In Giappone ormai perfino il karaoke è un gioco che si fa da soli

da Tempi.it 15 novembre 2018

C’è pure un neologismo (ohitorisama) per descrivere quelli che preferiscono la solitudine. E i guru del marketing si adeguano

Cristian Martini Grimaldi

Articolo tratto dall’Osservatore Romano – Viaggiando attraverso il Giappone rurale, tra piccoli villaggi e partecipando a numerosi matsuri — sagre locali che prendono vita soprattutto durante il periodo estivo — si riscontra la presenza di numerosi viaggiatori solitari. Ci riferiamo a quei ragazzi, mediamente tra i 25 e i 30 anni di età, che zaino in spalla decidono di esplorare il paese nella modalità apparentemente più pratica, in solitudine. Il fatto di per sé non costituisce qualcosa di particolarmente insolito ma se letto alla luce delle nuove tendenze in crescita nel resto del paese può invece essere indicativo della diffusione tra le nuove generazioni di uno stile di vita molto particolare, tutto rivolto alla ricerca di attività da svolgere in solitudine.

Secondo gli analisti giapponesi addirittura un terzo di tutte le abitazioni in Giappone sarebbe occupato da una sola persona. Se il profilo demografico del paese è questo non ci si può sorprendere se da qualche anno è in forte crescita un mercato orientato sui single, anzi sarebbe più esatto dire su “coloro che sono soli”: qui ci si riferisce al neologismo giapponese inventato proprio per descrivere questo tipo di fenomeno, ovvero ohitorisama.

Il karaoke, per molti aspetti l’attività sociale archetipica nel Sol Levante, è un esempio calzante. Sei anni fa, la catena di karaoke Koshidaka si rese conto che circa il 30 per cento dei suoi clienti preferiva cantare in piena solitudine. Se si pensa che la macchina del karaoke fu inventata negli anni ’70 come alternativa al classico gioco da tavolo, ovvero un mezzo per stimolare alla socializzazione durante cene o festeggiamenti, è evidente che parliamo di un vero e proprio mutamento antropologico in corso nella gioventù giapponese, come quando dal computer di casa, uno per tutta la famiglia, si è passati al telefonino personale.

Ecco allora che l’azienda Koshidaka colse al volo la nuova tendenza in atto e prese a istallare degli uno-kara, ovvero minuscole cabine per “cantanti solisti”. Molti clienti che si presentano da soli ai karaoke hanno affermato che il piacere di cantare da soli è derivato dal fatto che ci si può sottrarre al “fastidio” di dover cantare dei pezzi che altri hanno scelto. In questo senso la determinazione a cantare da soli sembra la conseguenza di un’incapacità al compromesso, che è invece il requisito fondamentale per qualsiasi tipo di esperienza di condivisione.

Gli indizi della presenza di ohitorisama sono ovunque in Giappone, dai parchi tematici che permettono ai single di saltare la fila in certe giostre ai negozi di alimentari che vendono condimenti e verdure in singole porzioni, mentre le agenzie di viaggio hanno sempre pronti itinerari mirati al viaggiatore solitario. Non mancano le catene di ramen (tagliatelle) dove è possibile gustare un pasto senza quasi venir disturbati da alcuna interazione umana. I clienti ordinano dai distributori automatici e poi si siedono in una cabina accuratamente separata dalle altre con spesse lastre di legno. Gli ordini vengono poi passati attraverso una piccola fessura da squadre di cuochi i cui volti non verranno mai scorti.

Ormai la “società super-solista” è diventata una realtà talmente vasta che i guru del marketing continuano a sperimentare nuove offerte. I sondaggi confermano la tendenza: i consumatori giapponesi, specialmente i più giovani, valutano il tempo trascorso da soli come più prezioso rispetto al tempo trascorso in famiglia o con gli amici. I dati ufficiali mostrano come il rapporto tra genitori e figli, in termini di tempo passato insieme, si stia gradualmente riducendo.

Nel 1980 in Giappone, solo un uomo su 50 all’età di 50 anni non era sposato, mentre le donne solo una su 22. Quel rapporto è ora uno su quattro e uno su sette rispettivamente, proprio mentre il Giappone è alle prese con una popolazione che invecchia rapidamente, con quasi il 28 per cento dei giapponesi con un’età superiore ai 65 anni.

Ma il sondaggio più interessante, e forse quello più eloquente, non si riferisce ai single o a coloro che preferiscono la vita solitaria, si riferisce alle coppie. Secondo il sondaggio, fatto da una grande compagnia di assicurazioni, per il 70 per cento delle coppie intervistate la cosa più importante in una relazione non è la fedeltà, e neppure il rispetto reciproco, è la comunicazione. Il sondaggio evidenzia che i picchi di tensione emotiva e ansia nella coppia si aggravano quando non si ha a disposizione il tempo materiale per parlare.

Sarebbe fin troppo scontato puntare il dito sul ritmo frenetico della vita moderna e l’uso delle nuove tecnologie come cause dirette di uno scompenso comunicativo, ma è certamente innegabile che ormai anche in coppia, tra gli orari di lavoro che non diminuiscono e la presenza individuale sui social media che invece è in aumento, il tempo per comunicare veramente è sempre più ridotto.