La differenza tra dignità e libertà.

Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân sulla Dottrina sociale della Chiesa 

 Newsletter n.889 del 14 Maggio 2018

Un libro di Giovanni Turco a cavallo tra filosofia e diritto.

di Stefano Fontana

Secondo la filosofia classica e cristiana e in modo particolare nella linea Aristotele-Tommaso, la libertà non appartiene all’essenza dell’uomo. In altre parole l’uomo non è uomo in quanto libero, anche se ogni uomo è libero. La libertà è una proprietà che deriva dall’essenza e in particolare dalla differenza specifica della razionalità. L’uomo è uomo in quanto è razionale e, quindi, gode della proprietà della libertà. L’uomo ha la libertà, non è libertà. Nel giudizio “l’uomo è razionale”, il legame tra soggetto e predicato è essenziale e universale. Nel giudizio “l’uomo è libero”, il rapporto tra soggetto e predicato è universale ma non essenziale.

Questa distinzione è molto importante, perché se la libertà è una proprietà che deriva dall’essenza, essa è anche regolata dall’essenza che ne rappresenta la norma e, nello stesso tempo, il fine. È una libertà ontologicamente motivata e finalisticamente normata. Non è quindi la libertà assoluta dei moderni. Essa è l’estensione al campo pratico-esistenziale dell’essenza o, meglio, della natura dell’uomo. Per questo si può dire che la distinzione tra essenza e libertà si fonda sulla distinzione tra essenza ed esistenza.

La questione viene affrontata dal prof. Giovanni Turco per considerare se la dignità dell’uomo sia tale per la sua essenza o per la sua libertà. In base a quanto si è appena detto, la dignità dell’uomo appartiene alla sua essenza e non alla sua libertà la quale acquista dignità proprio in ordine all’essenza. Ma se la libertà viene considerata non una proprietà ma espressione dell’essenza stessa, se l’uomo è considerato libero per essenza, allora la dignità gli appartiene per la libertà stessa. È questo il passaggio chiave che l’autore indaga in profondità: il passaggio dall’avere la libertà ad essere libertà.

Se l’uomo è libertà, allora egli non ha più una essenza naturalmente intesa, ma sarà ciò che la sua libertà gli permetterà di essere. L’uomo sarà ciò che egli vuole essere, senza vincoli naturali di carattere ontologico. Di più: la sua dignità consisterà proprio in questo opporsi ad ogni natura propria precedente e data, per crearsi così come vuole. L’uomo è tanto pià titolare di dignità, quanto più anarchicamente o libertariamente rifiuta di avere un proprio essere da rispettare finalisticamente. Per potersi costruire in totale libertà – fa notare acutamente Turco – l’uomo non deve essere nulla, deve non essere: per essere deve non essere, la contraddizione raggiunge qui il massimo approdo.

Si comprende così anche il versante giuridico della questione. Se la dignità non sta nell’essenza ma nella libertà, i desideri diventano diritti meritevoli di protezione giuridica e di soddisfazione politica. Infatti se la libertà è tale originariamente e da sola, senza essere proprietà derivante dalla razionalità, essa si configura come puro volontarismo, ossia come desiderio non bisognoso di giustificazione. La libertà si giustifica da se stessa e su se stessa, quindi non si giustifica. Il volontarismo poi porta al prassismo, in quanto a giudicare la scelta libera della volontà saranno i risultati ottenuti nella prassi. Con il che la svolta nichilistica dei diritti ha compiuto tutto il suo tragitto.

I capitoli centrali del libro sono due. Il primo è quello in cui l’autore ripercorre le principali sentenze della Corte costituzionale italiana dagli anni Cinquanta a noi, per mostrare come si sia progressivamente passati da una concezione di dignità precedente e superiore alla libertà ad una coincidente con la libertà. Il che spiega come i cosiddetti “nuovi diritti” trovino ormai sistematica conferma nelle sentenze della Corte.

Il secondo – veramente pregevole – è l’esame dalla Oratio de hominis dignitate di Giovanni Pico della Mirandola, nella quale l’Autore vede la prima architettura di questa nuova concezione moderna di libertà disancorata dalla essenza. Si tratta del primo importante passo verso la priorità dell’esistenza sull’essenza.

L’analisi di Turco è convincente e rigorosa, anche nel segnalare un decisivo (a nostro parere) aspetto gnostico di tutta la questione, aspetto già ben presente nella Oratio del Mirandolese e, possiamo dire, in tutto l’umanesimo, il rinascimento e l’età moderna. Nella anticipazione dell’esistenza sull’essenza e nella coincidenza tra dignità e libertà è evidente il progetto gnostico di autodivinazione dell’uomo, creatore di se stesso e fine a se stesso.

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Giovanni Turco, Dignità e diritti. Un bivio filosofico-giuridico, Giappichelli, Torino 2017].