Gesù non perdona chi tocca i più piccoli

Il Giornale Mercoledì 24 Maggio 2017

di Rino Cammilleri

Com’è noto, Marx non era tenero con la religione («oppio dei popoli») e nel cristianesimo vedeva al massimo il momento dialettico di passaggio dal mondo antico a quello medievale. Ma di una cosa gli era grato: di avere insegnato ad amare i bambini. Noi occidentali siamo ormai abituati a blandirli, coccolarli, vezzeggiarli, perciò non riusciamo a immaginare un tempo in cui non fu così.

Con quest’ottica, perciò, dobbiamo riandare allo sconcerto degli Apostoli quando videro il loro Maestro abbracciare i bambini. I quali erano chiassosi – come sempre – e rischiavano di disturbare il venerato Rabbi. Gli Apostoli, perciò, cercano di scacciarli, ma vengono sorpresi dall’altolà di Cristo. Il quale non solo li abbraccia, ma si spinge anche a indicarli come esempio: «Se non diventerete come questi bambini non entrerete mai nel Regno…». Infatti, i discepoli rimangono sbigottiti. Non dovevano diventare maestri in religione, eruditi nelle Scritture e nei commentari, no. Bensì ingenui come bambini. E perfino illetterati, se necessario. Inaudito. Ma Gesù fa di più: i bambini li abbraccia. E minaccia le più gravi sanzioni lui, così misericordioso – a chi oserà scandalizzarne uno: una mola d’asino al collo e giù nel mare.

Inaudito. Il mondo a lui circostante considerava l’infanzia una seccatura, una molestia da cui liberarsi al più presto. Il padre romano (e i romani erano i più avanzati civilmente) aspettava in piedi la schiava levatrice, che gli deponeva davanti il suo ultimo nato. La cerimonia prevedeva che il padre prendesse il fagotto tra le braccia e lo elevasse. In questo caso, il figlio era accettato. Altrimenti, veniva «esposto», cioè lasciato in qualche angolo o crocicchio: se sopravviveva, un mercante di schiavi poteva decidere di allevarlo. O lasciarlo lì. Per le femmine era anche peggio, perché le femmine che nemmeno per i civilissimi romani contavano qualcosa – bisognava dotarle ed erano, insomma, un peso. Le femmine non avevano neanche un nome proprio, bastava loro quello di famiglia. Tutto dipendeva, insomma, dal buon cuore (o dal calcolo) del pater familias. E se questo facevano i romani…

Tutto cambia col cristianesimo. I cristiani nell’Impero romano si distinguono perché non espongono i loro figli. Anzi, li allevano, tutti quelli che nascono, col massimo rispetto, memori dell’insegnamento di Gesù Cristo al riguardo. E da allora, col procedere dei secoli, innumerevoli Santi hanno pensato a quei bambini che la sorte ha lasciato soli. Quasi non si può immaginare un orfanotrofio (invenzione cristiana) senza suore. La Chiesa ha canonizzato bambini fin da subito, a partire da quel san Tarcisio martire al tempo di Nerone. E per ora – ha chiuso il cerchio con i due Pastorelli di Fatima, canonizzati il 13 maggio scorso. Avevano otto e dieci anni. Ma l’intera storia della santità cristiana è piena di bambini, segno che la Chiesa ha perfettamente inteso la lezione di quel giorno in cui Gesù abbracciò alcuni piccoli ebrei e sgridò i discepoli che volevano allontanarli. Guai a chi tocca i bambini.