Democrazia sotto attacco anche a Londra?

Il Populista 22 Ottobre 2018

Gonfiate all’inverosimile le presenze alla manifestazione contro la Brexit convocata sabato nella capitale britannica dalle oligarchie politico-finanziarie

di Giuseppe Brienza

Il 23 giugno 2016 si è tenuto come noto in Gran Bretagna il “Referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea”, più facilmente noto come referendum sulla “Brexit” (BRitain – EXIT). Allora l’affluenza al voto dei britannici, insofferenti alla tecnocrazia ed all’Eurosocialismo della Commissione di Bruxelles, è stata molto alta (72,2%), con una percentuale per il NO al “Remain”, cioè alla permanenza della Gran Bretagna nell’Ue, del 51,9%.

Ora li si vorrebbe convincere che abbiamo scherzato e, gli eurocrati, appoggiati da una parte della sinistra britannica, si sono portati via (e già da un po’!) il pallone. Il popolo inglese sarà strumentalizzabile com’è stato fatto finora con quello Italiano? Non crediamo. E non crediamo proprio si riesca a rimandare i britannici a rivotare nel senso gradito a Lorsignori, tanto più che circa un milione e trecentomila cittadini in più hanno votato per il “Leave” al referendum del 2016.

La campagna referendaria per la Brexit, oltretutto, ha avuto tutti i grandi media e interessi economici contro, consentendo comunque a Nigel Farage, l’Ukip e a tutti i sovranisti di vincere sorprendentemente e senza margini di dubbio (17.410.742 voti per il “Leave“, cioè per uscire dall’Ue). Del resto sabato a Londra sarebbero stati secondo i grandi media “oltre 500mila” a chiedere la revoca del referendum del 2016 (secondo alcuni i manifestanti sarebbero stati la metà). Ma, teniamone conto, la capitale dell’Inghilterra è una delle più popolose città d’Europa e, quindi, se sono scesi in piazza 2 o 300 mila londinesi, perlomeno 8 milioni e mezzo loro concittadini sono restati, nonostante il battage propagandistico, a casa (gli abitanti reali a Londra sono stimati oggi a circa 8 milioni e 800mila).

Alla fine comunque ora è più chiaro perché la Commissione europea ha accampato in questi 28 mesi dall’esito del referendum tutti quei problemi, difficoltà e cavilli che hanno ingolfato i “negoziati” per l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue…