Il flop delle unioni civili in Svizzera

gay_swissLa Croce quotidiano 18 gennaio 2017

Dopo 10 anni di unioni civili l’Istituto pubblico di statistica certifica il fallimento della “dittatura del desiderio” nel Paese elvetico. Nel 2015 le coppie omosessuali che hanno deciso di formalizzare la loro unione sono state infatti solamente 701, a fronte del picco di 2.004 unioni del 2007, anno in cui entrò in vigore la legge istitutiva. Certo una moda, si vede, che però può incidere a fondo sul costume

di Giuseppe Brienza

In Svizzera le unioni civili compiono 10 anni. Secondo i dati appena pubblicati dall’Istituto nazionale di statistica, questo “compleanno” si accompagna alla certificazione del loro ormai assodato fallimento. Nell’ultimo anno censito, infatti, il 2015, le coppie omosessuali che hanno deciso di formalizzare la loro condizione ricorrendo all’Unione domestica registrata (questo il nome dell’istituto giuridico che gli garantisce diritti analoghi a quelli previsti per il matrimonio) sono state solamente 701, a fronte delle 2.004 unioni del 2007, anno della legge istitutiva, e delle circa 900 rilevate nei due anni successivi (2008 e 2009). I dati degli ultimi 5 anni, invece, mostrano che la “dittatura del desiderio” si è rivelata non più che un capriccio passeggero. Anche nel Paese elvetico, insomma, passato il fisiologico entusiasmo iniziale dovuto alla novità dell’istituto, le unioni civili si rivelano né più né meno che un privilegio assicurato ad una ristrettissima élite di persone sovra-rappresentate nei media e nella politica (un migliaio di individui, se le unioni civili viaggiano ormai fra le 6-700 all’anno). Cosa succederà, invece, in Paesi come l’Italia, nei quali neanche nei primi tempi dall’approvazione della legge, si fanno registrare picchi di unioni civili? Se e quando, il Governo fornirà dati ufficiali, ne sapremo qualcosa.

L’Unione domestica registrata è un’istituzione di diritto privato riservata esclusivamente a coppie dello stesso sesso, che assegna loro un vero e proprio statuto giuridico, dotandole di un nuovo status civile. È equiparata a un matrimonio, eccezion fatta per determinati ambiti come cognome, cittadinanza, adozione e ricorso alla fecondazione artificiale (che è proibito).

Esaminando il grafico che riprendiamo qui accanto, pubblicato sul sito dell’Istituto di statistica ufficiale elvetico www.bfs.admin.ch, esso mostra chiaramente che, dopo il primo anno istitutivo delle Unioni domestiche registrate, si registri un calo progressivo delle richieste, dal 2011 attestate ormai su numeri bassissimi. Considerando che il fenomeno ormai interessa stabilmente circa 1.400 persone all’anno (700 “matrimoni” gay), si capisce bene che, avendo la Svizzera oltre 8 milioni di abitanti, la legge sulle Unioni domestiche registrate va a beneficiare lo 0,015% circa dei cittadini all’anno. Insomma, la pretesa di pochi, ma il danno per molti, perché la legge, purtroppo, produce mentalità e, l’istituto delle unioni civili, sdoganando di fatto il “matrimonio” gay, costituisce uno dei grimaldelli ideologici per relativizzare il sistema del welfare e normalizzare socialmente l’omosessualità (compresi programmi di “educazione” o “rieducazione” gender).

Nonostante il flop dei “matrimoni” gay, la pressione mediatico-ideologica nel senso filo-Lgbt continua imperterrita nella Confederazione elvetica. Del resto si pensi che, nel 2005, al referendum sulla conferma o meno della legge sulle unioni domestiche registrate, si espressero in favore di questo irragionevole istituto ben il 58% della popolazione elettiva. La possibilità di registrazione per le coppie omosessuali, d’altra parte, esisteva già, ma solo a livello regionale nei cantoni di Zurigo, Ginevra e Neuchâtel.

L’elevato consenso pro-unioni gay al referendum, in sostanza, si è basato su un inganno. In assenza di un forte e/o efficace “contraddittorio” con le associazioni familiari o con i rappresentanti delle chiese o confessioni cristiane contrarie, i grandi media hanno avuto buon gioco nel far passare il messaggio che non si trattava di concedere ai gay veri e propri diritti matrimoniali. Con i soliti sofismi, di fatto, l’abbiamo visto anche da noi con la legge Cirinnà (n. 76/2016), le analogie sono molte, auto-attribuendosi le coppie omosessuali diritti e facoltà pressoché analoghi a quelli sanciti dal matrimonio. E ciò in materia di fisco, di successioni e, soprattutto, di previdenza, in quest’ultimo campo soprattutto grazie alle modifiche alla legge federale introdotte nel 2013.

