Europa: fine delle illusioni?

Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thân sulla dottrina sociale della Chiesa

24 Ottobre 2018

Pubblichiamo il testo integrale della relazione tenuta dal dr. Luca Pingani a Varsavia sul tema dell’Europa al Convegno internazionale promosso da “Europa Christi”

EUROPA: FINE DELLE ILLUSIONI?

L’Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân (1) ha recentemente pubblicato il IX Rapporto Internazionale sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo con il seguente titolo: “Europa: la fine delle illusioni” (2). Il volume è stato curato dal Presidente, Sua Eccellenza Mons. Giampaolo Crepaldi, e dal Direttore dell’Osservatorio, il Prof. Stefano Fontana.

A voi tutti porto il loro saluto e ringraziamento, insieme a quello di Alberto Costi, Presidente della Fondazione Incendo (3) istituzione italiana attiva nel campo della formazione dei giovani sulla Dottrina sociale della Chiesa, per averci dato la possibilità di contribuire ad un evento così rilevante e significativo come il II Congresso Internazionale del Movimento “Europa Christi”.

Nella presente relazione affronterò, in modo doverosamente sintetico, lo stato di profonda crisi del “Progetto Europa”, le cause che lo hanno condotto alla condizione attuale e, infine, il ruolo che la Dottrina sociale della Chiesa può e deve assumere nella restaurazione di un contesto europeo rispettoso, a tutti i livelli, dell’uomo e del suo Creatore.

Dai Padri cattolici dell’Europa ad una Europa senza Dio

Risulta davvero complesso, se non addirittura impossibile, riuscire a compiere una riflessione articolata sullo stato del “Progetto Europa” senza prendere in considerazione quelli che furono i processi iniziali che ne permisero la nascita e, in particolare, gli uomini politici che ne furono i principali artefici. Il concetto di Europa fu una felice intuizione di uomini cattolici, Konrad Adenauer, Alcide De Gasperi e Robert Schuman, che, al termine di un drammatico conflitto mondiale, decisero di collaborare per la costruzione di un futuro migliore per tutti gli abitanti del vecchio continente. Se potevano considerarsi sconfitti quei totalitarismi che avevano dato vita al conflitto (nazismo e fascismo) altri, non meno pericolosi, erano già drammaticamente all’orizzonte (capitalismo e socialismo).

Uomini di fede che, consapevoli del periodo storico in cui erano chiamati ad essere protagonisti di scelte difficili, decisero di mettersi al servizio del Bene Comune per dare un futuro diverso all’Europa: «Essi seppero cercare strade alternative, innovative in un contesto segnato dalle ferite della guerra. Essi ebbero l’audacia non solo di sognare l’idea di Europa, ma osarono trasformare radicalmente i modelli che provocavano soltanto violenza e distruzione. Osarono cercare soluzioni multilaterali ai problemi che poco a poco diventavano comuni» (4).

Il progetto dei Padri Fondatori non riguardava però solamente la costruzione di un nuovo sistema politico che permettesse un periodo di pace e di prosperità.

… oltre che vantaggi economici, sociali e di pace intendevano con tale unione anche salvaguardare e dare solidità ai valori umani, morali e spirituali caratteristici della civiltà delle popolazioni del vecchio continente (5).

Viene quindi spontaneo chiedersi a quali valori essi facessero riferimento. Un progetto tanto ambizioso avrebbe dovuto avere solide radici alle quali ancorarsi e che avrebbero permesso al cittadino europeo di orientarsi, con sicurezza, nella nuova Europa che stava nascendo. Un sistema valoriale che avrebbe dovuto accomunare uomini e donne di paesi diversi, con storie, culture e tradizioni diverse.

Adenauer, Robert Schuman e Alcide De Gasperi si assunsero il rischio di intraprendere una rifondazione dell’Europa dalle sue rovine, dall’eredità dell’Occidente carolingio (6).

L’eredità cui fa riferimento l’Arcivescovo Gänswein altro non è che quell’impianto culturale, filosofico e valoriale che trova nelle radici giudaico-greche-cristiane la propria origine ed evoluzione. San Giovanni Paolo II descrisse con sapienza questo “comune denominatore” valoriale e culturale del vecchio continente nella Esortazione Apostolica “Ecclesia in Europa”: Tali radici hanno favorito la sottomissione del potere politico alla legge e al rispetto dei diritti della persona e dei popoli. Occorre qui ricordare lo spirito della Grecia antica e della romanità, gli apporti dei popoli celtici, germanici, slavi, ugro-finnici, della cultura ebraica e del mondo islamico. Tuttavia si deve riconoscere che queste ispirazioni hanno storicamente trovato nella tradizione giudeo-cristiana una forza capace di armonizzarle, di consolidarle e di promuoverle. Si tratta di un fatto che non può essere ignorato; al contrario, nel processo della costruzione della «casa comune europea», occorre riconoscere che questo edificio si deve poggiare anche su valori che trovano nella tradizione cristiana la loro piena epifania. Il prenderne atto torna a vantaggio di tutti (7).

I Padri Fondatori avevano piena consapevolezza che l’unico modo per rendere armoniosa, proficua e reale la convivenza e la crescita dei diversi popoli che costituivano la nascente Europa era quello di riconoscere e rendere ancora più evidente una unica identità già presente e incontestabile: quella cristiana.

… si deve ancora affermare che l’identità europea è incomprensibile senza il Cristianesimo, e che proprio in esso si ritrovano quelle radici comuni dalle quali è maturata la civiltà del vecchio continente, la sua cultura, il suo dinamismo, la sua operosità, la sua capacità di espansione costruttiva anche negli altri continenti; in una parola, tutto ciò che costituisce la sua gloria (8).

Queste radici, che hanno caratterizzato l’Europa lungo il corso dei secoli, hanno permesso l’affermazione di principi e valori attorno ai quali i cittadini possono ritrovarsi insieme e collaborare dando un contributo per la loro affermazione e consolidamento.

