L’irruzione della bruttezza

Les Damoiselles d’Avignon di P. Picasso

Da Il Timone n.179 Dicembre 2018

Il prorompere del brutto nell’arte contemporanea è una modalità della guerra contro la ragione umana come principio a cui spetta indirizzare le azioni, e a volte anche contro Dio

di Roberto Marchesini

A cosa è dovuto l’irrompere del brutto nell’arte contemporanea (e, di conseguenza, nella nostra vita)? È semplicemente la conseguenza di un venir meno del bello?

Lotta contro il logos/Logos

Purtroppo no: si tratta di una strategia della guerra culturale che da secoli si combatte contro il cattolicesimo e, più in generale, contro il logos/Logos: contro l’armonia, contro la ragione umana come principio a cui spetta presiedere alle nostre scelte ed azioni in vista del bene, e a volte anche contro Dio, che è la Ragione (e l’Amore) di cui la nostra ragione (come la nostra volontà-amore) è imago.

Ogni arte è la manifestazione di un pensiero. L’arte classica, ad esempio, è l’espressione di un pensiero metafisico: il suo obiettivo è quello di rappresentare le cose come dovrebbero essere (non come sono in realtà). L’arte romantica celebra (con la letteratura, la pittura…), spesso, il trionfo delle passioni. L’arte verista o naturalista è un’arte materialista; e così via. E l’arte tardomoderna e contemporanea? Ha, spesso, salvo eccezioni (Tolkien, Chagall, Mahler, ecc.: non vogliamo generalizzare, sia chiaro), lo scopo esplicito di stravolgere il senso comune del bello, dell’ordine e dell’armonia. Qualche esempio chiarirà il concetto.

La rivoluzione attraverso l’arte

Frederich Nietzsche

Richard Wagner (che pur ha composto anche musiche molto belle, sia chiaro) combatté sulle barricate a Dresda accanto al rivoluzionario professionista Mikhail Bakunin, nel 1848. Dopo il fallimento dei disordini, Wagner si ritirò a riflettere, dopodiché pubblicò un libretto intitolato La Rivoluzione nell’arte (che influenzò moltissimo Nietzsche), in cui riassume le sue conclusioni: la rivoluzione non si fa combattendo sulle barricate, bensì con l’arte. L’arte è lo strumento più efficace per la guerra contro il Logos. Da quel momento abbandonò completamente la musica tonale per dedicarsi allo studio e all’uso della musica cromatica (Wagner ha talvolta anche espresso un senso religioso, per es., nel Parsifal, che fu deplorato da Nietzsche, in

Nietzsche cantra Wagner). La musica tonale rispecchia la sensibilità spontanea dell’uomo (è «naturale»), è gerarchica (organizzata attorno ad un suono centrale, la nota «tonica») e teleologica (orienta l’ascolto verso la conclusione del brano). La musica cromatica trasgredisce tutte queste regole naturali: non ha gerarchie tra le note, non ha una tonica dominante e non è orientata verso una conclusione (è la musica, per intenderci, usata, non a caso, nella colonna sonora del celebre Shining di Kubrick, un film horror che ha un’atmosfera allucinata).

Un altro esempio è dato dal celebre pittore Pablo Picasso, che ruppe gli schemi pittorici classici “inventando” il cubismo. In realtà, Picasso non fece altro che sostituire i volti delle Demoiselle d’Auignon (prostitute che frequentava e con le quali aveva recentemente litigato) con delle maschere africane che aveva visto poco prima ad una mostra. L’Africa era considerata, razzisticamente, una terra «senza logos»: una terra nella quale le leggi morali e religiose (soprattutto quelle riguardanti la sessualità) non avevano giurisdizione.

Così Picasso: «Quando ho scoperto l’arte negra, e ho dipinto quel che si dice la mia epoca negra, era per opporsi a ciò che nei musei era indicato come “bellezza”». Altre citazioni dello stesso autore chiariranno meglio il concetto: «La mia adesione al Partito Comunista è il seguito logico di tutta la mia vita, di tutta la mia opera. […] Sì, ho coscienza di avere sempre lottato con la mia pittura come un vero rivoluzionario»; e ancora: «La pittura non è fatta per decorare gli appartamenti. È uno strumento di guerra offensiva e difensiva contro il nemico». E chi potrebbe essere questo «nemico» se non il Logos?

Un capovolgimento antropologico

Potremmo anche citare Byron e Shelley, attivamente impegnati a realizzare la Seconda Rivoluzione Sessuale (dopo la Prima, quella illuminista, che vide il suo vertice nel marchese de Sade; e anteriormente alla Terza, che accompagnò il Sessantotto). Essi non trovarono niente di meglio, per abbattere le leggi morali e religiose che regolano la sessualità umana, che sfruttare il Romanticismo. Il Romanticismo – scrisse Huysmans, un romantico pentito – ruota attorno a un solo tema: l’adulterio (talvolta l’incesto; Huysmans esagera, perché i temi sono anche altri, ma comunque evidenzia un tema molto frequente).

Nel romanzo romantico (da non confondersi con le storie d’amore medievali come Paolo e Francesca, Romeo e Giulietta…) la trama è spesso quella: c’è una coppia sposata e un terzo; tra la moglie e il terzo scoppia la passione e il marito si oppone. Lo svolgimento del romanzo relega il marito tradito nella posizione del ‘cattivo’, mentre il lettore è indotto a fare il tifo per gli adulteri. Il lieto fine prevede la consumazione della passione sessuale tra i due amanti. Traduciamo: assecondare le passioni è sempre buono, le leggi morali e religiose che regolano matrimonio e sessualità sono cattive.

Potremmo continuare a lungo, ma ormai abbiamo capito il meccanismo: l’arte è un’arma (molto efficace) nella guerra culturale contro il Logos e la legge morale naturale. Ed ecco spiegato l’irrompere del brutto nell’arte: non si tratta di un decadimento del senso del bello, o almeno non solo. Si tratta di una strategia per devastare e distruggere la sensibilità delle persone per la bellezza, l’ordine e l’armonia. Per rovesciare l’antropologia classica – che vede la ragione, in sinergia con la volontà, a capo della persona – e sostituirla con un’altra antropologia, nella quale la persona è dominata dalle passioni, che (per i classici) non devono essere estirpate e mortificate, ma vanno coltivate ed educate.

Non si tratta di un processo spontaneo, bensì di una strategia tanto tremenda quanto efficace per allontanare gli uomini dal Logos, che si è incarnato nella persona di Gesù. In principio era il Logos, e il Logos era presso Dio, e il Logos era Dio. Così scrive san Giovanni iniziando il Vangelo, presentando Gesù. L’arte tardomoderna e contemporanea, spesso, non è altro che uno strumento nella lotta eterna tra il Bene e il male.

Per saperne di più

Marchesini La Rivoluzione nell’arte.Una sfida alla bellezza del creato, D’Ettoris 2016.

H. Sedlmayr La rivoluzione dell’arte moderna. Memorandum sull’arte ecclesiastica cattolica, Cantagalli, 2006.

Id Perdita del centro Le arti figurative dei secoli XIX e XX come sintomo e simbolo di un’epoca, Borla 1983