Vita, famiglia, educazione: intervista esclusiva a Rod Dreher

da Notizie Provita 10 Settembre 2018

di Francesca Romana Poleggi

Domani, martedì 11 settembre 2018, alla Camera dei Deputati, nella Sala Aldo Moro, alle 10.30 si terrà un seminario, interessante non solo per chi di dichiara pro vita e pro famiglia, dal titolo “L’Opzione Benedetto – Incontro con Rod Dreher”.

Classe 1967, Dreher è uno scrittore americano, già critico cinematografico, conservatore, molto scettico sul capitalismo “mercatista”. Cresciuto in una famiglia metodista, si è convertito nel 1993 al cattolicesimo e poi, nel 2006, a seguito dello scandalo dei preti pedofili e omosessuali, ha aderito alla Chiesa ortodossa. Tra le sue tante produzioni letterarie (ha scritto anche su Dante e sulla Divina Commedia), si è recentemente acceso il dibattito a proposito del suo ultimo saggio Opzione Benedetto, del 2017: in esso Dreher veicola l’idea che i cristiani che vogliono mantenere la loro fede dovrebbero separarsi in qualche modo dal “mondo”, come gli antichi monaci benedettini.

Il discorso strettamente religioso esula dalla mission di ProVita, ma molti di noi – e dei nostri Lettori – sono credenti e sicuramente interessati a saperne di più sulla “opzione Benedetto”, almeno dal punto di vista bioetico e dei “principi non negoziabili”: vita, famiglia e libertà educativa. Per questo abbiamo raggiunto Rod Dreher e gli abbiamo rivolto alcune domande.

Mr. Dreher, nel 2015 lei ha scritto: «Credo che oggi il pessimismo sia semplicemente realismo, e che sia meglio per noi [cristiani] ritirarci strategicamente in una posizione che siamo in grado di difendere». Nel 2018, lo scriverebbe ancora? Pensa che “la buona battaglia” sia perduta?

Il poeta T.S. Eliot disse che non ci sono cause perse, perché non ci sono cause vinte. I cristiani devono sempre continuare a lottare per il bene, per ciò che è vero e moralmente giusto. Le mie parole, nel 2015, riguardavano la battaglia sulla legalizzazione del matrimonio gay negli Stati Uniti. Ora è legale, ma non solo è legale: è popolare. Anche la maggior parte di coloro che si definiscono cattolici negli Stati Uniti è favorevole al matrimonio gay. Noi cristiani abbiamo quindi perso quella battaglia. E il motivo è che in precedenza avevamo perso la battaglia per proteggere e trasmettere intatto il significato profondo del sesso e del matrimonio.

Il mio consiglio nel 2015 è stato di abbandonare la speranza di rovesciare quella legge, e invece di concentrarsi sulla protezione dei diritti di libertà dei cristiani che non la condividono, affinché possano e sappiano controllare le loro stesse istituzioni. Gli attivisti gay usano lo Stato per costringere le scuole cristiane e altre istituzioni ad accettare i “diritti” dei gay a tutti i livelli. Questa è una battaglia che si può ancora vincere – voglio dire, il diritto di resistere al dispotismo statale – ma non possiamo ormai eliminare la legge che ha regolato il “matrimonio” gay, non ora. Molti non vogliono accettare questa realtà e stanno sprecando tempo ed energie combattendo una battaglia che è già persa, invece di concentrarsi su quella che potremmo ancora vincere.

La battaglia si può vincere invocando la legge naturale, che unisce tutte le persone di buona volontà, indipendentemente dal credo religioso? Una tale alleanza di tutti, credenti e non credenti, in nome della ragione ha senso?

In teoria, sì, ma al di fuori di circoli ristretti di intellettuali cattolici, nessuno negli Stati Uniti si preoccupa della legge naturale, o sa di cosa si tratta. Alcuni anni fa ho letto un gran bel libro che difende il matrimonio vero, naturale, dal punto di vista della legge naturale. Gli autori erano tre filosofi cattolici. Era molto razionale – davvero un bel lavoro. Ma sapevo che non avrebbe avuto presa nel dibattito, perché l‘unica cosa che interessa agli americani è il “diritto” di “fare ciò che vogliono”, specialmente nell’ambito della loro sessualità.

Guardate cosa sta succedendo con il movimento transgender. È follia morale totale, ma sta diventando popolare. Hanno fatto credere alla gente che essere uomo o donna non è un dato della natura, ma è interamente una questione di volontà umana individuale. È diventato il sogno americano credere di potersi trasformare in ciò che si immagina. Questo è un “interesse metafisico” che sta rapidamente diventando un “diritto”.

