favorisce una lettura più realistica e matura delle situazioni contingenti, sviluppando «il senso e il rispetto del concreto, che si oppone ad astrazioni spesso letali per l’esistenza degli individui e della società» (Congregazione per la dottrina della fede, Lettera ai vescovi, 2004, n.13).

Si tratta di un apporto che arricchisce le relazioni umane e i valori dello spirito «a partire dai rapporti quotidiani tra le persone». Per questo, la società è in larga parte debitrice alle donne che sono «impegnate nei più diversi settori dell’attività educativa, ben oltre la famiglia: asili, scuole, università, istituti di assistenza, parrocchie, associazioni e movimenti» (Giovanni Paolo II, Lettera alle donne, 1995, n. 9).

Ispirandosi principalmente al documento Orientamenti educativi sull’amore umano. Lineamenti di educazione sessuale — pubblicato dalla Congregazione per l’educazione cattolica il 1° novembre 1983 — il nuovo testo ripropone la visione antropologica cristiana che vede nella sessualità una componente sostanziale della personalità, un suo modo di essere, di manifestarsi, di comunicare con gli altri, di sentire, di esprimere e di vivere l’amore umano.

Pertanto, essa è parte integrante dello sviluppo della personalità e del suo processo educativo: «Dal sesso, infatti, la persona umana deriva le caratteristiche che, sul piano biologico, psicologico e spirituale, la fanno uomo o donna, condizionando così grandemente l’iter del suo sviluppo verso la maturità e il suo inserimento nella società» (Congregazione per la dottrina della fede, Persona humana, 1975, n. 1).

Il testo viene ora affidato ai presidenti delle Conferenze episcopali con la volontà di farlo giungere a quanti hanno a cuore l’educazione, in particolare alle comunità educative delle scuole cattoliche e a quanti, animati dalla visione cristiana della vita, operano nelle altre scuole, ai genitori, agli alunni, ai dirigenti e al personale, nonché ai vescovi, agli istituti religiosi, ai movimenti, alle associazioni di fedeli e ad altri organismi del settore.

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Newman newsletter n.23 venerdì 14 giugno 2019

La Chiesa, il gender e il randello

Trentuno pagine per dire no alla diffusione della teoria gender. Si intitola “Maschio e femmina li creò” il documento di trentuno pagine della congregazione per l’Educazione cattolica diffuso lunedì scorso in cui – per la prima volta – si affronta in modo dettagliato il problema che la diffusione delle teorie gender hanno comportato nell’ambito dell’educazione.

Nell’ultimo decennio sempre più pressanti sono state le richieste di numerosi vescovi di avere una bussola per orientarsi in quest’ambito. Scontata la premessa, e cioè che bisogna affrontare la questione del gender “con un approccio dialogico” perché “è alto il rischio di fraintendimenti e conflitti ideologici”.

Il trionfo dell’opzione individualistica

Il punto di partenza, peraltro già ribadito dal Papa in Amoris laetitia, è che “l’ideologia del gender nega la differenza e la reciprocità naturale di uomo e donna”, prospettando “una società senza differenze di sesso” e svuotando “la base antropologica della famiglia. Questa ideologia induce progetti educativi e orientamenti legislativi che promuovono un’identità personale e un’intimità affettiva radicalmente svincolate dalla diversità biologica fra maschio e femmina.  L’identità umana viene consegnata a un’opzione individualistica, anche mutevole nel tempo”.

Certo, vi sono anche “elementi di ragionevole condivisione”, quali “il rispetto di ogni persona nella sua peculiare e differente condizione, affinché nessuno, a causa delle proprie condizioni personali, possa diventare oggetto di bullismo, violenze, insulti e discriminazioni ingiuste”.

Altro punto positivo ha a che fare con “i valori della femminilità”, visto che “nella donna, la capacità dell’altro favorisce una lettura più realistica e matura delle situazioni contingenti, sviluppando il senso e il rispetto del concreto, che si oppone ad astrazioni spesso letali per l’esistenza degli individui e della società”.

Dimensione fluida

etto ciò, il problema è grave: “Si arriva perfino a teorizzare una radicale separazione fra genere (gender) e sesso (sex), con la priorità del primo sul secondo. Tale traguardo viene visto come una tappa importante dell’evoluzione dell’umanità, nella quale si prospetta una società senza differenze di sesso”.

In una crescente contrapposizione tra natura e cultura, le proposte gender confluiscono nel queer, cioè in una dimensione fluida, flessibile, nomade, al punto da sostenere la completa emancipazione dell’individuo da ogni definizione sessuale data a priori, con la conseguente scomparsa di classificazioni considerate rigide.

Si lascia così lo spazio a sfumature variabili per grado e intensità nel contesto, sia dell’orientamento sessuale, sia dell’identificazione del proprio gender”.

Poliamori, desiderio e affetto

Ancora, “la dualità della coppia, inoltre, confligge con i ‘poliamori’ che includono più di due individui. Pertanto, si constata che la durata del legame – e la sua natura vincolante – si struttura come variabile a seconda del desiderio contingente degli individui con conseguenze sul piano della condivisione delle responsabilità e degli obblighi inerenti la maternità e la paternità.

Tutta questa gamma di relazioni divengono ‘parentele’ (kin-ships), fondate sul desiderio o affetto, contraddistinte molto spesso da un tempo determinato, eticamente flessibili o addirittura consensualmente prive di qualsiasi progettualità. Ciò che vale è l’assoluta libertà di autodeterminazione e la scelta circostanziata di ciascun individuo nel contesto di una qualsiasi relazione affettiva”.

Il “randello” contro la comunità lgbt

La linea, dopotutto, è quella cara a Francesco, che definì il gender l’espressione “di una frustrazione e di una rassegnazione”, “una bomba atomica”, “una guerra mondiale al matrimonio”, “uno sbaglio della mente umana”.

Eppure c’è già chi ha protestato. Padre James Martin, gesuita americano, ha scritto su Twitter che “il documento del Vaticano prende di mira la teoria gender. Giustamente chiede dialogo e ascolto, ma mette da parte le esperienze di vita reale delle persone lgbt.

p. James Martin

Purtroppo sarà usato come un randello contro le persone transgender e una scusa per sostenere che non dovrebbero nemmeno esistere”. Ancora, sostiene Martin, “il documento è principalmente un dialogo con filosofi e teologi e (riprende) altri documenti ecclesiastici.

Ma non con scienziati e biologi né con psicologici e certamente non con le persone lgbt, alle cui esperienze viene dato poco o nessun peso”.

James Martin ha commentato prima sui social e poi su America magazine il documento vaticano, richiamando l’attenzione sulla necessità di ascoltare prima ancora che di condannare.