I dati bassissimi sui “matrimoni” gay in Svizzera, vanno anche letti in combinata con le facilitazioni procedurali previste, le quali permettono di parlare di una totale sburocratizzazione dell’istituto. Le Unioni domestiche registrate, infatti, nel Paese elvetico si possono fare anche in meno di 24 ore, con alcuni passaggi di pratiche messi persino on line.

Gli svizzeri, però, hanno pensato a non farsi imbrogliare dai migranti disonesti. Un aspetto particolare della “Legge federale sull’unione domestica registrata di coppie omosessuali” del 18 giugno 2004 (entrata in vigore, come detto, il 1° gennaio 2007), prevede infatti per gli stranieri un’importante limitazione, e ciò al fine di impedire il potenziale fenomeno delle unioni civili celebrate in Svizzera per eludere le norme del Paese di residenza. Due partner stranieri domiciliati all’estero non possono quindi costituire un’unione domestica registrata in Svizzera.

L’Unione domestica registrata comporta per i partner una comunione di vita, con le responsabilità che ne derivano. I partner si devono vicendevolmente assistenza e rispetto, e provvedono in comune, ciascuno secondo le proprie forze, al debito mantenimento dell’unione domestica.

Per poter costituire un’unione domestica registrata, i partner devono in particolare soddisfare le seguenti condizioni legali: 1) avere compiuto il diciottesimo anno d’età ed essere capaci di discernimento; 2) non essere già coniugati né vincolati da un’unione domestica registrata; 3) avere ricevuto il consenso del proprio rappresentante legale per le persone sotto tutela (interdetti) che vi vogliano accedere; 4) almeno uno dei partner è domiciliato in Svizzera o ha la cittadinanza svizzera; 5) non avere relazione parentale in linea retta con il partner con il quale si vuole stringere l’unione civile. Nessuno, insomma, può contrarre l’unione domestica registrata con un fratello, una sorella, suo padre, sua madre, un nonno, una nonna, a prescindere dal fatto che la parentela si fondi su legami di sangue o sia conseguenza di un’adozione.

L’Unione domestica è registrata dopo che si è conclusa positivamente una procedura preliminare, al termine della quale i partner inoltrano personalmente la domanda all’ufficio dello stato civile competente. L’esecuzione della procedura preliminare spetta in genere all’ufficio dello stato civile del luogo di domicilio svizzero di uno dei due partner.

La cerimonia è piuttosto scarna anche se, talvolta, si è trasformata (almeno all’inizio) in una carnevalata. L’ufficiale dello stato civile registra la dichiarazione di volontà di entrambi i partner e fa loro firmare il certificato di unione, tutto qua. La registrazione dell’unione è pubblica.

Nell’ambito del diritto svizzero l’unione domestica registrata non comporta un’automatica modifica del cognome dei partner. Al momento della registrazione dell’unione domestica, i partner possono tuttavia dichiarare all’ufficiale dello stato civile di voler assumere un cognome comune.

Dopo la registrazione ciascun partner dispone dei propri beni e risponde dei propri debiti individualmente, corrispondendo tale sistema al regime della separazione dei beni previsto dal diritto matrimoniale. Nel diritto fiscale e successorio, le coppie omosessuali in unione domestica registrata sono equiparate a quelle unite in matrimonio. Se uno o una partner muore, il partner superstite è equiparato a una persona vedova per quanto attiene all’AVS (pensione di reversibilità) e alla previdenza professionale.

Il “divorzio” per gli uniti civilmente è pure piuttosto “light”. Infatti, basta che i partner domandino congiuntamente al giudice lo scioglimento dell’unione domestica registrata ed è bell’e fatto. Se i partner vivono separati da almeno un anno, ognuno di essi può chiedere addirittura unilateralmente lo scioglimento. Ecco qui di seguito, sempre tratte dal sito del “Bundesamt für Statistik”, le ultime statistiche sugli scioglimenti delle unioni gay:

 

Scioglimento dell’unione
  Totale Coppie di uomini Coppie di donne
2007 1 1 0
2008 27 20 7
2009 31 22 9
2010 77 49 28
2011 90 57 33
2012 104 66 38
2013 126 91 35
2014 144 92 52
2015 184 117 67

Di conseguenza, non solo dal 2011 le unioni civili sono ormai molto poche ma, quelle “celebrate” in precedenza stanno finendo tutte in scioglimenti. Nel 2015, infatti, le rotture delle Unioni domestiche registrate hanno raggiunto le cifre record di 117 fra omosessuali maschi e 67 fra lesbiche. Anche da quest’ultimo punto di vista, dunque, “tanto rumore per nulla”. Tanto scalpitare, cianciare di “diritti civili” ma, alla resa dei conti, gli “sposi” Lgbt sono pochi e durano poco!