Su questa scia, vedremo molto presto alcuni terribili effetti del transumanesimo, basati sulla stessa cattiva metafisica – una metafisica che dice che non c’è alcun significato intrinseco nella natura, che la natura è solo una materia plasmabile dalla mera volontà dell’uomo. Lo storico Yuval Noah Hariri ha affermato che il patto della modernità è semplice: bisogna rinunciare al significato in cambio del potere. Cioè, se vuoi che il potere faccia tutto ciò che vuoi, devi rinunciare all’idea che ci sia un significato nella vita e nel mondo.

Questo è un compromesso che la maggior parte dei nostri contemporanei accetta, almeno nel mio paese. Anche se a parole lo negano, nei fatti le loro azioni parlano più chiaro delle loro parole.

Nel 1992, in una sentenza della Corte Suprema che riaffermava il diritto all’aborto, il giudice Anthony Kennedy scrisse: «Al centro della libertà c’è il diritto di definire il proprio soggettivo concetto di esistenza, di significato e dell’universo e del mistero della vita umana». Questa affermazione nega la legge naturale. Penso che il giudice Kennedy sia molto, molto in errore, ma le sue parole rispecchiano ciò che gli americani oggi credono veramente. Questo è il motivo per cui le argomentazioni di diritto naturale sono inutili.

I principi non negoziabili (diritto alla vita, diritti della famiglia naturale e libertà di educazione), che sono comunque il cuore della legge naturale, possono essere sufficienti a fornire una “casa comune” per credenti e non credenti?

Come ho detto, in teoria sì. Ma le persone oggi non pensano in questi termini. Quello che stiamo vivendo come civiltà, penso, è la perdita di Dio e del senso, della dimensione trascendente della vita. Papa Benedetto XVI aveva ragione: viviamo sotto una dittatura del relativismo. Questa dittatura cancella la legge naturale dalla mente delle persone. Credo che alla fine la legge naturale si affermerà di nuovo, perché è integrata intimamente alla natura umana. Ma ciò avverrà solo dopo grandi sofferenze e distruzioni. Noi cristiani dobbiamo fare del nostro meglio per costruire le nostre comunità secondo la legge naturale.

Oggi, chi cerca di sollevare un dibattito in base alla legge naturale, ad esempio sul matrimonio, viene bollato come bigotto. La vera sfida che i cristiani affrontano nella nostra cultura non è solo intellettuale, ma è una questione di volontà. Se non riusciamo neppure a convincere i nostri figli a credere a ciò che la Chiesa insegna riguardo al matrimonio naturale e alla sessualità, allora come possiamo trasformare questa cultura post-cristiana?

Questi principi inviolabili possono essere la base per lanciare un contrattacco in nome della ragione o il “ritiro” è definitivo? Il realismo – il pessimismo a cui lei si riferisce, non toglie la speranza per il futuro?

Il contrattacco può essere efficace solo se si ha la speranza di trovare alleati nel combattimento. Secondo alcuni dati, il 67% dei cattolici americani sostiene il matrimonio gay e il 53% sostiene l’aborto. Noi cristiani non possiamo smettere di dire la verità, ma dobbiamo essere realisti su ciò che può essere fatto in queste circostanze. Confronto la nostra situazione con quella dell’esercito britannico a Dunkerque. Erano circondati dall’esercito tedesco e non avevano modo di contrattaccare. Se avessero provato a farlo, sarebbero stati distrutti. L’unica possibilità che avevano era di ritirarsi dalla spiaggia, tornare in Gran Bretagna e riorganizzarsi per il giorno in cui avrebbero potuto tornare in battaglia.

Quando gli inglesi si ritirarono, non persero la speranza nel futuro; il loro ritiro era necessario per preservare questa speranza. È lo stesso per noi. Nella nostra situazione, noi cristiani non solo abbiamo perso la cultura della vita, ma stiamo anche perdendo i nostri figli nella “cultura della morte”. Se restiamo qui, “sulla spiaggia di Dunkerque”, per così dire, perderemo tutto.

Recentemente ho visto un articolo su La Stampa che diceva che solo un numero molto ridotto di cattolici italiani trasmette la fede in modo forte e generoso alle generazioni successive. Atei e cattolici non hanno difficoltà a trasmettere le loro convinzioni ai loro figli! Certo che no, perché i valori della cultura che trasmettono sono post-cristiani, persino anticristiani. Il punto della The Benedict Option è che per combattere la buona battaglia per la Verità, dobbiamo essere più intelligenti, informati e per prima cosa assicurarci che i valori cristiani alberghino nei cuori e nelle menti dei nostri figli e dei nostri nipoti. Se non possiamo prima di tutto salvare loro da questa cultura anticristiana, non c’è speranza per il futuro.

E allora la prima delle battaglie è quella sulla libertà educativa!