Il giudizio di Plinio Corrêa de Oliveira sulla prima Guerra mondiale e le sue conseguenze

da Tradizione Famiglia Proprietà

Giugno 2014

Lo scopo di questo articolo è quello di illustrare il giudizio del prof. Plinio Corrêa de Oliveira sulla prima Guerra mondiale e le sue conseguenze, attraverso alcuni suoi scritti. Per il pensatore cattolico, la guerra ‘14-18 non fu il frutto di circostanze fortuite, né soltanto la conseguenza di intrighi internazionali. Fu un episodio, violento e sanguinoso, del grande processo rivoluzionario che, ormai da cinque secoli, stava distruggendo la Cristianità.

di Juan Gonzalo Larraín Campbell

Nel suo libro «Rivoluzione e Contro Rivoluzione», descrivendo la crisi dell’Occidente cristiano, il dott. Plinio spiega: “Il processo critico di cui ci stiamo occupando è, come abbiamo detto, una rivoluzione. Usiamo questo vocabolo per indicare un movimento che mira alla distruzione di un potere o di un ordine legittimo e all’instaurazione al suo posto di uno stato di cose (intenzionalmente non vogliamo dire ‘ordine di cose’) o di un potere illegittimo. In questo senso, a rigore, una rivoluzione può essere incruenta. Quella di cui ci occupiamo, si è svolta e continua a svolgersi con ogni genere di mezzi, alcuni dei quali cruenti e altri no. Le due guerre mondiali di questo secolo, per esempio, considerate nelle loro conseguenze più profonde, sono suoi capitoli, e dei più sanguinosi; mentre la legislazione sempre più socialista di tutti o quasi tutti i popoli odierni costituisce un progresso importantissimo e incruento della Rivoluzione” (1).

La miopia degli statisti europei nell’Ottocento

Secondo il pensatore cattolico brasiliano, l’esplosione del 1914 fu l’esito inesorabile della miopia degli statisti europei nell’Ottocento, assorbiti da stretti problemi nazionali mentre bruciava il continente. In uno scritto del 1936, in occasione della Conferenza Panamericana convocata dal presidente statunitense Franklin D. Roosevelt, egli ammoniva: “Non possiamo ripetere in America il grande errore politico che caratterizzò la diplomazia europea nel secolo trascorso fra la caduta di Napoleone e la Grande guerra.

“Tra il 1815 e il 1914 l’Europa era divorata dalle fiamme dell’incendio rivoluzionario iniziatosi nel 1789. Le forze anti-monarchiche e anti-sociali infierivano su tutti i paesi europei, scuotendo i troni, assalendo le istituzioni religiose, sconquassando ogni pezzo del vecchio edificio europeo di Filippo II e di Luigi XIV.

“Di fronte a tale assalto rivoluzionario, che misure prendevano le monarchie europee? Praticamente nessuna. Se si fossero unite, le cancellerie europee avrebbero potuto schiacciare l’idra rivoluzionaria in poche mosse. Disunite, sarebbero state divorate dalla stessa idra. Purtroppo, prevalse la seconda scelta. Perché? Perché l’unione di tutte le forze conservatrici avrebbe supposto una vasta intesa internazionale. La miopia degli statisti europei, però, li portava a non vedere, nel terreno della diplomazia, se non angusti problemi economici e microscopiche questioni nazionali.

“Mentre si versavano fiumi di sangue per il possesso di un paio di metri di terra nello Schleswig-Holstein, nell’Alsazia-Lorena, in Silesia o nei Balcani, nemmeno una goccia di sangue fu versata in difesa della struttura politica e sociale dell’Europa. L’unica, gloriosa, eccezione a questa regola generale fu il sangue eroicamente versato dai martiri di Castelfidardo e di Mentana.

“Il risultato di questa miopia non si fece aspettare. Mentre i monarchi europei si consumavano in lotte sterili per estendere i loro imperi, la Rivoluzione scavava la fossa nella quale sarebbero stati sepolti. Così, l’Europa cristiana e monarchica del 1815 diventò l’Europa laica e repubblicana del 1918” (2).

