Eutanasia, una falsa risposta a problemi reali

La Croce quotidiano 15 settembre 2017

 Con sempre più forza le legislazioni premono per dare  via libero normativo a pratiche barbare che uccidono insieme coi pazienti la dignità dei medici e della società tutta

di Francesco Cappi

Della lettera “B come bene comune” del Programma politico nazionale del Popolo della Famiglia mi colpisce soprattutto quel passaggio, davvero centrale, nel quale si afferma: «La centralità della persona e la intoccabilità della vita umana fanno sì che non si possano sacrificare esseri umani pretendendo di conseguire il “bene” (aborto, divorzio, eutanasia, stepchild adoption)». Anche dal punto di vista politico, dopo quello umano, filosofico e spirituale naturalmente, è sacrosanto riaffermare che la sofferenza è una risorsa. Sì, e non solo per i credenti, per i quali essa costituisce come sappiamo un dono di Dio.

Ma come rendere possibile per tutti, anche per chi non crede o è debole, questa affermazione?

La prima idea che, in merito, vorrei apportare è la valorizzazione della senescenza. Il vecchio non è vecchio ma “antico”. La Vecchiaia è saggezza. È memoria. È esperienza. È valore della sofferenza. È porta, cioè passaggio, perla Metafisica. È avvicinamento al “telos”, inteso come “senso della vita”.

La seconda considerazione è: a chi può essere utile l’anziano?

Valorizzazione del rapporto nonni/nipoti

Famiglia come modello patriarcale, come le vecchie famiglie (per me tanto care) in cui l’anziano insegnava ai giovani ed i giovani aiutavano l’anziano e nessuno era solo.

Allora è importante che il vecchio, immagine della malattia e dellasofferenza, del tempo che passa, della vita che ha termine e che quindi perde senso, non venga esorcizzato, allontanato da casa, nascosto a figli e nipoti e da noi stessi.

Tutti frutti di una società che non vuole pensare che non vuole guardare in faccia la vita, che vive di idoli temporanei e futili, che preferisce anestetizzarsi e pensare che la vita sia infinita per poicadere, al risveglio, nella depressione, “male del secolo”.

L’anziano, quindi, deve rimanere parte della famiglia, risorsa della casa. Ci vuole educazione, formazione ma anche sostegno alle famiglie per riportare l’assistenza agli anziani nelle case. Ci vogliono ospedali efficienti nell’emergenza e nella diagnosi, medici valorizzati nel ruolo di sostegno all’uomo visto, se credenti, come Cristo sofferente, perfar sì che si verifichi lo spostamento delle terapie degli anziani nelle famiglie dove la prima e insostituibile Medicina è l’amore dei propri cari.

Allora è necessario sostenere e potenziare la Medicina privata. Cambiare il criterio economico di approccio al paziente e sostituirlo con un criterio sociale.

Medicina di qualità per tutti ma sostenibile

Una Medicina che metta al centro la Persona nell’approccio clinico ma soprattutto umano. Una Medicina il cui primo obiettivo è rendere paziente e familiare primo medico di sé stesso, in grado, cioè, di capire quello che serve alla propria individualità per mantenere o recuperare la salute. Il medico e l’ospedale che diventano strumento per questa consapevolezza: la salute equilibrio fisico ma anche mentale e spirituale.

Anziano a casa. Famiglia aiutata economicamente e professionalmente a gestire il proprio caro. Sostegno al “Care Giver” (assistenza della famiglia… problema fondamentale nel caso di malato di Alzheimer che non ha altre possibilità terapeutiche se non l’assistenza dei propri cari).

Non si pone, allora, neanche più il problema che va tanto di moda oggi se stiamo dando all’anziano e al malato “accanimento terapeutico” o terapie eticamente giustificate: a casa, in famiglia, è impossibile fare “accanimento terapeutico”! Si farà soltanto difesa della vita anche nella malattia perché la vita è relazione e nella sofferenza questa relazione diventa “terapeutica” per chi soffre e per chi accudisce. Ma senza obbligo. Chi non ce la fa a sobbarcarsi questa “missione” deve avere strutture di accoglienza di lunga degenza aperte, sostenibili, accoglienti.

