Dietro l’attacco alla famiglia spunta lo spaventoso progetto transumanista

Osservatorio Internazionale cardinale Van Thuân per la Dottrina sociale della Chiesa

Newsletter n.989 del 3 Aprile 2019

Intervista al prof. Giacomo Samek Lodovici, Filosofo morale relatore al Congresso mondiale delle Famiglie di Verona.di

di Alessandro Cortese

Professore, Lei ha tenuto al Congresso mondiale delle Famiglie di Verona un intervento dal titolo Transumanesimo e felicità. Vuole spiegare che cosa è il transumanesimo? [al tema del Transumanesimo il nostro Osservatorio ha dedicato un fascicolo del “Bollettino di Dottrina sociale della Chiesa – vedi qui ]

Il transumanesimo (che per certi versi è attraente e per altri è molto criticabile) è un movimento di pensiero e di ricerca scientifico-tecnologica sempre più influente, che riceve finanziamenti di milioni di dollari e che coinvolge specialmente filosofi e scienziati. Esso, per voce di molti suoi esponenti, prospetta un trascendimento di quasi tutti i limiti umani, afferma che debelleremo qualsiasi difettosità cognitiva, la fragilità fisica, la malattia e l’invecchiamento e giungeremo perfino a sconfiggere la morte conseguendo, l’immortalità terrena.

Ritiene che tale obiettivo potrà essere raggiunto mediante il prolungamento artificiale della vita, le nanotecnologie e i microchip innestati dentro di noi, tramite l’intelligenza artificiale e/o il mind-uploading della memoria del soggetto in supporti informatici indistruttibili, ecc. Per tutti gli autori transumanisti bisogna avvalersi delle tecnoscienze per rifare radicalmente l’essere umano, che è da ri-creare.

Che cosa lo collega al tema della famiglia?

Per diversi esponenti del transumanesimo i mezzi per raggiungere un’umanità transumana e una felicità transumana sono anche la scelta del proprio genere-gender sessuale, la fecondazione artificiale, la maternità surrogata, l’eugenetica, le sostanze psicotrope (droghe), la pornografia, le sex dolls.

Infatti, per diversi transumanisti, la felicità transumana sarà una sommatoria quantitativamente illimitata di piaceri ottenuta tramite la stimolazione micromeccanica o farmacologica dei centri cerebrali del piacere. In tal senso, per alcuni transumanisti, l’esistenza degli altri potrà divenire superflua: la felicità sarà prodotta totalmente nella nostra mente.

L’esistenza degli altri diventerà superflua anche per sperimentare il piacere sessuale: l’orgasmo lo proveremo da solitari, sarà autoerotico, sarà ottenuto mediante la stimolazione cerebrale dei neuroni del piacere, o tuttalpiù tramite la fruizione di pornografia o l’utilizzo di sex dolls. Ebbene, è chiaro che in una simile prospettiva il matrimonio viene radicalmente archiviato.

La Dottrina sociale della Chiesa afferma che la famiglia naturale tra uomo e donna e la dignità della vita umana sono principi non negoziabili, riconoscibili come tali non soltanto da parte di chi ha fede, ma anche sulla base della sola ragione. La cultura di oggi, però, non li accetta, ritenendoli per lo più valori confessionali. Perché siamo arrivati a questa situazione anche in parte del mondo cattolico?

Nel mondo cattolico siamo arrivati a questa situazione per influsso, soprattutto (ci sono infatti altre cause) del fideismo di matrice luterana, che ha sminuito il ruolo della ragione. Ad ogni modo, la valorizzazione (per  es.) del matrimonio è precristiana ed è di pertinenza già della ragione naturale. Si potrebbero citare molti autori, ma mi limito solo a tre.

Aristotele scrive che «L’amicizia tra marito e moglie […] è naturale: l’uomo, infatti, è per sua natura più incline a vivere in coppia che ad associarsi politicamente, in quanto la famiglia è qualcosa di anteriore e di più necessario dello Stato» (Etica Nicomachea, 1162a 16 e ss.).

Cicerone scrive che «La prima forma di società consiste nel matrimonio stesso, la seconda nei figli, quindi la casa è unita, tutto è in comune: ora precisamente questo è il principio della città e, per così dire, il seminario della Res Publica» (I doveri, I, 17, 54).

E Musonio Rufo (che vive nel I secolo, quando ormai il cristianesimo è iniziato, ma che non è cristiano) scrive: «È evidente che secondo natura, se mai altro, è proprio il matrimonio» e «principio del fondamento di una famiglia è il matrimonio. Di conseguenza, colui che sottrae agli uomini il matrimonio, elimina la famiglia» e «il genere umano non potrebbe sussistere in assenza di procreazione, né, in assenza di nozze, potrebbe sussistere la procreazione, almeno quella giusta e legittima» (Diatribe, n. XVII, ovviamente non posso adesso fare commenti su ogni parola di questa citazione).

Il cristianesimo poi ha aggiunto circa il matrimonio un incremento di comprensione teologica e sacramentale.