La distruzione della Cristianità

Nel 1945 Plinio Corrêa de Oliveira scrisse un lungo saggio gettando uno sguardo panoramico sulla prima metà del secolo XX. Ecco come descriveva, metaforicamente, gli anni successivi alla prima Guerra mondiale: “Sarà molto difficile per gli storici del futuro comprendere, come la comprendiamo noi, l’epoca agitata, crepuscolare, indecisa nella quale irruppero nel mondo i partiti totalitari. Bisogna aver vissuto fra il 1920 e il 1925 per capire l’immane caos ideologico in cui versava l’umanità. Il cristianesimo sembrava un enorme edificio in fase finale di demolizione. Non si risparmiava nessuno sforzo per portare a termine questa distruzione. Ovunque, specialisti silenziosi strappavano le pietre dalle mura, tiravano giù gli architravi, scardinavano le porte e portavano via le finestre. Questo lavoro, fatto con la segretezza, l’astuzia e l’agilità di cospiratori, avanzava in modo freddo e implacabile, senza perdere un attimo. I demolitori si davano il cambio. Di giorno o di notte, mentre gli altri uomini si divertivano, dormivano, lavoravano o passeggiavano, i demolitori non si fermavano. Mostri con fattezze umane assalivano le vetuste mura della Cristianità, con un furore delirante e impetuoso, come se stessero attaccando non un edificio di pietra, ma uno di carne, un grande corpo vivente. Masse arrabbiate sfondavano le porte e si calavano dalle finestre, saccheggiavano le reliquie indifese e i tesori abbandonati, spaccavano le vetrate, profanavano gli altari, distruggevano le immagini, abbattevano torri millenarie, finora inespugnate. A una certa distanza, turbe di randagi cercavano i relitti della Casa di Dio per costruire con essi le strutture stravaganti e sensuali dell’orgogliosa Città del demonio.

“Questo è appena un’allegoria. Nessuna allegoria, però, nessuna immagine, nessuna descrizione potrà mai ritrattare la confusione di quei giorni del post-guerra” (3).

L’egemonia occidentale si sposta dall’Europa tradizionale agli Stati Uniti livellatori

Nello stesso saggio, dopo aver descritto il processo rivoluzionario tra il 1789 e il 1918, Plinio Corrêa de Oliveira afferma: “Nel 1918 un soffio rivoluzionario spazzò l’Europa. Lo zarismo crollò strepitosamente, lasciando al potere il comunismo. Tutta la vita intellettuale e sociale si staccò ancor di più dal passato. In Occidente, l’egemonia si spostò dall’Europa tradizionale agli Stati Uniti livellatori” (4).

L’“americanismo”: una conseguenza della guerra

José Gustavo de Souza Queiroz fu un amico della prima ora e compagno d’armi del dott. Plinio. Morì nel 1946 in giovane età, lasciando in eredità alcune proprietà che diventeranno le prime sedi della futura TFP. Descrivendone la personalità, nelle “Note biografiche” che accompagnano la sua traduzione dell’opera di Joseph de Maistre sull’Inquisizione, Plinio Corrêa de Oliveira commenta l’“americanismo” degli anni ‘20:

“Il collegio è un microcosmo in cui si riflettono, spesso con esagerazione e a volte anche in modo tempestoso, le preoccupazioni, le idee, le tendenze dell’ambiente domestico e sociale di ogni studente. Nel tempo in cui José Gustavo era un ragazzo, soffiavano fortissime le raffiche del dopoguerra. La Prima guerra mondiale provocò una vera rivoluzione che rovesciò vari troni in Europa e democratizzò i costumi in tutto il mondo.

“Le maniere dette ‘americane’ dominavano totalmente le nuove generazioni. E per ‘maniere americane’ voglio dire i modi impudenti e bruti dei ragazzi, la sensualità precoce e sfrenata, lo spirito di rivolta contro ogni legge e ogni autorità, atteggiamenti in cui erano esimi i cow boys che vedevamo nel cinema. Lontano dagli sguardi supervisori degli insegnanti e dei genitori, anche nelle migliori scuole i modi, le opinioni, i temi di conversazione, tutto era improntato a questo ‘americanismo’ dirompente” (5).

