Matrice religiosa del terrorismo

terrorismo_franciaItaliaOggi – Numero 271 pag. 13

del 15 Novembre 2016

A un anno dalla strage del Bataclan, la Francia si interroga sui silenzi della sinistra

Due libri importanti spiegano le conseguenze del fatto

di Gianfranco Morra

Cominciò con Charlie Hebdo e si è concluso, per ora, con l’assassinio di padre Hamel. Dal terrorismo islamico la Francia è il paese europeo più colpito, 239 morti in 18 mesi. In questi giorni, mentre a un anno dalla terribile strage ha riaperto, non senza polemiche, il Bataclan, un aiuto a capire perché in Europa il terrorismo islamico sia esploso soprattutto in Francia ci viene da due documentati e coraggiosi libri (magari ne avessimo anche in Italia).

Del primo, è autore il più grande orientalista francese, che insegna all’École Normal Supérieure, Gilles Kapel: La Fracture. Gènese du Djihad Francais (Gallimard, pp. 288, euro 19); del secondo il redattore capo delle pagine culturali di Le Monde, Jean Birnbaum: Un silence religieux. La gauche face au Djihadisme (Ed. Seuil, pp. 240, euro 17). Di formazione e professione diversa, entrambi rispondono alla domanda: che cosa ha fatto la sinistra in Francia per combattere il terrorismo?

Per ragioni storiche, la Francia è nel mirino degli terroristi. I paesi che colonizzò in Africa erano tutti islamici. L’Algeria ottenne l’indipendenza con otto anni di guerra crudele, alla quale mise fine De Gaulle. Ma da allora cominciò la migrazione verso la Francia. Oggi, la popolazione di fede musulmana è intorno al 10 % e ogni anno migliaia di francesi si convertono all’islamismo. Ed è il paese europeo che fornisce il maggior numero di volontari all’Isis. Anche per reazione alla politica francese, che già con Nicolas Sarkozy e ora con François Hollande è di forte impegno militare contro gli islamici. Si aggiunga il laicismo di Stato che proibisce non solo il velo ma, cosa ridicola, anche il costume da bagno birkini e la difesa della libertà di stampa di una rivista che, in ogni numero, ridicolizza tutte le religioni, l’islamica soprattutto.

La sinistra appare ai due autori come un alleato indiretto e inconsapevole del terrorismo islamico. Un «islamo-gauchisme de charlatans» che non lo giustifica ma lo comprende con argomentazioni tutte derivate dalla vecchia vulgata marxista:

  1. la polemica contro la conquista coloniale, valutata come assolutamente negativa, una sorta di epidemia tetanica radicale dentro un complesso di colpa (Kapel: tétanisés par la culpabilité postcoloniale);
  2. la negazione che di una guerra di religione si tratti e la ricerca di spiegazioni meramente economico-sociali (miseria, emarginazione, etc.);
  3. la pretesa che gli atti di terrorismo riguardino solo una piccolissima parte, definita isolata e psicopatica, dei musulmani, mentre la maggioranza («moderati”) sarebbe del tutto estranea.

Il terrorismo islamico ha attraversato tre fasi diverse:

  1. in Afghanistan dal 1979 al 1997, per cacciare i russi occupanti con l’appoggio degli americani;
  2. dal 1997 al 2005 il terrorismo spettacolare di Al-Quaeda, che colpisce l’Occidente e il suo guardiano, gli Usa (le Twin Towers);
  3. dal 2005 le rivoluzioni («primavere») arabe, anch’esse appoggiate dall’Occidente in nome della democrazia mentre erano volte ad eliminare quei dittatori crudeli (Saddam, Gheddafi, Mubarak, Al-Asad) che però, nonostante tutto, assicuravano unità e ordine ai loro paesi, che divenivano così deboli prede dell’Isis.

La cosa appare preoccupante quando si pensi che i terroristi non sono giunti in Francia dall’Islam, ma per lo più appartengono alla terza generazione di islamici, del tutto contrari ad ogni assimilazione. Si è dunque creata una frattura tra questi giovani disoccupati, arrabbiati e manipolati, e le classi medie, che mette in pericolo la Francia («la Patrie en danger»). Per fortuna, conclude Kapel, la maggioranza dei francesi, compresa buona parte degli islamici, crede ancora nella democrazia e non si lascia catturare da alcun desiderio di vendetta.

La massima parte della cultura di sinistra minimizza la matrice primaria del Jihadismo. Siamo di fronte a un vero e proprio «silenzio religioso», come è nel titolo del libro di Birnbaum. Davvero strano. La cultura di sinistra continua a ritenere che la religione è oppio del popolo, quando essa stessa ha fondato una nuova religione dogmatica e una nuova chiesa inquisitoriale. I terroristi islamici, in parte notevole corsi sotto le bandiere dell’Isis da paesi occidentali, possono anche essere sbandati e squilibrati ma trovano una ragione di vita che li induce anche al martirio, proprio nella radicalizzazione della religione di Maometto. Sono quasi sempre dei «lupi solitari», ma in diretto rapporto fisico o comunicativo con l’Isis.

Lo aveva capito Michel Foucault, quando nel 1978 visitò l’Iran della rivoluzione di Khomeini, una polveriera accesa da quella speranza religiosa, che nessun stato moderno completamente laicizzato riesce più a garantire. Caduto il marxismo, la sinistra si è adagiata in un pensiero debole del nulla, che non propone alcuna speranza e si limita alla gestione del presente. È dunque incapace di capire come la religione possa ancora animare una speranza anche terrena. E ancor meno perché i terroristi, che aspirano al martirio, si riferiscano continuamente al Corano e uccidano in nome di Allah: «Ciò che li mette insieme non è la loro origine sociale o culturale. Una parte di loro proviene da buone famiglie e dalle migliori università».