Mary Wagner, una prolife da galera

mary-wagnerLa Croce quotidiano 21 settembre 2016

Non solo spettacolo ed emozioni dalle Giornate Mondiali della Gioventù. Queste iniziative producono anche conversioni e spirito militante. Come da parte dell’attivista canadese liberata dal carcere nel luglio 2015 dopo sette mesi di galera. Anche a Cracovia ha testimoniato la sua esperienza promettendo di continuare a pregare e dissuadere le donne dalla tentazione dell’aborto

di Giuseppe Brienza

Le Giornate Mondiali della Gioventù (Gmg) non sono certo destinate ad alimentare la causa pro life nel mondo. A chi obietta però che finiscono spesso in esperienze solo emotive e di spettacolo, è utile ricordare una storia. Quella di Mary Wagner, attivista per la vita canadese che, per la sua pubblica testimonianza ed attività pro life, ha pagato di persona scontando quattro anni di reclusione. La sua conversione è iniziata appunto in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù di Denver (10-15 agosto 1993) e, da ultimo, è arrivata fino alla kermesse di Cracovia (26-31 luglio 2016). La Wagner è alla sua quinta GMG ed ha ricordato proprio nella terra di San Giovanni Paolo II che la sua attività non si limita a tentare di evitare le c.d. interruzioni volontarie di gravidanza ma anche a consolare e curare le tante donne che soffrono dei traumi post-aborto.

«La Giornata Mondiale della Gioventù è un dono meraviglioso di San Giovanni Paolo II», ha dichiarato in un’intervista la Wagner che, da quando ascoltò le parole del Santo Papa polacco alla GMG di Denver, è diventata un’attivissima sostenitrice della causa pro life. E ciò nonostante che, nel suo Paese come in molti altri del resto, promuovere coi fatti la sacralità della vita umana innocente può costare facilmente la galera.

abortoLa prima volta che Mary Wagner è finita in carcere per la sua attività pro life è stato nell’anno del Grande Giubileo del 2000. L’ultima si è conclusa il 25 luglio 2015, quando la giovane attivista (ha oggi 43 anni) è stata rilasciata dopo sette mesi dietro le sbarre del carcere di Toronto. Anche in questa occasione la reclusione non ha cancellato dal suo volto il sorriso e la speranza derivanti dalla coscienza del dovere compiuto. Si tratta infatti della sesta volta che Mary viene arrestata e, naturalmente, sempre per gli stessi motivi. Le manette non l’hanno mai preoccupata perché, è convinta, il suo è un obbligo cristiano e civico insieme: combattere contro una legislazione profondamente ingiusta che, in Canada, è tra le più permissive sull’aborto nel mondo.

La vicenda dell’ultimo episodio per il quale ha scontato la reclusione, ha avuto inizio il 23 dicembre 2014. In quel giorno, infatti, la Wagner è stata per la sesta volta arrestata davanti a una clinica abortista di Toronto. Il “crimine” quello solito: pregare pubblicamente e tentare di avvicinare le donne intenzionate ad abortire cercando di dissuaderle con una rosa rossa, come simbolo di tutti i bambini non nati.

L’accusa rivolta dalla Corte di Giustizia dell’Ontario è stata quella di disobbedienza e di violazione dello “spazio di protezione” della clinica, “reati” che l’hanno portata all’ennesima condanna a dieci mesi di reclusione, una sanzione economica e il divieto di avvicinarsi alle cliniche abortiste. Mary, per tutta risposta e in segno di solidarietà con le vittime dell’aborto, ha rifiutato di difendersi in aula, mantenendo durante tutto il processo l’usuale silenzio e rinunciando ad un avvocato in sua difesa.

Un’addetta della clinica di Toronto, quella che ha testimoniato contro di lei, ha testimoniato davanti al giudice che una donna, avvicinata dalla Wagner in sala d’aspetto, a fronte delle argomentazioni contro l’aborto da lei esposte, è scoppiata in lacrime. Di qui la decisione della direzione della clinica di chiamare la polizia: dire la verità!

Altro fronte sul quale Mary è da anni impegnata è quello dell’eutanasia. Battaglia lungimirante anche perché, il 31 maggio scorso, è stata approvata nel suo Paese quella che è stata giustamente definita «la legge peggiore del mondo» (Leone Grotti, Eutanasia: il Canada approva la legge peggiore del mondo, in “Tempi.it”, 20 giugno 2016). La nuova normativa, infatti, che ha introdotto il suicidio assistito e l’eutanasia, ha incontrato la decisa opposizione dei vescovi canadesi, consapevoli del suo impatto sui più deboli e, in particolare, sugli anziani ricoverati negli ospedali nazionali.

abortoI presuli hanno denunciato l’anti-lingua abbondantemente utilizzata nella legge, con l’impiego di termini apparentemente neutri ma ideologicamente intesi come “assistenza medica a morire”, “morte assistita” e “morire con dignità”. Tutte parole destinate a nascondere all’opinione pubblica la vera posta in gioco: l’attuazione concreta dell’eutanasia, che è la privazione deliberata della vita a una persona ammalata o disabile, e del suicidio assistito, che fornisce intenzionalmente a una persona le conoscenze e gli strumenti per suicidarsi.