La scienza e il progresso non hanno risolto i problemi

Commentando le rivelazioni della Madonna a Fatima, il dott. Plinio denunciava lo stato d’animo ottimista che contraddistingueva la Belle Époque, e la cecità riguardo ai veri problemi dell’epoca. Ottimismo poi smentito, appunto, dalla Grande guerra: “I fatti contemporanei più significativi sono: (…) Una crisi universale. La società ostentava nei primi anni di questo secolo, cioè fino al 1914, un aspetto brillante. Il progresso regnava indiscusso in tutti i terreni. La vita economica aveva raggiunto una prosperità senza precedenti. La vita sociale era facile e attraente. L’umanità sembrava avviarsi verso un periodo d’oro. Alcuni pochi sintomi stonavano da questo sfarzo. C’era miseria materiale e morale. Ma erano in pochi a misurare l’importanza di queste lacune. La maggior parte pensava che la scienza e il progresso avrebbero risolto tutti i problemi. La prima Guerra mondiale pose una terribile smentita a tale ottimismo. Anzi, i problemi si aggravarono fino al 1939” (6).

Il tempo di Dio arriverà

Chiudiamo, riferendo il giudizio, durissimo, di Plinio Corrêa de Oliveira sui massimi responsabili della catastrofe del 1914-1918, con le sue sequele. Si tratta di un articolo scritto “col cuore indignato e l’anima sanguinante” nel 1937 in occasione dell’Anschluss, cioè l’annessione dell’Austria da parte della Germania nazista. Il pensatore cattolico vi denuncia il connubio fra i “Cesari totalitari” e i “sinedri liberali”:

“La drammatica scomparsa dalla mappa europea dell’Austria cattolica, calpestata con brutalità criminale dagli stivali nazisti, rende opportuna una visione politica retrospettiva, che facciamo col cuore indignato e l’anima sanguinante. Più di qualsiasi argomento teorico, questa retrospezione mostrerà il connubio dei Cesari totalitari e dei sinedri liberali, lavorando insieme per crocifiggere di nuovo il Divino Salvatore, rappresentato oggi dalla Santa Chiesa.

I. Di fronte alla situazione disperata delle truppe tedesche durante il passato conflitto, l’imperatore Guglielmo II cedette alle promesse allettanti di certi poteri occulti. Fece trasportare segretamente Lenin dalla Svizzera in Russia. La spedizione si realizzò in un treno d’acciaio sigillato in partenza per impedire la diffusione del virus comunista in Germania. La rivoluzione ambita esplose quindi in Russia, portando al potere i bolscevichi. I comunisti ricompensarono Guglielmo II firmando la pace di Brest-Litovsk, molto vantaggiosa per la Germania.

“Il cristiano Guglielmo II tradì la causa di Cristo. L’Imperatore tradì la causa dell’Ordine. Ma Dio ha il suo tempo. Per Guglielmo II, il tempo di Dio non tarderà.

II. Nell’ultima fase della Grande guerra, un cataclisma spaventoso coprì di sangue la Russia. Fatta la pace, ci si aspettava che le potenze occidentali vi intervenissero per riportare il paese all’ordine. La Gran Bretagna e la Francia, invece, contemplarono con indifferenza la vittoria comunista in Russia. Oltre a qualche protesta platonica, non mossero un dito per difendere le popolazioni cristiane perseguitate, né per riportare sul trono la Famiglia imperiale che, anzi, fu vilmente assassinata a Ekaterinburgo.

“Cristiana, la monarchia inglese tradì la causa di Cristo e il principio monarchico. Cristiana anch’essa, la borghesia che governava la Francia tradì la causa di Cristo e il principio della proprietà privata. Non avevano tempo per pensare a Cristo e alla civiltà cristiana. Pensavano solo a come spartirsi le spoglie, ancora palpitanti, degli imperi vinti. Bisognava raccogliere il frutto della vittoria. Riguardo a Cristo, che si arrangi! In questo modo, 155 milioni di anime furono lasciate senza difesa di fronte alla propaganda atea e alla persecuzione religiosa.

“Ma Dio ha il suo tempo. E per l’Inghilterra e la Francia, il tempo di Dio non tarderà.