«Per dare nuovo slancio alla propria storia, essa [l’Europa] deve «riconoscere e ricuperare con fedeltà creativa quei valori fondamentali, alla cui acquisizione il cristianesimo ha dato un contributo determinante, riassumibili nell’affermazione della dignità trascendente della persona umana, del valore della ragione, della libertà, della democrazia, dello Stato di diritto e della distinzione tra politica e religione» (7).

San Giovanni Paolo II declina e specifica ulteriormente questi valori nel messaggio che inviò, nel 2002, a partecipanti al Convegno “Verso una Costituzione Europea?”: … la dignità della persona; il carattere sacro della vita umana; il ruolo centrale della famiglia fondata sul matrimonio; l’importanza dell’istruzione; la libertà di pensiero, di parola e di professione delle proprie convinzioni e della propria religione; la tutela legale degli individui e dei gruppi; la collaborazione di tutti per il bene comune; il lavoro considerato come bene personale e sociale; il potere politico inteso come servizio, sottoposto alla legge e alla ragione e “limitato” dai diritti della persona e dei popoli (9).

Da San Giovanni Paolo II in poi tutti i pontefici hanno dedicato energie, con perseveranza e dedizione, affinché le radici cristiane fossero pienamente valorizzate e potessero trovare spazio anche in documenti ufficiali come la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea o la Costituzione Europea (Trattato).

Da parte sua, la Chiesa Cattolica è convinta che il Vangelo di Cristo, che ha costituito elemento unificante dei popoli europei durante molti secoli, continui a rimanere ancor oggi una inesauribile fonte di spiritualità e di fraternità. Il prenderne atto torna a vantaggio di tutti e il riconoscere esplicitamente nel Trattato le radici cristiane dell’Europa diventa per il Continente la principale garanzia di futuro (10).

Gli appelli però risultarono vani in quanto nel preambolo della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea è presente solamente un breve passaggio relativo al patrimonio spirituale e morale dell’Europa

I popoli europei nel creare tra loro un’unione sempre più stretta hanno deciso di condividere un futuro di pace fondato su valori comuni. Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l’Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di solidarietà… (11)  mentre la Costituzione europea non arriverà addirittura mai a compimento a causa degli esiti dei referendum svolti in Francia e Belgio.

Ma se alla base della nascita dell’Europa vi sono stati i valori legati alle radici e alla tradizione cristiana, come è stato possibile giungere al loro rinnegamento e addirittura ad una Europa che sempre più si professa “senza Dio”? Questo è avvenuto poiché, nella realtà dei fatti, la genesi culturale dell’Europa non è stata affidata alle radici greco-giudaico-cristiane ma al Manifesto di Ventotene (12) e a tutta quella corrente culturale che ne ha sotteso la nascita, lo sviluppo e l’attuale permanere nelle stanze dei palazzi del potere.

Questo documento è infatti figlio della visione illuministica, elitaria, che parte dall’alto e che vuole rieducare i popoli “costringendoli” a partecipare – meglio se passivamente – al nuovo progetto. Era anche un documento assolutamente laico e totalmente orizzontale, il che spiega perché, in seguito, dall’orizzonte dell’Unione Europea è sparita la religione, specialmente la religione cattolica, e perché non sia stato accettato il pressante invito di Giovanni Paolo II (13).

Molto spesso si sentono interventi di politici che invocano un ritorno dell’Europa alle origini non rendendosi conto che proprio all’origine dell’Europa si verificò una drammatica sostituzione di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze e che rischia di condizionare il nostro futuro: sostituire l’identità cristiana dell’Europa con l’ideologia dei lumi e della rivoluzione francese.

Prevalse l’Europa dei Lumi, prevalse la “ragione strumentale”, prevalse il convenzionalismo dei diritti umani, prevalse l’accentramento e la normalizzazione dall’alto, anziché la sapienza politica della costruzione articolata e sussidiaria dal basso (14).

Nel Manifesto di Ventotene vengono espressi principi che sono in netta contraddizione con la visione antropologica dell’uomo e l’insegnamento sociale che proviene dal Magistero della Chiesa. Il prof. Alfredo Mantovano, che ha curato un intero capitolo del IX Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa del mondo (15),  ne definisce i tratti salienti in modo sintetico ma molto efficace riportandone degli stralci dal documento originale: …la rivoluzione europea, per rispondere alle nostre esigenze, dovrà essere socialista; … la proprietà privata deve essere abolita, limitata, corretta, caso per caso, non dogmaticamente in linea di principio; … nelle epoche rivoluzionarie, in cui le istituzioni non debbono essere amministrate, ma create, la prassi democratica fallisce clamorosamente; … il popolo ha sì alcuni bisogni fondamentali da soddisfare, ma non sa con precisione cosa volere o cosa fare; … la metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria; … attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato e attorno a esso la nuova democrazia (12).

L’Europa descritta e sognata dal Manifesto di Ventotene è divenuta oggi, per molti aspetti, realtà e non stupisce come autorità politiche internazionali e capi di stato (Emma Bonino, Angela Merkel, François Hollande, Giorgio Napolitano, Matteo Renzi) (16,17) ancora oggi gli rendano omaggio, pubblicamente, esaltandone la grandezza e la capacità di visione prospettica.

“L’Europa, costruita sulla fede in Cristo, è ora in un periodo di tranquilla apostasia” (18)

L’attuale situazione del “Progetto Europa” è il risultato di una ottusa sordità verso i numerosi moniti che tutti i Pontefici, dagli anni ottanta in poi, hanno rivolto alla classe politica dirigente così come a tutti gli uomini di buona volontà. Già nel lontano 1988, San Giovanni Paolo II mise in guardia dalla deriva di una Europa in cui Dio veniva sempre più escluso dalla vita pubblica: Tutte le correnti di pensiero del nostro vecchio continente dovrebbero riflettere su quali oscure prospettive potrebbe condurre l’esclusione di Dio dalla vita pubblica, di Dio come ultima istanza dell’etica e garanzia suprema contro tutti gli abusi del potere dell’uomo sull’uomo (19).

