Ci conquisteranno facendo figli

Meotti_coverTratto da: Italia oggi, del 4 gennaio 2016

Giulio Meotti: lo aveva previsto (anni 70) il tunisino Boumedienne, in un discorso all’Onu

 In Francia si stanno aprendo tre moschee alla settimana

di Goffredo Pistelli

Giulio Meotti ci riprova. Il giornalista di Il Foglio, 37 anni, aretino, grande esperto di Medio Oriente e noto per le sue simpatie, mai nascoste, per Israele e la sua democrazia, torna in libreria con un lavoro destinato a far discutere, La fine dell’Europa (Cantagalli), il cui sottotitolo dice già molto: Nuove moschee e chiese abbandonate.

In 220 pagine sempre molto documentate, Meotti spiega come l’Europa e gli europei si stiano preparando a un futuro come quello descritto da Michel Houllebecq in Sottomissione (Bompiani) per la Francia, ossia una islamizzazione per via politica.

Domanda. Meotti, lei parte dalla demografia: la chiave della conquista islamica del Vecchio Continente starebbe nel fatto che gli europei non vogliono più far figli mentre i musulmani ne fanno.

Risposta. I dati sono molto chiari: a parte Francia e Gran Bretagna, che fanno storia a sé, sono almeno 30 anni che in molti Paesi europei, dalla Spagna, all’Italia, alla Polonia, alla Germania, stiamo assistendo al crollo della fertilità, eppure…

D. Eppure?

R. Eppure questi Paesi hanno goduto di 70 anni di pace, di disponibilità di qualsiasi bene materiale, di libertà individuali che non hanno riscontri nei secoli precedenti, da ogni punto d vista. La fertilità è dimezzata, però.

D. Spesso si associa la decisione di non far figli alle difficoltà economiche.

R. Certo, la lettura mainstream di certi demografi è il disagio sociale: la mancanza di lavoro, di asili. La solita logica materialistica.

D. Sbagliata?

R. Lo dicono i dati. Prenda il caso italiano. Abbiamo smesso di fare figli all’inizio degli anni ’80, lo «sboom» comincia fra il 1982 al 1985, vale a dire in condizioni economiche eccellenti, con debito pubblico da paura, in cui si spendeva e spandeva anche a livello di Stato. Mio fratello che, allora andava all’asilo, aveva lo scuolabus che veniva a prenderlo sotto casa, gratuitamente ovvio.

D. Insomma, condizioni ideali per far figli.

R. Eppure si continuò a non farne, e la tendenza accrebbe negli anni 90. E da allora si è continuato. Come osserva l’economista americano Nicholas Eberstadt, in tutta Europa diminuiscono i figli pro-capite mentre aumentano le vacanze, le auto, i telefonini per persona. Un fenomeno cominciato da tempo, anche nella cattolicissima Polonia, e che accadeva nella ricchissima Germania Ovest ante-riunificazione. Ma il problema si può vedere il anche osservando le eccezioni in occidente.

D. Del tipo?

R. Penso agli Stati Uniti, dove la protezione sociale per le famiglie è bassa e tutto è basato sull’individuo. Eppure si fanno ancora figli. O a Israele, paese occidentale, aldilà della collocazione geografica, capitalistico, industrializzato, dove si fanno 3-4 figli a testa. E non stiamo parlando solo dei religiosi ortodossi. Il punto è da noi, in Europa, c’è un crollo della fiducia. Mai, quanto oggi, la parola «occidente» è associata al crepuscolo.

D. Anche laddove di figli se ne fanno un po’ di più, come in Francia e Gran Bretagna?

R. Sì, perché là la demografia tiene per il fatto che ci sono grandi comunità musulmane che credono nella famiglia e fanno figli.

D. A cosa è dovuta la perdita di fiducia degli europei, Meotti?

R. C’è stato il crollo della religiosità e una corrispondente ondata di secolarizzazione. Lo svuotamento delle chiese è andato di pari passo al precipizio della fertilità. Ora, non è dimostrabile un legame diretto, fra i due fenomeni, ma l’osservazione della realtà è chiara.

