Il padre è morto, ed è stato sostituito da un’idea totalitaria

Linkiesta 19 Marzo 2018

N.d.Rassegna Stampa: una riflessione da sinistra sulla scomparsa del padre nella società contemporanea

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Dalle ceneri del Padre, centro dell’ordine sociale, non nasce l’Ordine nuovo dell’umanità liberata. Intravediamo, invece, la fine della stessa società che volevamo liberare

di Alessio Postiglione

Buona festa del papà a tutti noi! Perché questa festa rischia di essere solo un necrologio, un requiem per una figura che non c’è più. Padre-padrone e patriarca, eletto a nemico pubblico numero 3 dalla sinistra sessantottina, subito dopo il Capitalismo e il Neoliberismo (le maiuscole sono d’obbligo), il Padre non gode di ottima salute.

Epitome dei privilegi che nella società tradizionale spettavano al maschio, perché ci si dimentica dei doveri che invece facevano premio sui diritti, frana di fronte agli ukase del femminismo e del radicalismo della “vera sinistra”.

Quella “vera sinistra”, evocata al Teatro Brancaccio o ai girotondi come in una seduta spiritica e che immancabilmente perde le elezioni. Quella sinistra che, nella sua marcia verso il Sol dell’Avvenir, distrugge i simboli del passato come i talebani con buddha di bamiyan.

La sinistra tafazziana, incurante della disaffezione delle masse che, nella “società del rischio” e delle “identità liquide”, cercano invece le certezze granitiche di un papà vecchio stampo. Ma si sa che l’ossessione del giacobinismo che anima pezzi di femminismo e sinistra è “rieducare”, per costruire l’Ordine nuovo.

Così, siamo passati dalle teorie di Alexander Mitscherlich che, in “Verso una società senza padri”, puntava a eliminare i padri per disintegrare la società patriarcale e il Capitalismo al metrosexual della cultura Glamour, non più maschi ma umanità gender-neutral che passa il tempo a depilarsi e a rifarsi le sopracciglia ad ali di gabbiano. La società senza padre degli eterni figli. La società senza doveri, ma dei diritti.

Ironia della sorte: dalle ceneri del Padre, centro dell’ordine sociale, non nasce l’Ordine nuovo dell’umanità liberata. Intravediamo, invece, la fine della stessa società che volevamo liberare.

La morte del Padre è anche morte del maschio, terrorizzato dalla sua stessa ombra, incapace di invitare una donna a cena, figurarsi proporle di farsi una famiglia. La campagna #MeeToo qualifica come molestie maschiliste anche una carezza su di una gamba femminile nel corso di un invito galante. L’eterosessualità oramai è un rischio.

Nel tramonto della virilità, si consuma la crisi demografica dell’Occidente che alimenta le paure agitate dagli spettri conservatori che prendono la forma delle teorie della “grande sostituzione” demografica. Le teorie di Renaud Camus per le quali i migranti servono per ripopolare un’Europa sterile. E, per quanto tali teorie risentano della vecchia ossessione complottista della destra radicale, il tema della flessione demografica dell’Occidente c’è.

Insomma, per spezzare l’autoritarismo, abbiamo spazzato via il principio di autorità e, dunque, il padre. Invece di spezzare le catene del Capitalismo abbiamo spazzato via gli unici freni che ne inibivano il suo trionfo incontrollato: i freni morali del Padre. Di cui oggi celebriamo solo il ricordo

Paghiamo evidentemente il conto di una serie di battaglie culturali che, benché all’origine giuste, si sono trasformate in una ossessione totalitaria che, dopo aver distrutto il mondo com’era, non sono state capaci di indicare “un altro mondo possibile”.

L’inno tedesco non va bene perché c’è l’espressione “terra dei padri”; la scrittrice Michela Murgia propone di sostituire “patria” con “matria” per cancellare tutti i riferimenti all’obbrobriosa cultura patriarcale che essa esprime – dimentica che l’italiano già aveva trovato la giusta sintesi in “madre patria” -, la delegittimazione del maschio-padre è completa. Essere maschi veterosexual e padri comincia ad avere un costo sociale improponibile, accusati di sessismo, molestie e fascismo: molto meglio godersi la vita con leggerezza, sembra suggerire la sinistra degli aperitivi.

“La società si regge sul no del padre”, scriveva il filosofo Michel Foucault, ma al papà-amico è proibito perfino dare un ceffone al figlio, nei cui riguardi invece persiste l’obbligo di mantenerlo, corrispondendogli tutti i feticci consumistici che la società impone: merci griffate, smartphone costosissimi, cibo bio. Il superio – la voce del padre che per la psicanalisi è dentro di noi, imponendoci l’ordine morale a scapito delle pulsioni libidiche -, è stato distrutto.

Ma prevale solo l’Es – lo sfrenato desiderio asociale e senza limiti -, l’Io, che per Freud doveva mediare fra essere e dover essere, non ci riesce più. Ma la nemesi incombe: proprio Capitalismo e Neoliberismo si giovano della morte del padre. Perché il feticismo delle merci, come lo chiamava Marx, cioè il consumismo, si basa proprio sulla possibilità di soddisfare tutti i bisogni indotti che ci vengono inoculati, senza che la fastidiosa voce del Padre e del dover essere ci imponga limiti o dubbi.

Insomma, per spezzare l’autoritarismo, abbiamo spazzato via il principio di autorità e, dunque, il padre. Invece di spezzare le catene del Capitalismo abbiamo spazzato via gli unici freni che ne inibivano il suo trionfo incontrollato: i freni morali del Padre. Di cui oggi celebriamo solo il ricordo.