Anche Benedetto XVI non ha mancato di fare sentire la sua sapiente voce quando, in occasione del Congresso promosso dalla Commissione degli Episcopati della Comunità Europea ha sottolineato come l’Europa sia portatrice di una apostasia che la sta snaturando e trasformando in qualcosa di diverso dalle intenzioni dei suoi Padri Fondatori.

Se, in occasione del 50.mo dei Trattati di Roma, i Governi dell’Unione desiderano “avvicinarsi” ai loro cittadini, come potrebbero escludere un elemento essenziale dell’identità europea qual è il Cristianesimo, in cui una vasta maggioranza di loro continua ad identificarsi? Non è motivo di sorpresa che l’Europa odierna, mentre ambisce di porsi come una comunità di valori, sembri sempre più spesso contestare che ci siano valori universali ed assoluti? Questa singolare forma di “apostasia” da se stessa, prima ancora che da Dio, non la induce forse a dubitare della sua stessa identità? (20)

Lo stesso Papa Francesco nella sua visita al Parlamento Europeo non ha mancato di sottolineare come, nel dibattito pubblico, la questione antropologica e dei valori che la sottendono ha lasciato spazio ad altri elementi decisamente meno fondativi: Si constata con rammarico un prevalere delle questioni tecniche ed economiche al centro del dibattito politico, a scapito di un autentico orientamento antropologico (21).

L’Europa di oggi ha deciso di relegare Dio ad un ruolo “privato” e di escluderlo da quello “pubblico” ritenendo che la sua presenza sia superflua e anzi d’intralcio per l’uomo moderno che è in grado da solo di stabilire ciò che è bene e ciò che male. L’esito di questa tendenza auto deterministica è tanto allarmante quanto drammatica.

I diritti individualistici

Se non esiste un impianto valoriale di riferimento allora ciascun uomo può ritenersi autorizzato a richiedere per sé tutto ciò che ritiene opportuno, in uno slancio di perpetuo egoismo. Egli è quindi caratterizzato da una sete insaziabile di diritti affinché la sua sete di desideri possa essere placata. In realtà questa sete è però destinata ad aumentare, sempre, poiché ad ogni nuovo diritto ottenuto ne sorgerà un altro ulteriore da richiedere. È il vortice dei diritti tossici che avvolge l’uomo che pensa di vivere la propria libertà circondandosi di diritti individualistici ed egoistici.

Vi è infatti oggi la tendenza verso una rivendicazione sempre più ampia di diritti individuali – sono tentato di dire individualistici -, che cela una concezione di persona umana staccata da ogni contesto sociale e antropologico, quasi come una “monade” (μονάς), sempre più insensibile alle altre “monadi” intorno a sé. Al concetto di diritto non sembra più associato quello altrettanto essenziale e complementare di dovere, così che si finisce per affermare i diritti del singolo senza tenere conto che ogni essere umano è legato a un contesto sociale, in cui i suoi diritti e doveri sono connessi a quelli degli altri e al bene comune della società stessa (21).

L’uomo dei diritti individualisti diventa quindi schiavo dei suoi desideri e si trova costretto a rifiutare tre sue essenziali componenti, che lo costituiscono ma allo stesso tempo costituiscono per lui una zavorra insostenibile nella perpetua corsa al raggiungimento di nuovi diritti: il senso del dono, l’accoglienza e la propria vocazione.

Perché credo che ciò che caratterizza la modernità sia il risentimento per tutto ciò che si presenta come dato. E che non ci sia salvezza per noi tutti se non nell’abbandono di questo risentimento, ovvero nel ritorno alla gratitudine. Ma questa è una disposizione d’animo che ci risulta particolarmente difficile, da quando viviamo in un mondo senza Dio. Cioè davanti a un dato senza il Donatore (22).

L’uomo “dei diritti” non vuole riconoscere il proprio passato, la propria tradizione e tutta la tradizione culturale che gli è stata data in dono. Al contrario pretende di distaccarsi da essa per ottenere ciò che lui ritiene utile per sé stesso. Per questo motivo scompare quindi la gratitudine per quanto è stato ricevuto (ad esempio l’educazione, i principi e i fondamenti valoriali) e compare l’astio e l’aggressività per poter ottenere ciò che si desidera.

Nel momento in cui l’uomo è orientato alla ricerca del riconoscimento dei propri diritti allora non sarà in grado di poter accogliere istanze di altri. La priorità è legata unicamente al suo desiderio e non potrà essere “disponibile” ad altri poiché correrebbe il rischio di vedersi rifiutare le sue richieste a favore di quelle di altri. Il filosofo austriaco Martin Buber scrisse in “Separazione e Relazione”:

L’autentico dialogo e quindi ogni reale compimento della relazione interumana significa accettazione dell’alterità. […] L’umanità e il genere umano divengono in incontri autentici. Qui l’uomo si apprende non semplicemente limitato dagli uomini, rimandato alla propria finitezza, parzialità, bisogno di integrazione, ma viene esaudito il proprio rapporto alla verità attraverso quello distinto, secondo l’individuazione, dell’altro, distinto per far sorgere e sviluppare un rapporto determinato alla stessa verità. Agli uomini è necessario e a essi concesso di attestarsi reciprocamente in autentici incontri nel loro essere individuale.

È nella relazione sincera che l’uomo riconosce di essere limitato, imperfetto e desideroso di accogliere e di essere accolto dal prossimo che gli sta vicino. Tutto questo può esistere in una “società dei diritti”? No, perché l’uomo è proiettato verso il superamento e la sottomissione del prossimo ai propri desideri: il prossimo diventa quindi uno strumento del proprio egoismo oppure un ostacolo da rimuovere.

