L’anima delle donne

Il Timone, n. 167, novembre 2017

Molti sono convinti che la Chiesa abbia atteso il VI secolo per stabilire con certezza che la donna abbia l’anima. In realtà questa leggenda nasce da un’interpretazione tendenziosa di un passo di san Gregorio di Tours.

 di Marco Di Matteo

C’è chi dice che nel 585 fu convocato a Mâcon, in Borgogna, un concilio per discutere una questione spinosa: la donna ha un’anima? In realtà nel 585 a Mâcon non si svolse alcun concilio ecumenico, ma, per iniziativa del re dei Franchi san Gontrano e del vescovo Prisco di Lione, venne convocato soltanto un sinodo provinciale, dai cui atti (ripubblicati recentemente) risulta con chiarezza che in nessuna sessione si discusse del problema dell’anima della donna. Il sinodo si occupò di definire i rispettivi doveri dei fedeli e del clero.

Un caso di fake news.

Qual è dunque l’origine di una leggenda così diffusa? Essa deriva da un semplice aneddoto riportato da Gregorio di Tours nella Historia Francorum, dove si racconta che durante il sinodo un vescovo pose la seguente questione: il termine latino homo può essere applicato sia alla donna che all’uomo?

Si trattava quindi di una questione puramente linguistica, non teologica. Gli altri Padri sinodali, citando passi della traduzione latina delle Scritture che, conformemente al latino classico, utilizzava homo come termine riferibile all’essere umano di sesso sia maschile che femminile, conclusero che il termine designava la creatura umana, senza distinzione di sesso.

Il primo a deformare i dati storici relativi al Sinodo di Mâcon è stato il pastore protestante Johannes Leyser, che nel 1676 nella Polygamia triumphatrix (Poligamia trionfatrice) affermò che durante i lavori dell’assise sinodale si discusse scandalosamente del problema dell’anima delle donne. L’accusa fu ripresa dal ben più famoso filosofo francese Pierre Bayle nel Dizionario storico-critico (1697), opera che, per l’impronta fortemente razionalistica e antireligiosa, influenzerà notevolmente i ‘liberi pensatori’ del XVIII secolo.

L’accusa alla Chiesa fu rilanciata in Francia durante la Rivoluzione Francese e poi nel 1848, allorché si discusse del diritto di voto alle donne. Così le poche righe di Gregorio di Tours, completamente deformate, erano entrate definitivamente nel patrimonio della credulità popolare e non solo (persino storici qualificati come J. Le Goff e P. Brezzi diedero credito a tale menzogna).

La donna nel Medioevo

Sull’infondatezza di tale notizia, avrebbe dovuto far riflettere, come rileva la storica francese Régine Pernoud, il fatto che nei secoli delle persecuzioni anticristiane «i primi martiri che sono onorati come santi, siano delle donne e non degli uomini: sant’Agnese, santa Cecilia, sant’Agata e tante altre».

Nel Medioevo in Francia le regine venivano incoronate con lo stesso rituale dei re, segno della stessa dignità regale (si pensi al prestigio di Bianca di Castiglia, madre di san Luigi IX). Quanto alle donne laiche non aristocratiche, esse sono state sia umili lavoratrici (spesso riunite in corporazioni femminili), sia protagoniste della vita civile e persino militare (si pensi alla straordinaria figura di santa Giovanna d’Arco, che nel XIV secolo condusse la Francia alla vittoria sugli Inglesi).

L’elemento femminile era rappresentato anche nelle assemblee municipali e nei movimenti che diedero impulso all’istituzione delle “tregue di Dio” per limitare le guerre. In ambito monastico, è significativo che alcune badesse agissero come autentici signori feudali, indossassero la croce come i vescovi e spesso amministrassero vasti territori: basti pensare alle badesse di Las Huelgas in Spagna e di Fontevrault in Francia, che governavano le comunità miste (maschili e femminili) fondate da Roberto d’Arbrissel (m. 1117).

In età carolingia il primo trattato sull’educazione fu scritto nel IX secolo da una madre di famiglia, Dhouoda. Una donna, Rosvita di Gandersheim (935-967), compose commedie ispirate al poeta latino Terenzio. La prima enciclopedia non fu compilata degli illuministi, ma nel XII secolo dalla badessa Herrada di Landsberg, (è una summa dei progressi tecnici del XII secolo, comprendente persino informazioni economiche). Diverse religiose frequentavano le università per conseguire il grado di teologhe, come ad esempio Gertrude di Helfta nel XIII secolo.

Tutto questo rende comprensibile quanto scrisse san Bernardino da Siena (1380-1444): «È una grande grazia essere donna: le donne si salvano più degli uomini».

Considerazioni filosofico-teologiche

Oltre alle suddette precisazioni storico-filologiche, è facile smontare l’accusa anche ricorrendo a considerazioni filosofico-teologiche.

Dal punto di vista filosofico, porre una questione di questo tipo non avrebbe avuto alcun senso: infatti il termine latino anima indica semplicemente il principio primo (animatore, appunto) dell’attività di tutti gli esseri viventi, tant’è che anche gli animali (animalia in latino) posseggono un’anima, sebbene solo vegetativa e sensitiva. L’essere umano, rispetto agli altri animali, possiede anche l’anima razionale.

Quindi, si sarebbe mai potuto mettere in dubbio ragionevolmente che la donna, la cui appartenenza alla specie umana risultava incontrovertibile, avesse un’anima? È vero che nel Medioevo la tesi di una qualche inferiorità di natura della donna rispetto all’uomo fu sostenuta da diversi teologi (condizionati dai filosofi antichi), ma nessuno avrebbe potuto negarle la natura di essere animato.

Da un punto di vista teologico, risulta chiaro dal racconto della Genesi che l’uomo e la donna sono entrambi a immagine e somiglianza di Dio e quindi dotati della stessa dignità. Unica è anche la radice dei loro nomi (ish e isshah sono chiamati l’uomo e la donna in aramaico antico), e ciò sta ad indicare il possesso di un’unica natura.

Eva, nonostante la caduta, diventa la progenitrice del popolo eletto e madre della stirpe da cui uscirà il Redentore. La storia della salvezza si compie attraverso una donna, Maria, Sposa dello Spirito Santo e Madre del Figlio di Dio, Regina del Cielo e della Terra, nonché Mediatrice di tutte le grazie. Le donne, inoltre, appaiono accanto a Cristo nella sua vita pubblica, partecipando alla sua missione, e sono le prime testimoni della Risurrezione.

Anche san Paolo, polemizzando con la cultura pagana, che spesso considerava schiavi e donne esseri inferiori, ribadisce la pari dignità della donna rispetto all’uomo:«non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna» (Gal 3,28).

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Un manoscritto medievale anonimo della Cambridge University Library, che sembra quasi un manifesto femminista ante litteram, individua cinque motivi di superiorità della donna rispetto all’uomo nella Rivelazione: «La donna è stata preferita all’uomo, quanto al materiale: Adamo tratto dal fango, Eva dalla costola di Adamo; quanto al luogo: Adamo fuori dal paradiso ed Eva al suo interno; nella concezione: una donna e non un uomo ha concepito Dio; nell’apparizione: dopo la resurrezione Cristo è apparso a una donna, a Maria Maddalena; nell’esaltazione: Maria è stata esaltata sopra i cori degli angeli».

Per saperne di più

Régine Pernoud, Medioevo. Un secolare pregiudizio, Bompiani 1992.

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