III. Il virus comunista si diffuse dalla Russia alla Germania, all’Austria e all’Ungheria. Guglielmo II vide con rammarico che il fuoco che egli aveva appiccato nella casa del vicino, ora avvampava in casa sua e in quella degli alleati. Cadde l’orgogliosa monarchia creata da Bismark, e l’altero Kaiser finì a terra. Nel frattempo, Francia, Gran Bretagna e gli Stati Uniti vedevano con malcelato piacere come il socialismo si diffondeva nell’Europa centrale, indebolendo e demoralizzando ulteriormente le potenze perdenti. Quanto a Cristo, che si arrangi!

IV. Nel trattato di Versailles, la Germania fu diminuita nel suo territorio e umiliata nel suo morale. La perdita delle colonie e il peso insopportabile delle riparazioni di guerra schiacciarono il popolo tedesco. Di conseguenza, crebbe il malcontento e il socialismo. La Santa Sede chiese clemenza per i vinti, ma i poteri occulti sorridevano nell’ombra. Il principale perdente non era la Germania, ma Cristo, contro cui si scatenò, in Russia e nell’Europa centrale, la furia dei comunisti.

V. Molto più perseguitata della Germania fu, però, l’Austria. Sebbene comprendesse un’importante minoranza protestante, agli occhi dei poteri occulti, l’Austria era colpevole di un reato imperdonabile: essere una potenza cattolica. La disparità di trattamento degli Alleati nei confronti della Germania e dell’Austria è scioccante. La Germania fu umiliata e mutilata, ma sopravvisse. L’Impero austro-ungarico fu squartato, ne rimase solo l’Austria germanica, che a stento riuscì a sopravvivere. Mentre Guglielmo II, ritenuto dagli stessi Alleati il massimo colpevole della Guerra, soggiornava tranquillamente a Doorn, in Olanda, l’imperatore Carlo d’Austria moriva di tubercolosi a Madeira, Portogallo, povero come Giobbe, ma come lui mirabilmente rassegnato. Nessun governante del mondo osò venire in suo aiuto. Abbandonato da tutti, l’ultimo imperatore della Casa d’Austria morì come un paria. Solo la Chiesa lo confortò nella sua agonia. Eppure, asceso al trono alla fine della guerra, su di lui non pesava la benché minima colpa per il conflitto. Anzi, aveva cercato in ogni modo la pace. La sua unica colpa era di essere cattolico. Ma verrà il tempo di Dio. (…)

XIII. Appoggiato dal cancelliere Franz von Papen, il traditore dei cattolici tedeschi, il signor Adolf Hitler prese il potere in Germania. E il tempo di Dio cominciò ad arrivare per la Francia e l’Inghilterra. ( … ) Nel 1935, consolidatosi l’asse Roma-Berlino, Hitler cominciò a chiedere imperiosamente l’annessione dell’Austria alla Germania. Mentre le potenze alleate scuotevano la testa, ma restavano immutate, l’Italia esprimeva discretamente il suo gradimento. (…)

XIV. Di Mussolini, nelle cui mani sta la direzione di uno dei popoli più nobili e più cattolici del mondo, è meglio non parlare. Il Führer lo ringraziò con un telegramma benevolo e generoso: “Non dimenticherò il vostro gesto”. “Ma neanche Dio dimentica. E il Suo tempo sta per arrivare” (7).

Fin qui le parole profetiche scritte da Plinio Corrêa de Oliveira nel 1937. Due anni dopo, con lo scoppio della seconda Guerra mondiale, l’ora di Dio arrivò per quasi tutti i popoli europei.

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1. Plinio Corrêa de Oliveira, Rivoluzione e Contro-Rivoluzione, Luci sull’Est, Roma 1998, p. 57.

2. Id., Os mexicanos, nossos irmãos, in “Legionário”, n. 220, 29 novembre 1936.

3. Id., A grande experiência de 10 anos de luta, in “Legionário”, n. 666, 13 maggio 1945.

4. Ibid.

5. Id., Notas Biográficas sobre o Sr. José Gustavo de Souza Queiroz pelo Prof. Plínio Corrêa de Oliveira, in “Cartas sobre a Inquisição Espanhola”, Revista Leituras Católicas, Anno LIX, settembre 1949, n. 712.

6. Id., Fátima explicação e remédio da crise contemporânea, in “Catolicismo”, n. 29, maggio 1953.

7. Id., A conjuração dos Césares e do Sinédrio, in “Legionário”, n. 288, 20 marzo 1938.