L’autodeterminazione che caratterizza l’uomo dei diritti non può infine lasciare spazio alla bellezza di una chiamata, la propria vocazione, che richiede disponibilità, responsabilità e umiltà.

La vocazione non è frutto di un progetto umano o di un’abile strategia organizzativa. Nella sua realtà più profonda, è un dono di Dio, un’iniziativa misteriosa e ineffabile del Signore, che entra nella vita di una persona seducendola con la bellezza del suo amore, e suscitando di conseguenza un donarsi totale e definitivo a questo amore divino (23).

La perdita del significato della propria vocazione rappresenta probabilmente una delle conseguenze più drammatiche della società dei “diritti tossici” dove viene tolta all’uomo la sua componente trascendente e viene eletta l’emotività a criterio di giudizio della realtà.  Ogni uomo chiede solamente per sé: è la società dell’egoismo dove anche l’affettività e la sessualità diventano strumenti di piacere egoistici, distolti da una logica di dono e di reciprocità. La vocazione invece è completamente l’opposto: con la vocazione l’uomo accetta di divenire strumento nelle mani di Dio per la costruzione del Bene Comune: dall’uomo che pone al centro sé stesso (la società dei di diritti) all’uomo che pone al centro Dio (la vocazione come strumento di costruzione della Città di Dio).

La politica come strumento di soddisfazione per i diritti individualistici

Nell’Europa di oggi la politica ha abbandonato il suo ruolo di strumento per la costruzione del Bene Comune ma ha deciso, al contrario di ridursi al ruolo di mera “tecnica”.

Ma nei fatti è stata quella logica a prevalere, con i caratteri della politica come tecnica, della potestas come realtà non moralmente ordinata, della legge positiva priva di riferimenti ad un ordine giuridico obiettivo e l’impossibilità di valutare le pretese del potere alla luce dei criteri diversi da quello della volontà del potere stesso (13).

La politica ha abbandonato il suo ruolo nel momento in cui ha permesso che la democrazia divenisse uno strumento meramente procedurale utile solamente per garantire una nuova elezione e un nuovo seggio al politico di turno. La democrazia non è quindi più un sistema di “governo del popolo” ma uno strumento per “accontentare il popolo” che in modo sempre più avido avanza richieste per la soddisfazione del proprio egoismo.

Avviene così che, da una parte, i cittadini rivendicano per le proprie scelte morali la più completa autonomia mentre, dall’altra, i legislatori ritengono di rispettare tale libertà di scelta formulando leggi che prescindono dai principi dell’etica naturale per rimettersi alla sola condiscendenza verso certi orientamenti culturali o morali transitori, come se tutte le possibili concezioni della vita avessero uguale valore (24).

Questa situazione ha portato ad un duplice paradosso che riguarda l’impegno dei cattolici in politica. Da un lato il relativismo si è talmente insinuato nella quotidianità che la partecipazione alla vita pubblica dei cattolici viene ritenuta da molti una forma antidemocratica poiché non è volta al soddisfacimento dei desideri dei cittadini. Quei cattolici impegnati in politica che decidono, pregevolmente, di mantenersi ancorati ai principi originati dalla Legge Morale Naturale Universale vengono dipinti come dei despoti che negano dei diritti a dei cittadini.

Dall’altra parte è sempre più presente la visione dicotomica dell’essere cattolici impegnati nel sociale: una dell’ambito pubblico e una dell’ambito privato. In questa prospettiva la propria vita di fede viene relegata all’ambito personale e non deve “contaminare” quello pubblico. Questa scissione, figlia anch’essa del relativismo, porterà l’uomo ad una lacerazione continua e ad un profondo senso di insicurezza perché ogni volta dovrà chiedersi a quale delle sue “due vite” dovrà fare riferimento per prendere una posizione.

Il Magistero è chiaro su questa dinamica e difficilmente lascia spazio ad interpretazioni: Nella loro esistenza non possono esserci due vite parallele: da una parte, la vita cosiddetta «spirituale», con i suoi valori e con le sue esigenze; e dall’altra, la vita cosiddetta «secolare», ossia la vita di famiglia, di lavoro, dei rapporti sociali, dell’impegno politico e della cultura. Il tralcio, radicato nella vite che è Cristo, porta i suoi frutti in ogni settore dell’attività e dell’esistenza (25).

Le conseguenze della deriva della politica in Europa sono sotto gli occhi di tutti: crollo demografico, manipolazione e controllo della vita umana alla nascita, attuazione di politiche eutanasiche verso tutte le fasce della popolazione, sostegno ed esportazione delle pratiche legate all’aborto in altri paesi, politiche migratorie incoerenti e distanti dalla ricerca di un reale interesse dei migranti stessi, deriva sempre più individualistica della società e quindi una sempre maggiore solitudine dei suoi membri e una sempre più crescente insoddisfazione verso le istituzioni e chi è chiamato a rappresentarle.

In uno scenario così complesso e drammatico, quale ruolo può avere per il futuro dell’Europa la Dottrina sociale della Chiesa?

Il peccato ha la sua radice nella disobbedienza della creatura nei riguardi del Creatore e Padre e ha il suo frutto nella morte (26)

San Giovanni Paolo II è stato sicuramente uno dei pontefici che maggiormente ha saputo valorizzare e incrementare il magistero dottrinale nel contesto del sociale. Uomo del suo tempo, ha saputo guardare e leggere con attenzione e paterna sensibilità nel cuore dell’uomo. Un cuore preda dei suoi desideri egoistici, incapace di porsi in relazione con i suoi fratelli e sempre più orientato alla malefica necessità di pensare di essere fine a sé stesso e quindi padrone e tiranno della propria vita. San Giovanni Paolo II ha più volte presentato la Dottrina sociale della Chiesa come uno strumento indispensabile per l’uomo di oggi per poter continuare ad essere testimone attivo e fedele del lieto annuncio.

