Ma lo sapete che Putin perseguita i cristiani?

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Vladimir Putin e Irina A. Jarovaja

L’Intraprendente 15 ottobre 2016

Una legge del governo russo trasforma in reato “fare proselitismo, predicare, pregare o distribuire materiale religioso fuori dalle aree specificamente designate”. È stata presentata come provvedimento contro il fondamentalismo islamico, finora è costata la prigione solo a cristiani non appartenenti alla Chiesa ortodossa

di Marco Respinti

Vladimir Putin ha un’idea castrata di libertà. Lo si arguisce perfettamente dalla legge sulla libertà religiosa varata il 7 luglio dal suo governo, la legge Jarovaja (circola anche la translitterazione all’inglese Yarovaya) dal nome della parlamentare del partito Edinaja Rossija, “Russia Unita” (quello di Putin), Irina A. Jarovaja, ovvero la legge che sinora ha prodotto solamente multe e arresti per chi non rientra nei criteri di “libertà” stabiliti rigidamente ed esclusivamente dallo Stato. Nella Russia putiniana, infatti, è lo Stato l’unica misura della libertà

La legge Jarovaja, spiega il sociologo delle religioni Massimo Introvigne in un post su Facebook, è una legge «liberticida che trasforma in un reato “fare proselitismo, predicare, pregare pubblicamente o distribuire materiale religioso” fuori delle “aree specificamente designate”, cioè dei luoghi di culto». Una legge, cioè, sull’illibertà religiosa bella e buona. Introvigne sta tenendo un seminario a Odessa e, come ha riferito a l’intraprendente, ha appena raccolto la testimonianza diretta e fresca di due colleghe sociologhe provenienti da Kiev le quali gli hanno riferito di diversi casi concreti di arresti, quasi tutti di cristiani pentecostali. Per i cattolici è solo una questione di tempo

«Presentata in perfetta malafede come legge contro l’estremismo islamico», precisa Introvigne su Facebook supportato da importanti studi in materia, la legge Jarovaja, «finora ha portato in prigione soltanto dei cristiani, evidentemente non appartenenti alla Chiesa Ortodossa». I molti tifosi cattolici di Putin dovrebbe pensarci su

Ora, dall’altra parte del mondo, sì in quegli Stati Uniti che per i putiniani e (prendo a prestito da Introvigne) i putinofili sono puro anatema, la libertà religiosa è invece il primo diritto politico dei cittadini americani, sancito dal Primo Emendamento alla Costituzione federale varato (assieme ai nove che lo seguono a formare il Bill of Rights) nel 1791 per ribadire, sottolineare e stampare in cielo a lettere d’oro quello che a molti non pareva sufficientemente tutelato nella Costituzione stessa.

Dalla libertà religiosa, cioè, negli Stati Uniti discende ogni altra libertà politica giacché, se le costituzioni, e per estensione i regolamenti e gli accordi pattizi scritti, servono, dalla Magna Charta (1215) in poi, a chiarire per garantire i diritti dei contraenti, prevenendo e impedendo gli abusi, le rapine e le prevaricazioni, occorre (così ragiona la scienza politica americana) partire dal principio fondante. Se infatti i cittadini (ragiona la scienza politica americana) non sono liberi di regolare anzitutto il proprio rapporto con Dio, ovvero con Colui che per i credenti è oppure per gli atei non è l’origine di tutto, come potranno poi i cittadini regolare i propri rapporti con lo Stato, la società e l’economia che vengono dopo il principio e fondamento da esso traendo senso? Se uno non è libero sul principio e fondamento, come potrebbe insomma esserlo dopo? Solamente in modo dimezzato. Castrato, appunto, come accade in Russia

In Russia, infatti, la legge Jarovaja dimostra di non credere affatto che il primo diritto politico dei cittadini sia quello di regolare il rapporto che riguarda il principio e fondamento di tutto, bensì che quella questione sia a esclusivo appannaggio dello Stato. Che sia lo Stato a stabilire per il cittadino il rapporto con quel principio e fondamento di tutto che per ciò stesso è la matrice del conseguente rapporto del cittadino con lo Stato, la società e l’economia

In Russia, cioè, il cittadino dipende dallo Stato il quale concede spazi con il misurino e a secondo delle opportunità. Mancando la piena libertà religiosa, nel mondo di Putin il cittadino non è mai davvero libero

La legge Jarovaja lo sa bene; per questo sancisce il contrario esatto di quel che stabilisce il Primo Emendamento alla Costituzione degli Stati Uniti d’America difendendo un principio naturale universale: i cittadini russi sono cioè liberi di esercitare la propria religione nelle chiese, ma non di portare la propria fede fuori da lì. Come dire che libertà dei cittadini russi è solo parziale; una concessione del potere, non un diritto innato e inalienabile. Fine quindi della missione, niente evangelizzazione, scordiamoci la fede che diventa cultura, politica, economia, dunque dimentichiamoci anche una cultura, un politica e un’economia esercitata dai cittadini in piena e totale autonomia.

Laddove gli Stati Uniti sono un Paese davvero laico e che per questo dà gran peso alla religione la quale tracima candidamente e senza scandalo persino nelle istituzioni (per utilizzare una bella espressione una volta usata dall’ex presidente del Sentato italiano Marcello Pera), la Russia è invece un Paese bigotto in cui la religione è solo uno strumento di potere

L’«ideologia del putinismo», come la chiama Introvigne, è un insieme, un po’ giustapposto ma sempre acuminato, di vecchio cesaropapismo ortodosso, nuovo nazionalismo neobonapartista,cuiius regio et eius religio seicentesco e assolutismo autocratico di marca illuministica e bismarckiana. Nel Putinland la libertà dei cittadini non interessa proprio a nessuno e tantomeno la gloria del cristianesimo. Preme invece allo Stato esercitare il controllo diretto sul popolo facendogli tra l’altro credere di essere venuto (fanno sempre così) a liberarlo

Potrebbe sembrare una questione da preti che non interessa ai laici, e invece è il contrario. Solo una legge sulla libertà religiosa autentica può garantire i diritti anche degli atei, non perché ponga relativisticamente sullo stesso piano tutte le opzioni (quella non è affatto libertà religiosa), ma perché riconosce l’inalienabile diritto della persona umana a regolare in totale libertà il proprio rapporto con Dio. La libertà religiosa è l’opposto del diritto “all’errore”: è il diritto dell’uomo a essere sovrano (ovvero, aggiungerebbe un credente, come Dio ha voluto che fosse).

Introvigne inquadra senza la minima sbavatura la questione russa con parole che facciamo volentieri nostre: «So benissimo di suscitare la reazione di chi considera chiunque non apprezzi Putin un fan di Soros o di Hillary Clinton ‒ per chiarezza: ho scritto ripetutamente contro Soros e contro Hillary, e continuo a farlo ‒ ma personalmente considero un dovere morale dichiarare alto e forte che la legge Yarovaya è una legge disgustosa, che è stata voluta personalmente da Putin, che non è un dettaglio ma corrisponde all’essenza della sua ideologia, e che certe maldestre apologie di Putin sono un atto di complicità con chi mette in prigione in Russia cristiani che chiedono semplicemente il rispetto delle convenzioni internazionali sulla libertà religiosa che la Russia ha peraltro firmato.

Ho dedicato una vita alla difesa della libertà religiosa e non starò certo zitto adesso per ragioni geopolitiche. Volete levare la vostra voce a favore dei cristiani perseguitati? Bene, se volete essere credibili protestate anche per quelli arrestati in Russia perché fanno missione o distribuiscono letteratura fuori degli “spazi autorizzati”…»