L’avanzata Lgbt in Italia

Il Corriere del Sud Gay_Lgbt 1 marzo 2017

L’agenda omosessualista avanza nelle realtà locali: il caso Piemonte

Cristina Zaccanti

Un filo rosso, anzi arcobaleno, collega una serie di episodi accaduti in Piemonte fin dall’alba del Terzo millennio, episodi che val la pena considerare. Essi si sono dipanati anche sul territorio nazionale, ma è forse più facile leggerne la portata nelle realtà locali. Nostro osservatorio dunque Ivrea e Torino, con una puntata in Sardegna, per la precisione in quel di Cagliari. E se poi vale ancora la valutazione (che tanto piaceva alla intellighenzia di sinistra) di Torino come città-laboratorio, per cui ciò che in essa si elabora anticipa ciò che poi succederà in tutta Italia, cosa ci dovremo aspettare in futuro?

Ma andiamo per ordine, perché occorre, appunto, mettere in ordine avvenimenti, notizie di cronaca che, dal 2000 ad oggi, hanno avuto per teatro appunto uno dei vertici del Triangolo magico e la capitale del Canavese che la famiglia Olivetti aveva reso famosa nel mondo. Ma è davvero, questa, storia del secolo scorso, di fasti e fortune che, per l’avidità delle grandi forze multinazionali e dei piccoli arrivismi locali, hanno ridotto una città all’ombra fatiscente di se stessa.

Così Ivrea tuttora arranca assistendo impotente all’esodo di famiglie e giovani, alla chiusura di aziende, al riciclo di attività commerciali trovando ossigeno solo nel riproporre annualmente il carnevale, unica effettiva settimana in cui la città vive attirando un cospicuo numero di turisti. Consegnata da decenni alla stessa classe dirigente, che ha solo cambiato sigla da DS a PD, la città si è andata adeguando ai nuovi trend di mercato e di costume allineandosi alle strategie nazionali che, dapprima nell’ombra, poi in modo sempre più incalzante, hanno ravvisato nell’omosessualismo un modello di civiltà capace anche di rilanciare l’economia.

Ma ecco i fatti. Nel 2000 ad Ivrea il presidente DS del consiglio comunale, Andrea Benedino, fa coming out. Come lui in altre regioni altri candidati a ruoli amministrativi, della provincia o del comune, si fanno avanti. Nella loro agenda promuovere corsi di educazione sessuale nelle scuole, momenti di “confronto” tra associazioni e città battendosi per la lotta alle discriminazioni, attività a sostegno della conquista dei diritti per le convivenze, ma anche, come è il caso di Roma, istituire un fondo provinciale per progetti legati alle questioni di orientamento sessuale e identità di genere.

A Pisa, in particolare, oltre al rilancio del registro delle Unioni Civili e la realizzazione dell’ufficio per le minoranze, si pensa anche al rilancio turistico attraverso un impegno finalizzato a promuovere un’immagine di città aperta alle differenze con certificazione e promozione delle strutture «discrimination free».

La strategia è chiara: penetrare nei luoghi della formazione e della dirigenza promettendo finanziamenti pubblici. La categoria omosessuale, vittima di ataviche discriminazioni e persecuzioni, deve essere tutelata e diventare molla per potenziare nuovi circuiti commerciali privilegiati. Si comincia ad utilizzare il termine “genere”, mentre ancora l’“omofobia” non è citata. Il neo linguaggio è però in gestazione.

Così ad Ivrea dal 2001 si svolge per alcuni anni una rassegna cinematografica “Ivrea la Gaya”, tra alterne contestazioni. In particolare vivace il confronto con la diocesi, che nega già l’anno successivo l’utilizzo della sala cinematografica oratoriale. La reazione è immediata, ma serve ad avviare uno scambio, di lettere aperte ed articoli, tra Benedino ed il vescovo di allora, monsignor Arrigo Miglio, cui si riconosce un’apertura incoraggiante al rispetto verso la sensibilità degli omosessuali.

Non c’è da stupirsi dunque se, trasferito a Cagliari come arcivescovo, avrebbe sospeso (14 anni dopo) «per un congruo periodo di tempo» un suo troppo zelante sacerdote che dal pulpito citava san Paolo e feriva la sensibilità della comunità LGBT. Di don Salvatore Pusceddu non si è più saputo nulla ma, al posto suo, si è scusato l’arcivescovo. Evidentemente i trascorsi di quel di Ivrea hanno dato i loro frutti…

Nel maggio del 2014 accade un fatto nuovo: in piazza di Città, nel cuore quindi del “capoluogo del Canavese”, proprio davanti al municipio, alcuni cittadini, 142 per la precisione, vegliano in silenzio con un libro in mano per un’ora. È la prima veglia delle Sentinelle in piedi (se ne faranno altre 7) che contestano l’iter di un disegno di legge, lo Scalfarotto, approvato alla Camera dei deputati, che propone di equiparare la c.d. omofobia al razzismo, configurando un nuovo tipo di reato basato sulla percezione della vittima e affidato pertanto esclusivamente alla discrezione del giudice.