Nell’Esortazione Apostolica post-sinodale «Ecclesia in Europa» San Giovanni Paolo II sottolineò l’importanza della Dottrina sociale in modo chiaro e senza possibilità di incomprensioni: Nel costruire la città degna dell’uomo, un ruolo ispiratore va riconosciuto alla Dottrina Sociale della Chiesa. Attraverso di essa, infatti, la Chiesa pone al Continente europeo la questione della qualità morale della sua civiltà. Essa trae origine dall’incontro tra il messaggio biblico con la ragione da una parte, e i problemi e le situazioni riguardanti la vita dell’uomo e della società dall’altra (7).

Se una svolta può essere chiesta all’attuale “Progetto Europa”, allora essa deve imprescindibilmente passare anche attraverso il sapere magisteriale della Dottrina sociale. Non vi potrà essere un’Europa veramente in pace e veramente libera senza il sapere sociale offerto all’uomo dalla Chiesa.

In particolare, vi sono due aspetti della Dottrina sociale della Chiesa che possono e devono essere offerti all’uomo contemporaneo perché possa avere la possibilità di meditarli e di farne tesoro: l’essere strumento di evangelizzazione e l’appartenenza alla teologia morale.

L’importanza dell’evangelizzazione

Sin dal 2003 con San Giovanni Paolo II : Dall’Assemblea sinodale è emersa, chiara e appassionata, la certezza che la Chiesa ha da offrire all’Europa il bene più prezioso, che nessun altro può darle: è la fede in Gesù Cristo, fonte della speranza che non delude, dono che sta all’origine dell’unità spirituale e culturale dei popoli europei, e che ancora oggi e per il futuro può costituire un contributo essenziale del loro sviluppo e della loro integrazione. La sorgente della speranza, per l’Europa e per il mondo intero, è Cristo, «e la Chiesa è il canale attraverso il quale passa e si diffonde l’onda di grazia scaturita dal Cuore trafitto del Redentore» (7).

Fino a Papa Francesco: Alla rinascita di un’Europa affaticata, ma ancora ricca di energie e di potenzialità, può e deve contribuire la Chiesa. Il suo compito coincide con la sua missione: l’annuncio del Vangelo, che oggi più che mai si traduce soprattutto nell’andare incontro alle ferite dell’uomo, portando la presenza forte e semplice di Gesù, la sua misericordia consolante e incoraggiante (4). abbiamo tutti avuto più volte la possibilità di ascoltare l’esortazione dei pontefici affinché la stessa Chiesa si adoperasse per una nuova evangelizzazione dei popoli dell’Europa. La Dottrina sociale della Chiesa è, prima di tutto, uno strumento di evangelizzazione a servizio dell’uomo e può quindi rappresentare un utile strumento nel cammino di evangelizzazione che ci è stato chiesto.

La Dottrina sociale della Chiesa ha di per sé un valore di uno strumento di evangelizzazione, in quanto tale essa annuncia Dio e il mistero di salvezza in Cristo a ogni uomo e, per la medesima ragione, rivela l’uomo a sé stesso. In questa luce e solo in questa luce, essa si occupa del resto (27).

Il primo compito dei cattolici nella società non è quello di porsi l’obiettivo di risolvere tutti i problemi che si troveranno ad affrontare (etici, politici, morali o economici) ma piuttosto la loro preoccupazione dovrà essere quella di “attingere alla luce di Cristo”: in questo modo potranno poi affrontare tutte le “oscurità” presenti nella società in cui vivono per poterli risolvere nel miglior modo possibile. La Dottrina sociale della Chiesa appartiene alla Chiesa fin dall’inizio e non l’ha poi mai abbandonata questo poiché la Chiesa non può non annunciare Cristo nelle realtà temporali.

Tuttavia, nell’età moderna, soprattutto dopo la l’era dei lumi e della rivoluzione francese, essa ha assunto un carattere speciale. Ciò è avvenuto quando si è resa necessaria una “nuova evangelizzazione” a cui la Dottrina sociale della Chiesa viene chiamata a adoperarsi senza esitazione alcuna: La «nuova evangelizzazione», di cui il mondo moderno ha urgente necessità e su cui ho più volte insistito, deve annoverare tra le sue componenti essenziali l’annuncio della dottrina sociale della Chiesa, idonea tuttora, come ai tempi di Leone XIII, ad indicare la retta via per rispondere alle grandi sfide dell’età contemporanea, mentre cresce il discredito delle ideologie. Come allora, bisogna ripetere che non c’è vera soluzione della «questione sociale» fuori del Vangelo e che, d’altra parte, le «cose nuove» possono trovare in esso il loro spazio di verità e la dovuta impostazione morale (27).

Se il Manifesto di Ventotene e l’ideologia dei lumi hanno di fatto cercato, e tutt’ora cercano, di realizzare una “Europa senza Dio”, in cui i problemi vengono risolti solamente dal delirio di onnipotenza e autodeterminazione dell’uomo allora noi, popolo di Dio e quindi Chiesa, siamo chiamati a portare nuovamente il Vangelo di Cristo come reale e unica soluzione ai problemi dell’uomo e della società in cui vive per uno sviluppo davvero integrale e sostenibile dell’uomo stesso.

Il Monito di San Giovanni Paolo II resta per noi una esortazione accorata a tornare al fondamento evangelico come strumento di discernimento per le nostre vite e per le attività che siamo chiamati a svolgere nel sociale.