D. Laddove si crede meno, si smette di far figli, dice?

R. Laddove individualismo ed edonismo prevalgono, i figli calano. Prenda la Spagna, che aveva, negli anni ’70, un tasso demografico elevato, fra il 2,6 e il 2,7, in parte anche perché la dittatura franchista incentivava la maternità. Successivamente è piombata al record negativo di un tasso del 1,3-1,4: perderanno il 12-13% della popolazione nei prossimi 30-40 anni. È come se il periodo di massimo splendore della civiltà europea fosse stato raggiunto e fosse iniziato un declino inarrestabile.

D. In tutto questo, le campagne tipo Fertility Day, fanno piuttosto arrabbiare.

R. Sono un tabù vero. Quella del ministro Beatrice Lorenzin era stata una campagna piuttosto goffa, però in Italia del tema dell’inverno demografico non si può parlare. Non di può parlare dei nostri elevati tassi d’aborto, non si può osservare che i raparti per gli animali, nei supermarket, siano ormai più grandi di quelli dedicati ai neonati. Guai a osservare che, se apri la tv, trovi un talk show in cui c’è un sindacalista che parla di pensioni e quasi mai di aiuti alla famiglia.

D. Lei, nel libro, parla di «peste bianca».

R. Le epidemie del Medioevo, di peste nera appunto, ci decimarono. Quella attuale non sanguina, non fa morti, ma svuota i reparti di maternità. Ci sono paesi della vecchia Europa destinati a morire: come Ungheria, Romania, Repubblica Ceca. E anche la Russia, per quanto Vladimir Putin provi a invertire la tendenza con campagne un po’ plebiscitarie, perderà milioni di persone.

D. Poc’anzi lei annetteva la tendenza alla parallela secolarizzazione. Nel libro, associa poi fuga dal cristianesimo a crescita dell’Islam

R. Lo scenario è questo: alla scristianizzazione dell’Europea si lega l’ascesa dell’Islam europeo. Non si parla d’altro: dal burkini alle vignette su Maometto, il nostro immaginario è dominato dalla questione musulmana.

D. Una religione in ascesa.

R. In Francia si aprono tre moschee alla settimana, lo dicono i dati ufficiali. In parallelo, le chiese, ormai vuote, vengono riconvertite in moschee, palestre, centri commerciali. Ne parlavo tempo fa con Rémi Brague, l’intellettuale cattolico francese, il quale ha individuato il declino del cristianesimo in una delle ragioni che hanno indotto i terroristi islamici ad attaccare a Parigi, a Marsiglia, a Rouen: un paese che non crede più, che non ha futuro, ripiegato su stesso, è un obiettivo interessante.

D. E a livello europeo, la scristianizzazione che avanza di pari passo alla islamizzazione, che cosa comporterà?

R. Comporterà che, di qui al 2050, avremo un 20% di europei di fede islamica, che non sarà l’Eurabia, preconizzata da Oriana Fallaci, ma lei immagini, da un lato, 80 europei su 100, vecchi ed esausti, e dall’altro, 20 europei giovani, credenti, imbevuti magari di Islam politico. Che ripercussioni si possono immaginare sulla vita pubblica?

D. Il romanzo di Houellebecq che si avvera. Anzi, la profezia del leader algerino Houari Boumedienne, in un discorso all’Onu degli anni 70: «Vi conquisteremo facendo figli».

R. Come notava l’orientalista britannico Bernard Lewis, sarà il terzo tentativo di conquista dell’Europa, stavolta riuscito, dopo che, a Poitiers e a Vienna, i musulmani erano stati fermati nei secoli scorsi.

D. Una sottomissione politica, lei dice?

R. Una sottomissione incruenta, soft. In prospettiva, gli islamisti ci disprezzano già per questo. Quando quelli dell’Isis dicono «noi amiamo la morte, voi la vita”» si riferiscono alla nostra stanchezza, al fatto che non reagiamo, non dico militarmente, ma neppure culturalmente. La considerazione dell’Europa è ‘zero’, come diceva Abdelhamiid Abaaoud, mente dell’assalto al Bataclan. C’è paradossalmente molto più rispetto per Israele.

