«Sono poveri in fuga dalla guerra? I numeri dimostrano il contrario»

La Verità quotidiano 16 Giugno 2018

di Daniele Capezzone

Anna Bono (Università di Torino, Storia e istituzioni dell’Africa) si è assunta da anni – in pressoché totale solitudine accademica – un compito tanto arduo quanto meritorio. Armata solo di numeri e di onestà intellettuale, ha smontato pezzo per pezzo le “fake news” in materia di immigrazione e la relativa “narrazione” politicamente corretta. Lo ha fatto a partire da un libro (“Migranti!? Migranti!? Migranti!?”, Edizioni Segno), in cui già la sequenza dei punti esclamativi e interrogativi accanto alla parola migranti ci fa capire che per la Professoressa non tutto è come ci è stato raccontato.

– Professoressa, fake news numero 1. Sono tutti profughi.

“Profughi? Quasi nessuno. Il Ministero degli Interni aggiorna mese per mese i dati dei richiedenti asilo. Tutti quelli che arrivano fanno domanda, perché è l’unico espediente per non essere respinti subito. Di tutta quella massa di domande, nel 2015 ne sono andate a buon fine 3500 circa, nel 2016 meno di 5mila, l’anno scorso poco più di 6 mila. Percentuali tra il 5 e l’8%. Tutti gli altri sono migranti economici”

– Fake news numero 2. Sono tutti in una condizione di estrema e assoluta povertà.

“Non sono ‘gli ultimi degli ultimi’. Trattandosi di viaggi clandestini, il 90% si affida a organizzazioni criminali, e quindi chi si imbarca deve essere in grado di raccogliere migliaia di dollari per garantirsi i servizi dei contrabbandieri. Non tutti possono permettersi quelle cifre, quindi non sono necessariamente così poveri

– Come ha detto? “Servizi”?

“Eh certo. Trasporto, eventuali soste, documenti falsi, aiuto per nascondersi. C’è addirittura l’opzione di partire con un giubbotto di salvataggio, cosa che può da sola costare altri 100 dollari…Le organizzazioni criminali organizzano nel dettaglio questo genere di ‘servizi’, appunto”

– Fake news numero 3. Bisogna aiutare di più i governi africani.

“Ma li si aiuta già tanto, c’è di fatto una sorta di “piano Marshall” ogni anno. L’Africa è il continente più assistito sia in termini di aiuti umanitari che di cooperazione allo sviluppo. Ma il problema è che una parte significativa di quel denaro non va a buon fine, tra corruzione dei governi e tribalismo che si alimentano reciprocamente”

– Quindi serve un cambio di paradigma

“Ma certo. Lo sviluppo l’Africa non lo può ‘importare’. Deve sempre di più produrlo da se stessa. L’Africa ha già tanti paesi in forte crescita economica, ma poi, per le ragioni che dicevo (il mix di malgoverno e lotte tribali) questo non si traduce in sviluppo umano e sociale

– Meno denaro, allora? 

“Certo, e più buongoverno. I mezzi li avrebbero. Prenda la Nigeria: è il primo produttore di petrolio del continente ed esporta dagli anni Sessanta…Hanno anche immense risorse umane: la metà della popolazione africana è giovane”

– Fake news numero 4. I governi africani già si attivano per limitare le partenze.

“In parte è vero il contrario. Spesso i governi sono i primi responsabili delle partenze, specie se, come abbiamo detto, non si tratta di disperati o di persone che vengono da villaggi remoti, ma di gente che ha qualche mezzo. Il grosso della responsabilità poi sta proprio nello scoraggiamento indotto da clientelismo e corruzione, che inducono molti a vedere la partenza come l’ultima speranza. Poi c’è chi proprio incentiva…”

– Tipo?

“Tipo il Ghana, che suggerisce anche di portarsi il giubbotto di salvataggio…Insomma, le istruzioni per la partenza. Per fortuna molti agiscono diversamente”

– Facciamo esempi più positivi

“Nigeria, Mali, Costa d’Avorio, Sierra Leone, Senegal stanno avviando campagne di controinformazione per scoraggiare le partenze. Spiegando la verità: che in Europa non ci sono prospettive. Chi parte rischia di appartenere a una generazione senza futuro. Una di queste campagne è anche efficace, si tratta di affissioni con la scritta ‘Il nostro Eldorado è il Mali’. Anche diverse conferenze episcopali stanno lavorando bene per invertire la tendenza”

– Fake news numero 5. Il terrorismo non c’entra niente

“C’entra, eccome. Da almeno due anni le reti terroristiche si sono inserite nel contrabbando di persone, da cui traggono risorse essenzialmente per acquistare armi. E poi c’è la cosa peggiore”

– Cioè?

“L’esistenza di queste rotte migratorie può facilitare lo spostamento prima verso l’Africa e poi verso l’Europa anche di terroristi. I militanti dello Stato Islamico sconfitto in Siria e Iraq dove finiscono?”

– Le diverse reti islamiste sono in competizione tra loro?

“Ci sono due realtà contrapposte: Al Qaeda e gruppi satelliti, e Isis. Poi gli uni e gli altri collaborano con contrabbandieri di armi, di droga, e anche con le reti criminali legate al bracconaggio. In Somalia, ci sono gruppi criminali che ancora nel 2011-12 ricavavano il 40% delle loro entrate dal traffico illegale di avorio”

– Ma, considerando tutto questo sfacelo, perché così tanti politici ed “esperti” in Italia e in Europa hanno negato l’evidenza per anni?

“Per ideologia, e anche per interesse. Se aderivi alla visione ideologica tradizionale, quella che negava il problema immigrazione, per anni avevi porte aperte, nei media come nell’accademia”

– Che dobbiamo fare anche nel quotidiano per aprire una pagina culturalmente nuova?

Opporci a una campagna di demoralizzazione e di svalutazione dell’Occidente. Ci autocolpevolizziamo, come se tutto il male del mondo dipendesse da noi: problemi ambientali, femminicidio, sfruttamento dei paesi poveri. Tutte campagne ideologiche spesso costruite per colpevolizzare l’Occidente a prescindere. È ora di contrastarle”