Così, senza uscire dalla competenza che le è propria, essa [la Chiesa] considera suo dovere illuminare e accompagnare le iniziative sviluppate dai popoli che vanno nel senso dei valori e dei principi che essa deve proclamare, attenta ai segni dei tempi che esortano a tradurre nelle mutevoli realtà dell’esistenza i requisiti permanenti del Vangelo. Come potrebbe la Chiesa disinteressarsi della costruzione dell’Europa, lei che è radicata da secoli nei popoli che la compongono e che ha condotto un giorno al fonte battesimale popoli per i quali la fede cristiana è e rimane uno degli elementi della loro identità culturale? (19)

La Dottrina sociale come parte della Teologia Morale

Nell’Europa contemporanea il relativismo imperante ha di fatto gettato una coltre nera su qualsiasi riflessione morale riguardante l’uomo. Non esiste più il “giusto” o lo “sbagliato” quanto piuttosto ogni persona potrà attribuire, in base alle proprie egoistiche esigenze, un valore morale unicamente in base alla sua discrezionalità, piegando quindi il concetto di “bene” o di “male” al suo mero tornaconto.

L’uomo si adopera quindi nello stracciarsi le vesti poiché un suo egoistico desiderio non gli viene concesso dalle leggi in vigore. Sostiene di essere discriminato e invoca quindi a gran voce facendo pressioni sui governi affinché essi si adoperino per porre termine a questa finta discriminazione. Vengono così approvate leggi che sostengono i loro desideri (nonostante siano figli di un egoismo esasperato) arrivando infine ad affermare, a posteriori, che il loro desiderio era giusto poiché vi è una legge che adesso lo tutela.

Il Papa Emerito Benedetto XVI, durante il suo discorso al Reichstag di Berlino nel 2011 ha esposto una precisa riflessione che a pieno riflette le modalità con cui dovrebbe muoversi il diritto e di conseguenza l’ambito legislativo: Contrariamente ad altre grandi religioni, il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società un diritto rivelato, mai un ordinamento giuridico derivante da una rivelazione. Ha invece rimandato alla natura e alla ragione quali vere fonti del diritto – ha rimandato all’armonia tra ragione oggettiva e soggettiva, un’armonia che però presuppone l’essere ambedue le sfere fondate nella Ragione creatrice di Dio. Con ciò i teologi cristiani si sono associati ad un movimento filosofico e giuridico che si era formato sin dal secolo II a. Cr. Nella prima metà del secondo secolo precristiano si ebbe un incontro tra il diritto naturale sociale sviluppato dai filosofi stoici e autorevoli maestri del diritto romano. In questo contatto è nata la cultura giuridica occidentale, che è stata ed è tuttora di un’importanza determinante per la cultura giuridica dell’umanità (28).

Il Santo Padre Emerito ci porta quindi a riflettere sulla Legge Morale Naturale Universale come criterio di discernimento morale per l’agire dell’uomo. L’uomo, attraverso la ragione, può riconoscere, studiare e descrivere la propria natura al fine di definire ciò che risulta rispettoso di essa e ciò che non lo è. La Legge Morale Naturale Universale non è una invenzione della Chiesa poiché è presente nell’uomo da sempre quindi ben da prima che la Chiesa fosse istituita.

Presente nel cuore di ogni uomo e stabilita dalla ragione, la legge naturale è universale nei suoi precetti e la sua autorità si estende a tutti gli uomini. Esprime la dignità della persona e pone la base dei suoi diritti e dei suoi doveri fondamentali… (29)

Se ogni uomo è chiamato ad esercitare la propria libertà nel rispetto della Legge Morale Naturale allora è indispensabile sottolineare che ogni uomo che ha incarichi di responsabilità e di autorità verso gli altri deve porla come strumento indispensabile per il discernimento delle proprie scelte. Come si può esercitare una autorità giusta e rispettosa del prossimo nel momento in cui vengono promosse leggi che ledono la dignità dell’uomo?

Se una legge va contro la Legge Morale Naturale Universale allora essa crea il presupposto per il danneggiamento dell’uomo, ne impedisce lo sviluppo e crea disordine e schiavitù nella società.

La Dottrina sociale della Chiesa, componente della Teologia Morale, si fa portatrice di principi e orientamenti che non possono entrare in collisione con la Legge Morale Naturale Universale: se essa ha come scopo il bene dell’uomo alla luce della sua natura è pensabile che il messaggio evangelico, di cui è annunciatrice la Dottrina sociale, possa essere orientato al male dell’uomo?

La difesa della Chiesa di un ragionamento morale basato sulla legge naturale si fonda sulla sua convinzione che questa legge non è una minaccia alla nostra libertà, bensì una «lingua» che ci permette di comprendere noi stessi e la verità del nostro essere, e di modellare in tal modo un mondo più giusto e più umano. Essa propone pertanto il suo insegnamento morale come un messaggio non di costrizione, ma di liberazione, e come base per costruire un futuro sicuro.

La Dottrina sociale della Chiesa, oltre ad essere uno strumento di evangelizzazione, è anche una utile “bussola morale” per orientare l’agire dell’uomo in questa Europa sempre più “senza Dio”.

Conclusioni

Nel presente saggio si è cercato di evidenziare l’importanza che può ricoprire la Dottrina sociale della Chiesa per un ritorno dell’Europa alle radici cristiane che le sono proprie e per un contesto sociale più vicino alle reali esigenze e necessità dell’uomo. Tuttavia, ritengo che essa possa trovare la sua più piena efficacia nel momento in cui potrà esercitare la sua funzione guidata e sostenuta da quattro particolari contesti.

1. L’utilizzo della Dottrina sociale dovrà essere accompagnato e guidato da una profonda conversione di tutti noi che siamo chiamati a dare una svolta di rinnovamento al progetto Europa. San Giovanni Paolo II ha sempre terminato le sue esortazioni all’Europa con un affidamento alla Madonna. A Lei dobbiamo guardare e a Lei dobbiamo volgere le nostre richieste di intercessione.

… il compito che attende la Chiesa in Europa è impegnativo ed insieme esaltante. Esso consiste nel riscoprire il senso del «mistero»; nel rinnovare le celebrazioni liturgiche perché siano segni più eloquenti della presenza di Cristo Signore; nell’assicurare nuovi spazi al silenzio, alla preghiera e alla contemplazione; nel ritornare ai Sacramenti, specialmente dell’Eucaristia e della Penitenza, quali sorgenti di libertà e di nuova speranza. Per questo, a te, Chiesa che vivi in Europa, rivolgo un pressante invito: sii una Chiesa che prega, loda Dio, ne riconosce il primato assoluto, lo esalta con fede lieta (7).