Il personale di queste strutture deve essere motivato: è una missione non solo un lavoro. Incentivi ai dipendenti delle case di riposo. Personale formato e motivato in modo che si rispettino gli standard di accoglienza soprattutto in termini di umanità. E un controllo capillare che questo succeda con provvedimenti inflessibili per chi mette il profitto prima dell’umanità. Importante, poi, una collaborazione aperta tra casa di riposo e famiglia: sostegno di psicologi e counselors per famiglie che rifiutano l’anziano e la sofferenza che rappresenta, e per l’anziano che rifiuta la malattia, iniziative di incontro e di condivisione di momenti di vita tra famiglia e anziani, in particolare anziani/nipoti.

Obiettivo è: non staccare l’anziano dalla famiglia ma portare la “casa di riposo” nella famiglia e viceversa. Incentivando la memoria dell’anziano a disposizione dei nipoti. Lavorando sul recupero della storia familiare (far sforzare l’anziano a diventare la “memoria” della famiglia, aiutandolo a ricostruire la sua vita che diventa radici per i suoi cari, preziosa esperienza e vero tesoro di relazione… può diventare tecnicamente una parte di quella prevenzione che chiamano “Train the Brain”, nella gestione del soggetto con Alzheimer ma che può diventare importante per ogni anziano e per ogni suo caro ove diventi un lavoro sui valori della relazione e sulla storia affettiva familiare.

Mi piace ricordare a questo proposito una cosa per la quale ho sempre provato una sana invidia: le morti sante dei patriarchi della Bibbia, circondati dall’affetto e dalla stima della famiglia mentre benedicevano figli e nipoti.

Ritornando quindinellapratica, sto parlando di:

  • ospedaliefficientiall’avanguardianellaricercaenelladiagnosi. Ottimi gestori dell’urgenza. Capaci di creare consapevolezza di salute nella persona. Luoghi di collaborazione tra medici e pazienti, ispirati alla Medicina della Persona;
  • ambulatori privati efficienti, sostenibili, incentivati sia dal punto di vista “burocratico” che economicamente e organizzativamente. In grado di realizzare nella pratica una vera Medicina a disposizione della Famiglia;
  • anziani curati nel cuore del loro ambiente familiare. Sostegno assoluto in tal senso va dato, come detto, alla famiglia;
  • assistenza sociale sostenibile per tutte le persone sole o in difficoltà economica. Sostegno economico alla ricerca scientifica, sostegno alla famiglia, economico e organizzativo, concedendo un aiuto adatto alle diverse patologie per chi gestisce il parente a casa. Sostegno a ospedali o case di cura o ambulatori che promuovano i rapporti e la collaborazione tra familiari nella gestione della malattia cronica. Incentivo alle aziende che si occupano della gestione della terapia familiare (soprattutto per gli anziani ma non solo: penso ai disabili, alle malattie croniche, ai malati terminali che sempre, condizioni cliniche permettendo, dovrebbero morire in casa tra l’affetto dei loro cari…).

Se tutto questo, con l’impegno di politici e professionisti di “buona volontà” diventasse realtà, sono sicuro che sarebbe sempre meno utile discutere sull’opportunità dell’eutanasia.

Istituzioni, famiglie, individui e malati inizierebbero a percepire la Vita, anche nel periodo della sofferenza, come degna di essere vissuta. La relazione si dimostrerebbe più importate dell’efficienza o dei costi. Cambierebbe il modo di vedere l’anziano, il malato cronico o terminale, il disabile che, immersi nell’amore e nel sostegno familiare, potrebbe diventare una risorsa per tutti i propri cari.

Una ultima considerazione riguardo alla realizzazione di questo progetto politico e sociale: l’eutanasia, che fino a pochi anni or sono era considerata disumana, diventa oggi una scelta pensabile per il malato ed i suoi parenti proprio perché manca, ormai, una forte concezione di famiglia e dei valori che la fondano.

Ecco allora la necessità di un altro lavoro di supporto per la famiglia, che spesso al giorno d’oggi è segnata da difficoltà intrinseche come separazioni, crisi di coppia, difficoltà di relazioni educative con i figli.

Un lavoro di recupero dell’identità familiare e della meraviglia delle sue relazioni affettive, che già rappresenta il centro dell’attività del PdF e che diventa condizione indispensabile per ritornare a vedere l’eutanasia come una scelta assurda e disumana.