“Praticavo aborti, oggi difendo la vita”

In Terris 22 maggio 2018

Nell’anniversario della legge 194, la testimonianza del dott. Oriente, ginecologo

di Federico Cenci

A quarant’anni dall’approvazione della legge 194, che ha introdotto l’aborto in Italia, molti suoi fautori si chiedono come sia possibile che persista un alto numero di medici obiettori di coscienza. La risposta risiede nel profondo dello sguardo o nella voce spezzata dall’emozione di alcuni di loro, come il dott. Antonio Oriente, ginecologo siciliano 64enne.

Oggi è un medico che si spende per convincere le donne indecise a far nascere i bambini che portano in grembo, ma per tanti anni le sue mani hanno praticato aborti, “hanno ucciso i figli degli altri”, come ammette lui stesso senza giri di parole in un’intervista ad In Terris.

La sua storia professionale si intreccia con quella personale. Ed inizia a farlo negli anni ’80, tra i tormenti di un uomo che non riusciva a trovare la serenità. “Mia moglie, pediatra, adorava e curava i bambini, ma non riuscivamo ad avere figli nostri, nemmeno con la strada della fecondazione artificiale, e lei ne soffriva in modo terribile”, racconta. Lui passava ore interminabili nella sala d’ospedale, cercando di esorcizzare la sofferenza con l’impegno lavorativo. “Mancavo da casa anche due giorni di seguito – dice -, tutto assorbito dal mio lavoro, che consisteva anche nel praticare aborti, nell’uccidere i figli degli altri, mentre non riuscivo ad averne di miei”.

La svolta

Il dott. Oriente non si capacitava del fatto che la scienza medica, che aveva studiato con passione e quasi adorazione, non riuscisse a dare risposte al bisogno di genitorialità suo e di sua moglie. L’inizio della svolta arrivò in una sera che sembrava foriera della solita amarezza.

“Erano i primi mesi del 1986 – racconta -, avevo finito il turno in consultorio ma avevo deciso di non tornare a casa, mi chiusi nel mio studio con la testa tra le mani, ripensando al dolore che vivevo con mia moglie e piangendo”. Proprio in quegli istanti, passò davanti allo studio una coppia di persone che il dott. Oriente seguiva da tempo per infertilità. “Videro le luci – spiega – e sapendo che il consultorio a quell’ora era chiuso, entrarono temendo che avessi lasciato l’interruttore acceso o che io potessi avere dei problemi”. E in effetti trovarono il medico che li curava in preda ad un malessere. “Con loro – afferma – trovai il coraggio di confidarmi”.

Le due persone ascoltarono, con quella compassione che sa avere chi vive sofferenze simili, e poi dissero: “Dottore, noi non abbiamo una soluzione al problema, del resto continuiamo a venire da lei, però possiamo presentarle una persona che a noi ha dato serenità e un senso a quanto stiamo vivendo: Gesù Cristo”.

Si trattava di persone che si erano avvicinate da poco a un movimento ecclesiale, il Rinnovamento nello Spirito. “Incredulo ma incuriosito, mi avvicinai anch’io”, racconta il dott. Oriente. “Una sera – prosegue – entrai in chiesa e mi trovai a meditare davanti al crocifisso, chiedendomi ‘come posso io chiedere un figlio al Signore, quando uccido quelli degli altri?’.

E dopo mi passarono davanti agli occhi le immagini dei tanti bambini che avevo fatto abortire”. Una domanda che servì a scavare nella propria interiorità. “Mi sentii compreso da un Padre misericordioso – racconta – e capii che dovevo cambiare la mia prospettiva da medico, perché il medico la vita la difende ad ogni costo, non la sopprime”.

Cambio di prospettiva che si condensò in un gesto. “Presi un foglietto di carta e scrissi ‘Mai più morte, fratello Antonio’, con la ferma intenzione di non dedicarmi più all’aborto ma alla vita”. La svolta fu immediata. “In consultorio iniziai a consigliare le ragazze a tenere il proprio bambino”, spiega. Ma una svolta stava aspettando il dott. Oriente anche a casa.

“Un giorno trovai mia moglie che era in bagno a vomitare, pensai a un malessere passeggero – spiega – poi lei fece dei test di gravidanza che, tuttavia, furono negativi”. Ma i mal di stomaco continuavano e le mestruazioni non arrivavano ancora nei giorni a venire, così la donna fece un esame del sangue che diede l’atteso responso: attendeva un bambino. “Dopo otto mesi nacque Domenico – racconta – e subito dopo, arrivò anche Luigi, due figli che sono una benedizione di Dio.

La consegna dei ferri al Papa

Il dott. Oriente, tuttavia, ancora non aveva colmato del tutto il suo desiderio di rinascere spiritualmente, il carico degli aborti praticati ancora pesava sulla sua coscienza. “Girai come una trottola per cercare un prete che mi confessasse – ricorda – ma invano, fin quando trovai assistenza nel mio vescovo”. Per tagliare però del tutto i ponti col passato, il ginecologo voleva separarsi dei ferri con i quali aveva compiuto tanti aborti.

“Decisi di consegnarli al Papa – spiega -, avevo tentato con Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, ma senza riuscirci. L’opportunità mi fu data nel settembre 2013, durante l’udienza di Francesco con dei medici cattolici”. Fu un episodio che il dott. Oriente non esita a chiamare “miracoloso”, perché “sembrava che non potessi incontrarlo, ero in quarta fila e solo le prime due potevano avvicinarsi al Papa, quando fu lui stesso a chiamarmi a sé tramite il suo segretario. Mi accolse, pose le mani sul mio capo, mi benedì e mi confermò nel mandato di evangelizzazione pro-vita”.

L’impegno in consultorio

Un “mandato” che il dott. Oriente svolge ogni giorno, riusciamo a parlarci al telefono per l’intervista proprio in una pausa tra un colloquio e l’altro con le donne in consultorio. Un luogo, quest’ultimo, che è un vero e proprio “ospedale da campo”, dove più che di parole, c’è bisogno di affetto e di condivisione.

“Quando vedo che le motivazioni non bastano per convincerle a non abortire – afferma -, mi alzo dalla sedia, faccio il giro della scrivania e le abbraccio. Così molte di loro si convincono a tenere il bambino”. E l’assistenza prosegue anche dopo la nascita del piccolo, “aiutiamo le giovani in difficoltà economica – spiega – offrendo loro un appartamento di cui noi paghiamo l’affitto”.

“Certo – ammette il ginecologo – lavoriamo con tante difficoltà, perché l’Azienda sanitaria non ci aiuta e perché il consultorio viene considerato un ‘abortificio’”, nonostante sia la stessa legge 194 a prevedere che in questi luoghi la donna sia aiutata “a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza”, “offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto”.

Quarant’anni dopo, in tanti ignorano questo passaggio della legge 194. E forse ignorano anche la storia del dott. Antonio Oriente, altrimenti forse sull’aborto cambierebbero idea.