Oggi sembra di essere giunti, a livello legislativo e culturale, a una quasi completa privatizzazione della famiglia. Quali sono le ragioni per le quali la famiglia possiede un ruolo sociale importantissimo?

È cruciale sottolineare che la famiglia non è un fatto privato, bensì è un istituto che è un bene di rilievo eminentemente pubblico come minimo (ma non posso essere esaustivo) per i seguenti motivi (ne ho illustrati altri nel mio La socialità del bene, ETS 2017).

– Perché è luogo (tra l’altro statisticamente privilegiato) della generazione di nuovi esseri umani, ed è ovvio che la continuazione della società è uno dei beni comuni preminenti.

– Perché è il luogo in cui massimamente il piccolo d’uomo riceve quel riconoscimento-affetto che attiva le sue principali capacità psicologiche, cognitive, ecc., quelle capacità che gli consentono di autoconsistere e perciò di continuare l’umana società.

– Perché il bambino vi impara la grammatica della relazione rispettosa con l’altro da sé (e con un altro da sé – in particolare con i fratelli e sorelle, se li ha – che non sceglie, bensì con cui si trova a dover imparare a convivere) e tale capacità di rispetto poi si potrà declinare nei vari rapporti intersoggettivi.

– Perché è luogo dove (tranne i casi di famiglie patologiche) si incoraggia il piccolo d’uomo a interagire anche al di fuori della famiglia, avviandolo alla socialità, la quale è una componente intrinseca del bene comune.

– Perché l’economia si regge (anche) sui consumi e questi richiedono ovviamente soggetti che facciano acquisti, perciò una crisi demografica diminuisce il numero dei soggetti che comprano cose, prodotti, servizi, ecc., e dunque produce crisi economiche. Indebolendo la famiglia, in generale promuovendo la provvisorietà e l’instabilità dei legami interpersonali, promuovendo la società liquida (cfr. Baumann) e una società composta il più possibile di single, e in più destabilizzando il matrimonio, si indebolisce per ciò stesso la culla della vita, l’ambiente in cui maggiormente (lo dicono le statistiche) gli esseri umani sono propensi a generare figli, cosicché diminuiscono i soggetti che acquistano.

– Perché quando ci sono pochi giovani e molti anziani lo Stato deve aumentare le tasse per pagare le pensioni, per finanziare i servizi e il Welfare, eccetera. Ma, presto o tardi, i costi di una popolazione sempre più anziana non possono più essere sostenuti dai giovani. In aggiunta, se le tasse aumentano ed impoveriscono i cittadini, essi hanno meno soldi da investire e da spendere, perciò, se gli investimenti e gli acquisti si contraggono, l’economia arretra e può andare in crisi.

– Perché dove si sfascia la famiglia, crescono, anzi dilagano, proprio la sofferenza psichica, la violenza e la criminalità, come documentano decine di studi scientifici.

Quale può essere la strada per risalire la china e promuovere la tutela della vita e della famiglia?

Io credo che sia necessario procedere sia sul piano culturale sia su quello giuridico-politico, quindi non aut aut, bensì et et: l’educazione e la cultura sono fondamentali ed imprescindibili (non a caso io faccio il docente), ma ci vogliono (almeno in certi momenti) anche le battaglie politico-giuridiche.

Per quale motivo?

Da una parte, la cultura è molto importante: quando la cultura prevalente avversa una legge che è (per esempio) pro-life, tale legge viene trasgredita molto spesso da persone che cercano di rimanere impunite. Viceversa, pur in presenza di una legge anti-life, se tuttavia si diffonde largamente una cultura pro-life, il ricorso alle pratiche anti-life permesse dalla legge può calare drasticamente.

In più, se una cultura è in prevalenza anti-life, una legge pro-life ha davvero poche chances di resistere nel tempo alla volontà di smantellamento dei parlamentari di turno.

Dall’altra, come ho già detto in varie occasioni, le leggi incidono in modo notevole proprio sulla cultura perché producono una certa mentalità nelle persone: non soltanto disciplinano le situazioni sociali esistenti, ma inoltre le modificano, cioè esercitano un forte impatto sui modi di pensare e valutare, e quindi sul costume, un impatto che dipende dal messaggio che tali leggi esprimono, dato che assai spesso il ragionamento delle persone è: «se un’azione è legale/illegale allora è anche morale/immorale».

In più, le leggi influiscono sui comportamenti umani perché le sanzioni e le pene hanno un’ovvia efficacia deterrente (perlomeno quando le leggi regolano gli aspetti fondamentali e decisivi delle relazioni interpersonali, improntandole al rispetto reciproco: gli effetti reattivi a certe leggi accadono quando un sistema giuridico è talmente ramificato che si ingerisce con divieti in quasi tutti gli ambiti della condotta).

Proviamo a depenalizzare i furti e stiamo certi che aumenteranno clamorosamente; similmente, le uccisioni nascoste dei soggetti malati ci saranno sempre, ma saranno sempre molto meno numerose di quelle praticate dove l’uccisione eutanasica è legale.