Mille e non più mille

Il Timone  n. 172 di aprile 2018

Spesso si dice che, nell’approssimarsi dell’Anno Mille, gli uomini del tempo vivessero nell’attesa angosciosa della fine del mondo. Ma è veramente andata così?

di Marco di Matteo

Un mito storiografico ci presenta la società europea al termine del X secolo come paralizzata, per colpa di una superstizione cristiana, dal terrore della prossima fine del mondo, che si credeva coincidente con il compimento del millesimo anno dalla nascita di Cristo. Per preparasi adeguatamente alla mezzanotte di S. Silvestro del 999, gli uomini del tempo avrebbero abbandonato ogni attività e si sarebbero dedicati solo alle opere di preghiera e di penitenza; essi inoltre sarebbero accorsi ad offrire ai monasteri i propri beni e tesori, per ottenere il perdono delle colpe. Vedendo poi spuntare l’alba del nuovo millennio, avrebbero tirato un sospiro di sollievo e si sarebbero impegnati con gioia e rinnovata alacrità in tutti i campi della vita.

Un mito storiografico

In realtà questa ricostruzione è puramente immaginaria e si basa su leggende inventate circa cinquecento anni dopo tali presunti eventi, che compaiono per la prima volta negli Annales del monaco benedettino occultista Giovanni Tritemio (1462-1517).

Nel Settecento anche alcuni ecclesiastici, soprattutto benedettini, animati dall’intento di purificare la devozione religiosa da ogni elemento superstizioso, hanno accreditato la leggenda dei terrori dell’anno Mille, che essi intendevano condannare alla stregua di tutte le altre manifestazioni di barbarie del passato.

Poi, le immagini di queste presunte paure e superstizioni collettive furono riprese prima e durante la Rivoluzione Francese da philosophes e pamphletisti anticlericali, che accusavano la Chiesa non solo di aver diffuso credenze irrazionali tra il popolo, ma di averle sfruttate ingannevolmente per incitare nobili, borghesi e contadini a donare i loro beni ai conventi e alla Chiesa.

Sulla base di tale arbitraria ricostruzione, in Francia, nel 1791, si giustificò la confisca dei beni del clero, che fu presentata come una doverosa restituzione al popolo di ricchezze sottratte con sotterfugi nei “secoli bui”.

In età romantica diversi storiografi, in primis Jules Michelet, bramosi di scene tragiche e apocalittiche, diedero pieno credito a tali leggende, raccontando in termini melodrammatici le angosce del popolo cristiano alla vigilia del Millennio. Nel 1876 Le Dictionnaire Universel Larousse conferì un’ulteriore consacrazione a questo mito storiografico, contribuendo a diffonderlo nei manuali scolastici. In Italia soprattutto Giosuè Carducci accreditò tali fantasie nei suoi Discorsi sullo svolgimento della letteratura nazionale.

La verità storica

Se questa è la leggenda, che cosa in realtà ci raccontano le fonti coeve o di poco posteriori al Mille?

Cominciamo col dire che anche questa, come tutte le menzogne, parte da un nucleo di verità: da un lato l’attesa escatologica, biblicamente fondata, della seconda venuta di Cristo, che ha sempre accompagnato la storia della cristianità, soprattutto medievale (alimentando talvolta tendenze millenaristiche poi condannate dalla Chiesa: cfr. box); dall’altro, l’evidente fioritura demografica, economica, artistica ed intellettuale che ha caratterizzato l’Europa dopo il Mille.

Tutto questo però non avalla la tesi dei terrori dell’anno Mille, perché dalle fonti non risulta alcun indizio del fatto che l’umanità, al volgere del X secolo, fosse triste e inerte nell’attesa della fine. Al contrario, tutti i documenti ci presentano un’umanità che vive come sempre, lavorando e progettando per il futuro, come se avesse davanti a sé tutto l’avvenire. Le centocinquanta bolle papali pubblicate dal 970 al 1000 non fanno menzione della fine del mondo.

I venti concili svoltisi dal 990 al 1000 non accennano a questa drammatica scadenza, al contrario legiferano per gli anni successivi al Mille, a dimostrazione che i vescovi non credevano all’imminente catastrofe (ad esempio nel 998 il concilio di Roma imponeva al re di Francia Roberto II una penitenza di sette anni, quindi fino al 1005). Il 31 dicembre 999 Silvestro II riconfermava Arnoldo arcivescovo di Reims. I Veneziani si impadronivano dell’Istria e della Dalmazia nel 998-999 e, nello stesso periodo, Stefano d’Ungheria otteneva dal Papa il titolo di re. Inoltre dal 950 al 1000 solo in Francia furono costruiti o restaurati circa centoventi monasteri.

I pochi testi a cui si sono potuti appellare i sostenitori della leggenda o sono anteriori di circa mezzo secolo al Mille (come il Libellus de Antechristo del monaco Azzone, dove si preannuncia la fine del mondo dopo l’avvento dell’Anticristo, ma senza precisare la data), o sono ad esso posteriori, come le Cronache dell’anno mille del monaco Rodolfo il Glabro, che alludono a fatti verificatisi nel 1033, gli Annales dell’abbazia di Quedlinburg in Sassonia, che raccontano eventi relativi al 1014, e il  Chronicon di Sigeberto di Gembloux, che risale ad un secolo dopo.

Ci sono inoltre chiare attestazioni di come gli uomini di Chiesa si adoperassero per sconfessare le profezie apocalittiche circolanti in certi ambienti: quando il 22 dicembre 968 si verificò un’eclissi totale di sole che spaventò l’armata di Ottone I, il vescovo di Liegi rassicurò i soldati sostenendo il carattere naturale del fenomeno; Abbone di Fleury (945-1004) racconta di aver dovuto in due occasioni confutare pubblicamente false profezie sul prossimo avvento dell’Anticristo.

Da quanto riportato risulta evidente che la leggenda dell’Anno Mille, come ha riconosciuto anche lo storico Georges Duby, rappresenta una delle tante manifestazioni di ingiustificato disprezzo nei confronti delle proprie radici medievali da parte della cultura occidentale.

MILLENARISMO

Con il termine millenarismo o chiliasmo (dal greco chiliás, migliaio) si designa una dottrina dei primi secoli cristiani, che professava la credenza nell’avvento di un regno terreno di Gesù Cristo riservato solo ai giusti, della durata di mille anni, prima del giudizio finale. Si riscontrano idee millenaristiche, basate perlopiù su un’interpretazione letterale del cap. XX dell’Apocalisse, in diversi Padri della Chiesa.

Ad esse si oppose vigorosamente Sant’Agostino che, sulla base di un’esegesi allegorico-spirituale dei passi in questione, intese i mille anni dopo la risurrezione di Cristo come simbolo della vita della Chiesa e la prima risurrezione dei giusti come la glorificazione delle anime sante, che regnano con Cristo in cielo e in qualche modo anche sulla terra con la luce del loro esempio. Dopo la confutazione di Agostino, il millenarismo scomparve gradualmente, lasciando qualche traccia in alcune correnti escatologiche medievali.

Per saperne di più…

Duby, L’Anno Mille. Storia religiosa e psicologia collettiva, Einaudi 2001.

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