2. È necessario avvicinare e formare i giovani alla Dottrina sociale della Chiesa. Per troppo tempo la pastorale giovanile è stata succube di strategie legate all’emotività e all’intrattenimento. I giovani hanno sete di conoscenza e sentono forte la necessità di mettersi a disposizione per una società in cui sempre di più dovranno essere presenti e attivi. Forniamogli le fondamenta della dottrina affinché possano essere suoi interpreti fedeli nelle attività pastorali.

Non bisogna avere paura di essere esigenti con loro [i giovani] in ciò che concerne la loro crescita spirituale. Va loro indicata la via della santità, stimolandoli a fare scelte impegnative nella sequela di Gesù, in ciò confortati da un’intensa vita sacramentale. Così essi potranno resistere alle seduzioni di una cultura che spesso propone loro soltanto valori effimeri o addirittura contrari al Vangelo, e diventare essi stessi capaci di mostrare una mentalità cristiana in tutti gli ambiti dell’esistenza, compresi quelli del divertimento e dello svago (7).

3. Negli ultimi vent’anni l’istituzione maggiormente attaccata dalle lobby e dalle forze politiche è stata quella della famiglia. La totale assenza o, ben peggio, l’accondiscendenza dei politici che si autodefiniscono cattolici, ha portato la famiglia, cellula fondamentale della società, ad essere in profonda crisi ed è stata sostituita da forme alternative che con essa non hanno nulla a che fare. Il lavoro che ci attende deve avere nella famiglia un interlocutore privilegiato: è necessario lavorare perché la famiglia naturale possa trovare le giuste condizioni giuridiche, economiche e sociali per poter svolgere al meglio e in pienezza la propria vocazione.

La famiglia unita, fertile e indissolubile porta con sé gli elementi fondamentali per dare speranza al futuro. Senza tale solidità si finisce per costruire sulla sabbia, con gravi conseguenze sociali. D’altra parte, sottolineare l’importanza della famiglia non solo aiuta a dare prospettive e speranza alle nuove generazioni, ma anche ai numerosi anziani, spesso costretti a vivere in condizioni di solitudine e di abbandono perché non c’è più il calore di un focolare domestico in grado di accompagnarli e di sostenerli (21).

4. Se un cambiamento sarà possibile, esso non potrà che trovare la sua genesi al di fuori di istituzioni complesse o multiarticolate. L’Europa in cui viviamo ha calpestato e volutamente omesso dall’ambito pubblico il principio della sussidiarietà. Il cittadino, così come auspicato dal Manifesto di Ventotene è sempre più lontano dalle istituzioni e dalla possibilità di influenzarne delle decisioni. È giunto il tempo di guardare con sorpresa e ammirazione alle piccole minoranze creative che ci circondano o alle quali noi stessi possiamo dare vita. In piccoli contesti sarà maggiormente possibile lavorare per riportare Dio in una Europa che non lo vuole più.

Nello stesso tempo, con i Padri sinodali, mentre esprimo la mia grande stima per la presenza e l’azione delle diverse associazioni e organizzazioni apostoliche e, in particolare, dell’Azione Cattolica, desidero rilevare il contributo proprio che, in comunione con le altre realtà ecclesiali, e mai in via isolata, possono offrire i nuovi movimenti e le nuove comunità ecclesiali (7).

Minoranze creative, cioè uomini che nell’incontro con Cristo hanno trovato la perla preziosa, quella che dà valore a tutta la vita (cfr Mt 13,45-46), e, proprio per questo, riescono a dare contributi decisivi ad una elaborazione culturale capace di delineare nuovi modelli di sviluppo. Perché senza tali forze umane, che vivono la ricchezza trovata in modo convincente anche per gli altri, non si costruisce niente (30).

Il lavoro che ci attende è dunque lungo e faticoso ma abbiamo una solida e sempre attuale certezza che ci lasciò San Giovanni Paolo II (che tutti auspichiamo possa presto diventare co-patrono d’Europa): Nonostante a volte, come nell’episodio evangelico della tempesta sedata (cfr Mc 4, 35-41; Lc 8, 22-25), possa sembrare che Cristo dorma e lasci la sua barca in balia delle onde agitate, alla Chiesa in Europa è chiesto di coltivare la certezza che il Signore, attraverso il dono del suo Spirito, è sempre presente e operante in essa e nella storia dell’umanità. Egli prolunga nel tempo la sua missione, costituendo la Chiesa come flusso di vita nuova, che scorre entro la vita dell’umanità quale segno di speranza per tutti (7).

Luca Pingani

Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa Fondazione Incendo

15 ottobre 2018 – Santa Teresa d’Avila, Vergine e Dottore della Chiesa

Bibliografia

1. Osservatorio Internazionale Card. Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa. http://www.vanthuanobservatory.org/eng/

2. Crepaldi G, Fontana S, curatori. Europa: la fine delle illusioni. IX Rapporto Internazionale sulla Dottrina sociale della Chiesa. Firenze (I): Cantagalli; 2018.

