La guerra santa islamica contro Lenin e i bolscevichi

da Il Giornale 21 Febbraio 2019

Lenin si affrettò ad assicurare a turkmeni, kazaki, uzbeki, kirghisi, tagiki “libertà e autonomia”

di Rino Cammilleri

Nel saggio di Alberto Rosselli Breve storia della guerra civile russa 1917-1920 (Archivio Storia, pagg. 110, euro 14,50) un capitolo è dedicato a un episodio poco noto, la «guerra santa» islamica contro i bolscevichi all’indomani dell’avvento al potere di Lenin. Il quale sapeva che nelle regioni musulmane dell’ex impero zarista, la cui completa colonizzazione era piuttosto recente, i russi erano considerati poco meno che invasori.

Perciò si affrettò ad assicurare a turkmeni, kazaki, uzbeki, kirghisi, tagiki «libertà e autonomia»: nel 1918 cominciarono a spuntare governi provvisori e repubbliche indipendenti asiatiche. Ma non avevano capito niente del bolscevismo. Infatti, Lenin mandò l’Armata Rossa, che aveva appena sconfitto i «bianchi» del generale Wrangel in Crimea.

Centinaia di capi islamici vennero eliminati e il potere dei soviet fu instaurato dovunque. E subito, nel 1919 si scatenò la rivolta jihadista, con a capo Irgash, che unì le tribù asiatiche nella guerra santa contro i bolscevichi.

Gli insorti erano i Basmachi, che in lingua uzbeka sta per «brigante». Niente di nuovo sotto il sole: chi resiste a un potere totalitario passa alla storia come fuorilegge; i vandeani, gli insorgenti italiani, i cristeros messicani…

I Basmachi, 30mila guerriglieri a cavallo, diedero non pochi pensieri a Lenin, il quale giocò un’altra carta: il turco Enver Pascià, già leader del partito dei Giovani Turchi che avevano sterminato gli armeni.

Lenin nel 1921 lo mandò a Bukhara in Uzbekistan per convincere i mullah ad accettare il nuovo potere rosso. Ma Enver voleva la creazione di un vasto stato «panturanico» a egemonia turca che comprendesse tutta l’Asia islamica e l’Anatolia. E diventò la guida del jihad.

Con la sua morte sul campo, nel 1922, non cessò la guerriglia. Fu Stalin, a chiudere la questione. Eliminò 10mila capitribù, abolì il nomadismo degli allevatori, mise alla fame tutti quelli che rifiutavano di lavorare nelle comuni agricole gestite da funzionari russi. Moltissimi pastori e mandriani preferirono riparare oltre il confine cinese.

Ma non per questo cessò la lotta degli irriducibili, che continuarono ad attaccare le guarnigioni sovietiche anche durante la seconda guerra mondiale. Erano circa 2500 jihadisti, suddivisi in una novantina di bande armate. Nel 1945 cominciò la campagna di bonifica che nel ’47 poteva considerarsi conclusa.

Dei Basmachi non si parlò più per decenni. Oggi hanno cambiato nome.

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Per saperne di più:

La rivolta dei Basmachi: quando i mussulmani del centro Asia cercarono di ribellarsi a Mosca