Cina: la vincitrice della globalizzazione

Laogai Research Foundation Onlus

18 Marzo 2018

La bilancia commerciale cinese è abbondantemente in attivo con tutti i principali paesi industrializzati. Praticamente tutti si ritrovano ad importare dalla Cina molto di più di quello che riescono ad esportare.

Questo processo consente alla Cina di ottenere una crescita costante del PIL (circa del 7% anno), quindi centrare l’obiettivo fissato da Pechino. In sostanza ogni anno, un fiume di denaro si sposta da occidente verso la Cina. Con questi soldi Pechino sta acquistando aziende, tecnologia e “know how” da tutto il mondo, si sta trasformando in una formidabile potenza economica e militare in grado di influenzare gli equilibri mondiali e di ridefinirne regole e principi.

Nel 2017 il surplus commerciale complessivo della Cina è stato di $ 422,5 miliardi 

Il surplus della Cina verso gli Stati Uniti nel 2017 è stato pari a $ 275,81 miliardi (finanza.com).

Il surplus della Cina verso l’Europa nel 2017 è stato pari a € 175 miliardi (ilgiornale.it).

Il surplus della Cina verso l’Italia nel 2016 è stato pari a € 16,18 miliardi (infomercatiesteri.com).

Questi incredibili numeri spiegano le ragioni della potenza cinese e delle difficoltà, spesso disastrose, da parte occidentale. Ma visto che i cinesi non si sono dimostrati leader in nessun settore legato ad innovazione, scienza o tecnologia, allora cerchiamo di capire quali sono state le cause che hanno portato a questa nuova realtà.

Alla fine degli anni Ottanta è iniziato un processo di delocalizzazione industriale dall’America e dall’Europa verso la Cina. Questo fenomeno, purtroppo, ha portato con se’ anche il trasferimento di esperienza e tecnologia. La Cina ha utilizzato astutamente l’esca di sussidi ed agevolazioni per attivare e consolidare questa dinamica. Naturalmente la manodopera a bassissimo costo e norme ambientali inesistenti hanno fatto da coronamento alla strategia di Deng Xiaoping.

Il secondo evento fondamentale è stata l’adesione della Cina al World Trade Organization (WTO) nel 2001. Per la Cina si sono aperte le porte dei mercati internazionali ed ha potuto attrarre investimenti in modo massiccio. Si è determinato anche un continuo trasferimento di tecnologia, sia mediante gli accordi avvenuti nelle joint venture con le aziende cinesi, sia “volontariamente”, cosa che permette alle aziende straniere di assicurarsi una posizione privilegiata nel mercato cinese. Tutto questo spiega perché, nella smania di massimizzare gli utili a breve termine e di aumentare il valore del titolo, molte grandi compagnie statunitensi (ed europee), hanno esternalizzato i processi e trasferito conoscenza e tecnologia in Cina, dando un contributo decisivo al rafforzamento economico e industriale del gigante asiatico (Come la Cina sta conquistando l’Occidente – Pablo Cardenal, Heriberto Araujo – Feltrinelli).

E intanto il deficit commerciale si è andato sempre più squilibrandosi. Ed il flusso della ricchezza continua a scorrere verso Pechino. Declino ed impoverimento sono la realtà, almeno per le piccole e medie imprese e per la classe media Occidentale.

Altro elemento da tenere in considerazione sono le regole su cui è basato il processo della GLOBALIZZAZIONE. Regole stabilite nel 1999 a Seattle, all’esordio del WTO. Quelli furono giorno di duri scontri e proteste anche per l’assenza di riferimenti alIe tutele ambientali ed ai diritti sociali, offrendo alla Cina vantaggi competitivi incontrastabili. Abbiamo permesso di invaderci con prodotti scadenti, semplicemente sfruttando la leva del prezzo. Abbiamo quindi condannato le nostre imprese, che invece devono giustamente attenersi al rispetto dei diritti dei lavoratori e alla tutela dell’ambiente come bene pubblico.

La cura per risolvere questa distorsione è che vengano riscritte (rapidamente), regole per ottenere mercati aperti e su basi eque.

E’ la Cina la patria del protezionismo da decenni. Su molti prodotti occidentali applica superdazi che sono il quintuplo di quelli americani. Costringe le aziende straniere ad investire sul suo territorio imponendo dei soci locali che rubano segreti industriali e tecnologici. Questa è la globalizzazione che piace a Xi Jinpimg. Sono regole asimmetriche. Queste regole sono superate e danneggiano tutto l’Occidente (Federico Rampini Azione 5.2.2019

Eppure la GLOBALIZZAZIONE è stata una grande opportunità per diffondere benessere e sviluppo ma è stata sprecata. Sprecata perché la Cina continua ad essere, anacronisticamente, un paese governato da un regime comunista totalitario, condannato a sopravvivere adattandosi ai cambiamenti. Il regime riesce a conservare la sua legittimità solo se riesce ad assicurare un costante miglioramento del livello di vita della popolazione.

Questo è il motivo per cui la Cina adotta queste pratiche scorrette per massimizzare i vantaggi a qualsiasi costo. Il flusso di denaro garantito dagli squilibri della bilancia commerciale va difeso ad ogni costo perché altrimenti “il castello collasserebbe rovinosamente su sé stesso”. Anche i valori supremi del passato sono stati sostituiti da un unico grande valore: il denaro. Il denaro è il collante che consente alla popolazione di accettare: repressione, autoritarismo, negazione dei diritti umani, assenza dello stato di diritto.

L’arricchimento senza scrupoli è pratica diffusa. La corruzione (con le famose “buste rosse”), pervade la politica, l’economia e la società in generale. E’ molto difficile fare business in Cina senza doversi confrontare con questa realtà.

Tuttavia anche se la popolazione, dopo il drammatico epilogo della protesta di piazza Tienanmen nel 1989, si dimostra rassegnata al fatto che nulla potrà mai cambiare, il sistema economico e finanziario cinese nasconde alcune fragilità molto importanti: sistema bancario malato e altissimo debito pubblico 300% del Pil (2.1.2018 Azione- Federico Rampini).

Prima o poi qualche cosa accadrà. Introdurre regole per ridurre il surplus commerciale della Cina farebbe del bene alle economie Occidentali e darebbe di qualche problema in più a Xi Jinping.