3. Fondazione Incendo. http://www.fondazioneincendo.org/incendo/home.html

4. Papa Francesco. Conferimento del Premio Carlo Magno. Discorso del Santo Padre Francesco. Roma (I); 2016 mag. http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2016/may/documents/papa-francesco_20160506_premio-carlo-magno.html

5. Cardinale Giovanni Battista Re. Giovanni Paolo II e l’Europa dello spirito. Trieste (I); 2011 apr. https://it.zenit.org/articles/papa-giovanni-paolo-ii-e-l-europa-dello-spirito/

6. Arcivescovo Georg Gänswein. Ratzinger, un Papa emerito con lo sguardo all’Occidente e all’Europa. Corriere della Sera. maggio 2018; https://www.corriere.it/cronache/18_maggio_11/papa-emerito-lo-sguardo-all-occidente-all-europa-1bb1f268-5520-11e8-bf97-5f8d4271ee5b.shtml

7. San Giovanni Paolo II. Esortazione Apostolica post-sinodale «Ecclesia in Europa». 2003. http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_20030628_ecclesia-in-europa.html

8. San Giovanni Paolo II. Atto europeistico a Santiago de Compostela. Discorso di Giovanni Paolo II. Santiago de Compostela (E); 1982 nov. http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1982/november/documents/hf_jp-ii_spe_19821109_atto-europeistico.html

9. San Giovanni Paolo II. Messaggio del Santo Padre Giovanni Paolo II ai partecipanti al convegno: «Verso una Costituzione Europea?» 2002. https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/2002/june/documents/hf_jp-ii_spe_20020622_costituzione-europea.html

10. San Giovanni Paolo II. Angelus del 24 agosto 2003. https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/angelus/2003/documents/hf_jp-ii_ang_20030824.html

11. Parlamento Europeo, Consiglio d’Europa, Commissione Europea. Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea. 2000. http://www.europarl.europa.eu/charter/pdf/text_it.pdf

12. Spinelli A, Rossi E. Per un’Europa libera e unita. Il Manifesto di Ventotene. https://www.senato.it/application/xmanager/projects/leg17/file/repository/relazioni/libreria/novita/XVII/Per_unEuropa_libera_e_unita_Ventotene6.763_KB.pdf

13. Fontana S. Europa: la fine delle illusioni. In: Europa: la fine delle illusioni IX Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo. Siena (I): Cantagalli; pag. 15–22.

14. Crepaldi G. Europa, dove la democrazia non sa vincere su se stessa. In: Europa: la fine delle illusioni IX Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo. Siena (I): Cantagalli; pag. 9–13.

15. Mantovano A. Il futuro dell’Europa tra Manifesto di Ventotene e Dottrina sociale della Chiesa. In: Europa: la fine delle illusioni IX Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo. Siena (I): Cantagalli; pag. 15–22.

16. Esposito M. Ventotene: Ue, «Temi attuali. Speriamo di avanzare insieme». 24 agosto 2016; http://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2016/08/21/a-ventotene-renzi-merkel-hollande-per-recuperare-leuropa-_a7563382-75fd-474e-88bf-684c6e28fb0a.html

17. Intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano alla Manifestazione per il XX Anniversario della scomparsa di Altiero Spinelli. 2006. http://presidenti.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Discorso&key=734

18. Marco Tosatti. Sarah denuncia la «tranquilla apostasia» dell’Europa. La Nuova Bussola Quotidiana. 26 ottobre 2017.

19. San Giovanni Paolo II. Discorso di Giovanni Paolo II durante la visita al Parlamento Europeo. 1988. http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/speeches/1988/october/documents/hf_jp-ii_spe_19881011_european-parliament.html

20. Benedetto XVI. Discorso di Sua Santità Benedetto XVI ai partecipanti al Congresso promosso dalla Commissione degli Episcopati della Comunità Europea (COMECE). 2007. https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2007/march/documents/hf_ben-xvi_spe_20070324_comece.html

21. Papa Francesco. Visita del Santo Padre al Parlamento Europeo e al Consiglio d’Europa – Discorso del Santo Padre Francesco al Parlamento Europeo. 2014. http://w2.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2014/november/documents/papa-francesco_20141125_strasburgo-parlamento-europeo.html

22. Rodolfo Casadei, Alain Finkielkraut. La bellezza ci tenga a bada. Tracce. settembre 2002.

23. Benedetto XVI. Messaggio del Santo Padre Benedetto XVI al Congresso continentale latino-americano delle vocazioni. 2011. https://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/messages/pont-messages/2011/documents/hf_ben-xvi_mes_20110121_vocaciones-lat.html

24. Benedetto XVI. Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica. 2002. http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/cfaith/documents/rc_con_cfaith_doc_20021124_politica_it.html

25. San Giovanni Paolo II. Esortazione Apostolica Post-sinodale CHRISTIFIDELES LAICI di Sua Santità Giovanni Paolo II su vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo. 1988. http://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/apost_exhortations/documents/hf_jp-ii_exh_30121988_christifideles-laici.html

26. San Giovanni Paolo II. Non c’è paura senza speranza. Roma (I): Newton Compton; 1992.

27. San Giovanni Paolo II. Lettera Enciclica CENTESIMUS ANNUS del Sommo Pontefice Giovanni Paolo II nel Centenario della «RERUM NOVARUM». 1991. https://w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/encyclicals/documents/hf_jp-ii_enc_01051991_centesimus-annus.html

28. Benedetto XVI. Discorso del Santo Padre Benedetto XVI al Reichstag di Berlino. 2011. http://w2.vatican.va/content/benedict-xvi/it/speeches/2011/september/documents/hf_ben-xvi_spe_20110922_reichstag-berlin.html

29. Fisichella R. Catechismo della Chiesa cattolica. Testo integrale. Nuovo commento teologico-pastorale. Cinisello Balsamo (I): San Paolo; 2017. http://www.vatican.va/archive/catechism_it/index_it.htm

31. Benedetto XVI (a firma del Card. Tarcisio Bertone). Lettera del Santo Padre Benedetto XVI, a firma del Card. Tarcisio Bertone, Segretario di Stato, al Card. Dionigi Tettamanzi, Presidente dell’Istituto G. Toniolo di Studi Superiori, in occasione della 86aGiornata Nazionale per l’Università Cattolica del Sacro Cuore. 2010. http://www.vatican.va/roman_curia/secretariat_state/card-bertone/2010/documents/rc_seg-st_20100415_sacro-cuore_it.html