D. Paradosso per paradosso: tutta la nostra militata apertura non sembra servire a molto.

R. A be’, l’islamofilia imperversa. Gli stessi che 40 anni fa si battevano contro l’oscurantismo cristiano-cattolico, che fanno dell’antisemitismo un mantra, sono i primi che considerano il burka un simbolo di differenza da rispettare, fregandosene dei diritti delle donne. Gli stessi che si inalberano quando la Francia, con una decisione peraltro grottesca, vieta il burkini.

D. Un’islamofilia che imperversa a sinistra.

R. Per una certa sinistra benpensante, gli immigrati hanno sostituto il proletariato, sono un bacino sentimentale, per così dire, i nuovi dannati della terra. E di qui scatta l’appeasement (la pacificazione ottenuta con concessioni, ndr): docili e indulgenti con coloro che ci stanno divorando. Insomma stiamo sfamando il coccodrillo. Del resto il Corano cantato in chiesa l’abbiamo già avuto, a Firenze mi pare. Per carità, un’ibridazione anche suggestiva, sapendo però cosa c’è da perdere e da guadagnare

D. La Chiesa di Francesco mi pare non si faccia soverchi problemi.

R. Siamo al relativismo teologico, all’equivalenza sostanziale fra Bibbia e Corano. Io, che sono laico, lo posso dire senza problemi.

D. Del resto Papa Bergoglio insiste sovente sul fatto che Dio non sia cattolico.

R. Infatti. La sua visione è chiara. D’altra parte, dopo il discorso di Ratisbona di Benedetto XVI, praticamente non trova traccia della parola Islam nei discorsi di un pontefice. Lo stesso Ratzinger, per aver fatto quel discorso sull’Islam che si affermava con la spada, fu linciato pubblicamente, con le uccisioni di religiose e di don Andrea Santoro in Turchia, e poi la diplomazia vaticana lo obbligò alla visita riparatoria alla Moschea blu di Istanbul.

D. Anche sul terrorismo, Francesco è stato netto: non è religioso ma colpa dei trafficanti d’armi.

R. Sì, ricordando subito che i cristiani hanno i femminicidi. No, dopo Ratzinger che cercò di suonare la sveglia, l’approccio della Chiesa è cambiato radicalmente, a scapito dei cristiani di oriente, di comunità millenarie.

D. Complessivamente mi pare pessimista. Non è invece che gli islamici andranno sempre più occidentalizzandosi?

R. No, non vedo integrazione. Non sta avvenendo. In Francia, su sei milioni di musulmani, un buon 30% è di idee radical-salafite: si rende conto quanti sono?

D. L’assimilazione, tentata dai francesi in vari decenni, è fallita.

R. Non ha funzionato. Anche perché, appunto, in Francia c’è questa idea di laicità un po’ paradossale, che consisterebbe nell’abbracciare i valori dell’Illuminismo al canto della Marsigliese: eh no, il Corano è un po’ più forte.

D. E dunque sottomissione inevitabile, anche in Europa

R. Finirà che introietteremo sempre più Islam nella vita sociale.

D. D’altronde, se un europeo su cinque sarà musulmano…

R. Infatti, i figli di quella sinistra che, per 40 anni, ci hanno venduto la liberazione sessuale e l’aborto di massa, insomma i discendenti di questi secolaristi impenitenti, si troveranno a negoziare con gli imam di turno. Solo che…

D. Solo che?

R. A quegli incontri si berrà rigorosamente succo d’arancia, mentre ai loro padri piaceva più il vino (ride).

D. A parte quello, che Europa sarà?

R. Un’Europa che abdicherà alla sua grandezza culturale e artistica, per tornare al settimo secolo dell’Arabia Saudita. Addio a Bach, addio a Brunelleschi, per non parlare di quell’islamofobo di Dante. Avremo sobrietà di costumi, separazione di uomini e donne, emarginazione degli omosessuali. Insomma, non mi pare il migliore dei mondi possibili.