Altro principio rivendicato dai presuli e sostanzialmente negato dalla legge appena approvata dal Parlamento canadese è il diritto all’obiezione di coscienza per i medici e gli operatori sanitari che non accettano l’eutanasia o il suicidio assistito. In una lettera sull’argomento pubblicata nello scorso gennaio, la Wagner ha invitato sul punto a non «indugiare in proteste o lamentele», perché quella per la vita umana innocente «è una missione che Dio ci ha affidato, [per] portare la Luce e l’Amore divino in un Paese straordinario come il Canada che ha dimenticato la Fonte della sua bellezza e della sua grandezza» (A Letter from Mary Wagner, in “Toronto Catholic Witness”, January 23, 2016).

A fronte della recente sentenza della Corte Suprema che ha stabilito l’illegittimità della proibizione, nella legge precedentemente vigente, del suicidio medicalmente assistito, Mary ha esortato i suoi connazionali a non cedere al disfattismo, continuando ad alzare la propria voce in difesa della vita umana e della dignità degli ammalati, specialmente quelli più vulnerabili. «Il diktat della Corte Suprema diretto a coinvolgere gli psicologi nella richiesta di suicidio assistito da parte dei pazienti – ha denunciato da ultimo l’attivista canadese –, è destinata a privarli di qualsiasi protezione proprio nel momento in cui stanno vivendo la fase forse più delicata della loro esistenza. […] Ma così gli è negata la più elementare giustizia in nome di un sistema giudiziario che, ispirato alla tradizione giudaico-cristiana, dovrebbe fondarsi invece sui valori della solidarietà e della tutela dei più deboli. All’indomani di questa grave ingiustizia, diventa nostro necessario e urgente compito quello di amare e proteggere tutti gli ammalati. […] Il tentativo della Suprema Corte d’imporre ai Canadesi l’accettazione del suicidio a certe condizioni […], ci chiama a riaffermare di nuovo il valore sacro di ogni vita umana, e ciò a prescindere dal costo economico che ha o può avere questa per la società» (A Letter from Mary Wagner, cit.).

L’attività della Wagner, come detto, non si limita alle madri tentate dalla c.d. interruzione volontaria di gravidanza. Le sue attenzioni, infatti, si rivolgono anche alle donne che vivono la grave, e spesso ideologicamente negata, sindrome post-abortiva. Nei suoi periodi in carcere Mary ha svolto un prezioso lavoro di supporto e di consulenza a favore di quante provengono da esperienze di questo tipo, scrivendo in una lettera inviata l’anno scorso dal carcere: «Pensiamo a queste madri e ai loro neonati, preghiamo per loro, e per quanto possibile, cerchiamo di esser lì con loro, come vorremmo esser lì per i nostri figli, madri, padri, sorelle, fratelli o amici».

no_abortoNello stesso testo, Mary ha raccomandato ai cristiani di non mollare nella lotta per la costruzione di ciò che Giovanni Paolo II ha chiamato «una civiltà della vita e dell’amore». Non a caso il 12 marzo di quest’anno la Wagner ha partecipato al Forum Europeo “Uno di Noi” di Parigi, ed è stata candidata con altri quattro “eroi per la vita” al premio europeo “One of Us”, destinato a chi ha saputo testimoniare «la difesa della vita sia con la parola che con i fatti» (alla fine il premio è stato riconosciuto a Pattaramon Chanbua, una madre surrogata thailandese che ha tenuto il bimbo down rifiutato dagli acquirenti del “prodotto” in quanto “difettoso”).

Un testimone diretto della sua ultima testimonianza alla Gmg, Don Mariusz Frukacz, direttore del settimanale polacco “Niedziela”, ha detto di lei: «la Wagner non è aggressiva, regala una rosa a tutte le donne che vogliono praticare l’aborto. Ma il suo modo di fare viene considerato illegale e per questo è stata arrestata e imprigionata. A Cracovia ha spiegato che “I giovani alla Giornata Mondiale della Gioventù amano la vita e possono diffondere il desiderio di accettarla”. E poi la GMG – ha aggiunto “è un’occasione per stare insieme, per rendersi conto che siamo tutti fratelli e sorelle”» (Mariusz Frukacz, Mary Wagner: La Gmg è un dono di Giovanni Paolo II, in agenzia “Zenit”, 29 luglio 2016).

Nell’agosto del 2013 ha parlato di lei anche il cardinale Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai (Bombay), in India, presidente delle conferenze episcopali dell’Asia. «Mi si è chiarito che Mary ha una missione – ha dichiarato il porporato dopo averla incontrata in cella – Dio la chiama a fare questo, a testimoniare il dono e la santità della vita umana». Per l’arcivescovo indiano, uno dei 115 cardinali elettori che hanno partecipato al conclave che ha portato all’elezione di Papa Francesco, la scelta radicale di testimoniare la vita della Wagner non è «un futile esercizio per combattere i mulini a vento, anche se avesse salvato solo una vita ne sarebbe valsa la pena».

In carcere del resto Mary ha convertito molte donne coinvolgendole nell’apostolato apparentemente “passivo”, quello cioè fatto di preghiere e sacrifici per guarire le piaghe delle donne che hanno abortito e che spesso la contattano per essere aiutate. Altre, invece, le scrivono di aver deciso di non abortire grazie alla sua testimonianza. Don Paul Hrynczyszyn, cappellano di uno dei penitenziari nei quali è stata ristretta, ha detto di lei: «Penso che sia una santa» ed «è una benedizione per me quando la incontro». Migliore risultato per una Gmg non ci potrebbe essere, non credete?