Benedino, ormai trasferito a Torino con un incarico al comune come consulente di “genere”, reagisce sdegnato a quella che ritiene una provocazione personale, mentre l’assessore con deleghe alle Politiche giovanili, Sport, Manifestazioni e Pari Opportunità, Giovanna Strobbia, lesbica orgogliosa e dichiarata, lancia proprio in quelle settimane il turismo gay-friendly. Con l’esposizione di vetrofanie “Omofobia: no grazie”, Ivrea aveva aderito infatti al progetto Friendly Piemonte nato nel 2009 per promuovere il territorio torinese e piemontese nei confronti della “popolazione omosessuale” italiana e internazionale rafforzando nel contempo in Italia e all’estero l’immagine di Torino e del Piemonte.

Il Consiglio Regionale lo patrocinava coinvolgendo sedici città piemontesi lanciate in un’iniziativa commerciale che aveva in programma di aprire nuovi mercati, quelli LGBT, già pronti a proporsi e desiderosi quindi di un potenziamento della clientela. A novembre la pubblicazione di un articolo sul gender, che trovava spazio sul bollettino parrocchiale di Rivarolo, piccolo ma vivace centro a pochi chilometri da Ivrea, scatenava la reazione accesa ed organizzata delle associazioni LGBT torinesi, capeggiate dal PD.

Partiva un attacco massiccio di risonanza nazionale che tentava di intimidire gli “omofobi” locali e ottenere spazio per pubblicizzare le politiche dell’assessore regionale alle Pari Opportunità, Monica Cerutti che, con la senatrice Cirinnà, sponsorizzava il disegno di legge sulle unioni civili e pretendeva, senza tuttavia riuscirci, spazio, proprio sul bollettino, per pubblicizzare anche in ambiente ecclesiale la diffusione dell’educazione gender.

Dal 2014 al 2016 nella provincia pedemontana, come in tutto il territorio nazionale, la diffusione della cultura omosessualista avanza prepotentemente sponsorizzata dal governo Renzi, prono alla politica dell’ONU e dell’UE, mentre però cresce, e di conseguenza, anche la reazione popolare. Due Family day nel 2015-2016 non lasciano indifferenti un numero sempre crescente di cittadini (diversi milioni ormai) che le forze politiche dei diversi schieramenti però ignorano.

Passa la legge Cirinnà, dalle associazioni pro life e pro family nasce un nuovo soggetto politico, il “Popolo della Famiglia”, mentre i grillini conquistano il governo di diverse città tra cui, oltre a Roma, Torino. Il sindaco (ci rifiutiamo di chiamarla sindaca) Chiara Appendino cambia il nome all’assessorato alla famiglia utilizzando il plurale famiglie, ad indicare l’equiparazione di qualsivoglia forma di unione affettiva, e affida l’assessorato “alle famiglie” all’ex presidente dell’Arcigay torinese.

Dopo una trasferta a Londra per partecipare al Word Travel Market, la più importante fiera europea dedicata al turismo, l’Appendino promette alla città un circuito turistico LGBT per incentivare l’arrivo di questa categoria di turisti che amano viaggiare e spendere per cultura ed enogastronomia. Si offriranno speciali pacchetti a prezzi convenzionati in occasione del gay pride più grande d’Italia e del Festival del cinema omosessuale.

Quasi contemporaneamente ad Ivrea rispunta l’assessore Strobbia che, in occasione dell’avvicinarsi del Natale, organizza per una settimana in una delle piazze centrali un villaggio ispirato al maghetto Harry Potter. Quale il nesso tra le scelte natalizie di Ivrea e il turismo gay friendly di Torino? Apparentemente nessuno, se non saltasse fuori che, per dichiarazione dell’autrice, il famoso Mago Silente era omosessuale e persino il giovane Potter in una scena poi tagliata si lascia andare ad uno scambio di effusioni inequivocabili e clandestine con un giovane compagno di studi ad Hogwarts.

L’evoluzione in atto sembra inarrestabile ed ineluttabile: vuoi avere successo, puntare al futuro, essere vincente e innovativo? Ridefinisci la tua identità con il gender fluid e la tua città gay friendly sarà davvero magica.