Il fare segue l’essere. Senza formazione il popolo cattolico si disperde

Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân

Newsletter n.861 del 6 Febbraio 2018

Sabato scorso 3 febbraio si è tenuto a Milano, presso il teatro Don Guanella, l’Incontro nazionale delle Scuole di Dottrina sociale della Chiesa “Mater et Magistra” dell’Osservatorio. La giornata dal titolo “Conoscere la verità, praticare la giustizia” è stata organizzata insieme al quotidiano online La Nuova Bussola Quotidiana. Pubblichiamo qui il testo integrale dell’intervento dell’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi, presidente dell’Osservatorio

S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi

Intervento a Milano – Teatro don Guanella

3 febbraio 2018

Cari amici,

sono lieto di trovarmi qui oggi, assieme a voi, in questa Giornata particolare. Direi, anzi, molto particolare, in cui ho la possibilità di incontrare molti partecipanti alle nostre Scuole di Dottrina sociale della Chiesa che andiamo organizzando in vari punti d’Italia. Si tratta di una iniziativa molto bella: la partecipazione comune alle Scuole ci ha fatto fare esperienza di una nostra unità e comunione spirituale e di intenti, anche se eravamo fisicamente lontani, dato che molti hanno partecipato online e, quindi, a distanza.

Ciò è capitato in particolare per la Scuola che ho tenuto io stesso, in collaborazione con La Nuova Bussola Quotidiana. Mentre le altre Scuole avevano una prevalente partecipazione in loco, nel mio caso invece il contatto è avvenuto solo a distanza. E’ stata quindi una buona idea, di cui ringrazio soprattutto il direttore Riccardo Cascioli e il prof. Stefano Fontana, organizzare questa giornata.

Oggi non farò un discorso di grandi contenuti teologici. Per questo abbiamo chiamato il prof. Don Mauro Gagliardi. Il mio sarà invece un discorso pastorale. Parlerò da Vescovo, da Vescovo che ha sempre lavorato nel campo della Dottrina sociale della Chiesa e che anche ora, sia per la Presidenza del nostro Osservatorio sia per l’incarico in Europa, ancora lo fa.

mons Giampaolo Crepaldi

E non cessa di interrogarsi e di riflettere sulla situazione della Dottrina sociale della Chiesa oggi. L’ho fatto, recentemente, in un libretto dal titolo “La Chiesa italiana e il futuro della pastorale sociale” edito da Cantagalli, di cui tra breve riprenderò qualche idea. Vi dico questo per confermare che, nonostante i miei impegni pastorali di Vescovo di Trieste mi occupino molto, seguo da vicino l’attività dell’Osservatorio, ho seguito con attenzione l’avvio e la conduzione delle nostre Scuole di Dottrina sociale della Chiesa a cui anche voi avete partecipato e sono qui oggi per dirvi di continuare e per dare, appunto, qualche motivazione pastorale di questo rinnovato impegno che vi chiedo.

Il titolo del mio intervento inizia con questa frase: “Il fare segue l’essere”. Agere seguitur esse, si diceva una volta. Si agisce in base a ciò che si è. Prima bisogna porsi il problema di essere … e poi ci si porrà il problema di cosa fare. La cosa è molto importante, perché mentre il fare potremmo considerarlo cosa che dipende da noi, l’essere, invece, ci appare subito come un dono. Per questo Benedetto XVI nella Caritas in veritate ha sviluppato il concetto che il ricevere precede il fare. Proprio perché il fare procede dall’essere e l’essere lo si è ricevuto, il dono ha la priorità. Un corollario di questo principio è che la volontà segue l’intelletto.

L’essere dell’uomo è fatto di intelletto e di volontà, ma l’intelletto prevale, essendo la luce per la volontà retta. Ecco allora la corretta successione delle cose: abbiamo ricevuto l’essere e quindi bisogna prima di tutto curarsi di essere e poi di fare; bisogna quindi capire cosa siamo con l’intelletto per poi agire con la forza della volontà retta.

Questo, cari amici, vale per ogni persona, ma vale anche per la Chiesa nel suo insieme. Ed è qui che si inserisce la Dottrina sociale della Chiesa e la necessità di una formazione sistematica ad essa. Molti oggi pensano che i cattolici debbano soprattutto agire, operare secondo una buona volontà animata dalla carità. La cosa ritenuta più importante è esserci sul terreno delle emergenze e dei bisogni del nostro prossimo.

