Sinoco

“cercate ogni giorno il volto dei santi e traete conforto dai loro discorsi”

[Didaché IV, 2; CN ed., Roma 1978, pag. 32].

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di Rino Cammilleri

Mentre scrivo tengo d’occhio le (brutte) notizie che concernono le alluvioni in Piemonte e Lombardia. Magari, quando questo pezzo vedrà la luce sarà tutto passato e l’opera di ricostruzione già avviata. Giunge a proposito, allora, il santo di oggi, che protegge i costruttori di ponti e sotto il cui patrocinio stanno, appunto, i passaggi che scavalcano i fiumi.

Sinocho era del Poitou: si trattava di un ex barbaro che si era convertito al cristianesimo. La sua stirpe erano i Taifali, una tribù venuta dall’Est e stanziatasi proprio nel Poitou verso il V secolo. Dopo aver vestito l’abito monastico nella Touraine, Sinocho si diede a vita eremitica tra le rovine di una vecchia cappella.

Quando si sparse la fama delle sue virtù, com’era prevedibile gli si presentarono tre aspiranti discepoli. Il santo fu costretto a fondare per loro una piccola comunità monastica. Col tempo, il monastero crebbe per numero di aspiranti e celle. Occorse mettere mano alla cazzuola e continuamente ampliare. Fu in quell’occasione che Sinocho si guadagnò il patrocinio summenzionato: si dovettero risistemare alcuni ponti e il santo diresse i lavori. Finito tutto, lasciò il monastero in buone mani e ancora tornò a fare l’eremita.

Si allontanò dal suo romitaggio solo per assistere all’elezione di s. Gregorio al vescovato di Tours. Ma il nuovo vescovo gli comandò di vivere da eremita solo durante la Quaresima normale e quella detta di s. Martino (1 novembre -25 dicembre). Il resto del tempo doveva stare a disposizione di quanti cercavano consigli e guarigioni.

Sinocho morì quarantenne nel 576. I francesi lo chiamano Saint Sinoch.

 il Giornale