E’ positivo questo senso di contribuire alla pace e alla giustizia, ma in base a quanto abbiamo appena osservato, il fare non è sufficiente. Se non è espressione dell’essere e se non è guidato dalla luce della verità, il fare si dimostra cieco. Si pensa che sia costruttivo e invece rischia di essere decostruttivo. Si prova una soddisfazione individuale intima perché si pensa di aver fatto il bene, ma in realtà non è stato proprio così.

La Dottrina sociale della Chiesa è espressione prima di tutto dell’essere della Chiesa e del suo intimo carattere missionario. La Dottrina sociale della Chiesa si nutre prima di tutto della vita della Chiesa. Da ciò nascono poi i criteri d’azione, che a questo punto non sono un mero fare, ma un “fare essendo”. La Chiesa non può agire prima di essere o senza essere. Ciò vale anche per i laici cattolici impegnati nell’azione sociale e politica tramite la Dottrina sociale della Chiesa. Quest’ultima ha un valore pratico, ma prima ne ha uno dottrinale e contenutistico che l’intelletto conosce e che indica alla volontà per poi agire. Senza appropriarsi di questi contenuti e senza considerare la Dottrina sociale della Chiesa connessa con l’essere della Chiesa stessa ci si agiterà nel fare, ma con scarsi risultati oggettivi.

Nel mio libro sopra ricordato ho esaminato il percorso della pastorale sociale dal Concilio ad oggi. Mi sono soffermato sul grandioso tentativo di rilancio della Dottrina sociale della Chiesa di Giovanni Paolo al quale ho partecipato anch’io dato il mio incarico in Santa Sede in quegli anni. Mi sono soffermato anche sugli ostacoli a questo rilancio, molti dei quali perdurano anche oggi. Uno di questi è considerare la Dottrina sociale della Chiesa come una generica spinta a fare, l’anima di un generico umanesimo, lo spunto per una presenza pastorale non meglio qualificata sul piano dei contenuti. In questo modo, però, la Dottrina sociale della Chiesa, intesa come corpus dottrinale, viene messa da parte.

Eccoci allora alla seconda parte del titolo di questo mio intervento: “senza formazione il popolo cattolico si disperde”. Il problema non è mai quanti si è, anche se pure noi cattolici ameremmo essere in tanti.

Il problema principale è se si è uniti o dispersi, se si è radicati insieme nell’essere o se si è dispersi nel fare fine a se stesso. Credo di poter dire che oggi i cattolici nella società e specialmente nella politica siano dispersi. Troveremo la soluzione con stravaganti formule o col recupero per il nostro essere? Né si creda che la dispersione riguardi solo le cose da fare. Essa ha una ricaduta anche nel modo di essere, perché questo è il paradosso: scavalcare il problema dell’essere per dedicarsi primariamente al fare, alla fine ha delle ripercussioni negative anche sull’essere.

La messa da parte del corpus della Dottrina sociale della Chiesa frammenta e disperde l’agire e, contemporaneamente e di rimbalzo, incrina il nostro essere uniti nella fede. Non siamo gli unici a fare formazione alla Dottrina sociale della Chiesa e quanto facciamo non è in concorrenza con nessun’altra iniziativa. Teniamo, però, ad aver chiare le motivazioni profonde della nostra attività.

Ho cercato, con queste mie brevi riflessioni, di comunicarvi lo spirito e l’intento con cui il nostro Osservatorio ha messo in piedi le Scuole di Dottrina sociale della Chiesa che abbiamo tenuto finora a Trieste (per il terzo anno), a Verona, a Staggia Senese, a Schio e a Lerici. Con lo stesso spirito stiamo iniziando la Scuola dell’Emilia che inizierà in marzo.

Ringrazio tutte le associazioni e i centri culturali che hanno collaborato con noi e che così hanno permesso che le nostre Scuole avessero un contatto con un territorio e una comunità. Se la Nuova Bussola è d’accordo, io personalmente sono ancora disposto a mettermi in gioco per questo progetto di formazione per una nuova edizione della Scuola online che ho tenuto quest’anno… mentre invito anche voi a farvi promotori di nuove iniziative nei luoghi in cui vivete. Grazie ancora a tutti e buon lavoro da fare insieme.