Belgio, 15 anni di eutanasia: a che punto è la sua dolce morte

eutanasiaLa Croce quotidiano 25 marzo 2016

Scioccante documentario di “Euthanasia Prevention Coalition” mostra il piano inclinato belg

di Giuseppe Brienza

Nei commenti agli attentati del 22 marzo non è mancato chi ha sottolineato come all’Europa manchi ancora la consapevolezza, la coscienza storica e l’identità forte che servirebbero per contrastare efficacemente quanto sta avvenendo. Con il veleno del relativismo, del resto, viene totalmente a mancare la forza di qualsiasi reazione.

Il Belgio, del resto, nel 2016 è entrato nel quindicesimo anno di legge sull’eutanasia, dando luogo ad una situazione davvero incredibile. Alcune testimonianze dirette ora lo documentano in un filmato-verità che, prodotto dall’Euthanasia Prevention Coalition, sarà disponibile dal prossimo giugno. S’intitola “Vulnerable: The Euthanasia Deception” (“Vulnerabili. L’inganno dell’eutanasia“), ed è stato realizzato da questa meritoria associazione pro-life con sede a Londra, con la collaborazione della società di produzione “Dunn Media & Entertainment”. Quattro minuti di trailer sottotitolati in inglese sono da alcune settimane disponibili su YouTube e, grazie ai volontari del progetto “Voglio Vivere”, sono ora disponibili anche in italiano (v. il sito www.generazionevogliovivere.it).

Il filmato on line è solo un “promo” dell’intero documentario, che può essere ordinato all’Euthanasia Prevention Coalition (www.epcc.ca). Già basta, però, per constatare il cambiamento radicale del modo di pensare e di agire di una società che si proclama teoricamente democratica. Nel trailer si assiste alla testimonianza di figli, amici e parenti di anziani e bambini fatti morire con l’eutanasia di Stato, spesso a insaputa dei loro cari. È molto istruttivo verificare come, quegli stessi liberalizzatori che nel 2002 chiedevano di introdurre l’eutanasia in Belgio con garanzie e “regole ferree”, a distanza di pochi anni diano addirittura per scontato che i vari “paletti” siano superati uno dopo l’altro.

Cominciamo dai bambini malati. Nel 2014 la legge belga è stata modificata per estendere l’eutanasia ai minori, vale a dire a quei bambini e giovani di 10-12 anni che, malati gravi, chiedono ai loro “medici” di venire uccisi (perché di questo si tratta). Secondo la Conferenza episcopale belga (Ceb) questo passaggio giuridico è stato doppiamente dannoso. Infatti, oltre ad introdurre la barbarie dell’eutanasia per i minori, ha aperto la strada del suicidio indotto-assistito ai disabili, alle persone affette da demenza, ai malati mentali e, alla fine, a tutti coloro che per un motivo o per l’altro patiscano semplicemente una “stanchezza” nel vivere.

La legge che autorizza l’eutanasia dei bambini stravolge il senso stesso della vita umana e favorisce derive in cui la dignità delle persone viene concessa solo a chi non è malato o in condizioni di debolezza. Solo i più forti sopravvivono, appunto.

Proseguiamo quindi con gli handicappati mentali. Nel 2015 è stata la volta dell’ampliamento dell’eutanasia a quelle persone che, cadute in stato di demenza, abbiano precedentemente indicato le loro volontà in una “dichiarazione anticipata di trattamento”. Come denunciato dai vescovi belgi, si è trattato di una decisione terribile tanto più per una società nella quale l’invecchiamento della popolazione conduce ad un sempre maggiore aumento dei casi di demenza, di handicap mentale profondo e di pazienti che cadono in coma o in fase terminale.

Prendersi cura di tutti questi malati, sottolinea la Ceb, «risponde ad una scelta puramente etica», e non deve entrarci niente l’economia, perché «un essere umano, pur colpito da demenza, rimane una persona fino alla sua morte naturale». La dignità umana, infatti, «non può dipendere dal possesso o meno di determinate capacità», hanno ribadito i presuli, perché «è legata, in modo inalienabile, al semplice fatto di appartenere alla specie umana». Ogni persona, insomma, «anche in stato di demenza, merita rispetto e deve ricevere, di conseguenza, le cure appropriate».

L’eutanasia riservata alle persone affette da demenza, così come ai bambini ed ai malati gravi, prosegue la Ceb, non è altro che il risultato «di proiettare sul paziente le preoccupazioni e le angosce» di chi gli sta accanto. Al contrario, ogni comportamento medico nei confronti di simili malati dovrebbe essere informato alla «responsabilità etica di prendersi cura» di loro.

Da quindici anni a questa parte i vescovi belgi non hanno smesso un momento nel denunciare «il clima eutanasico» cresciuto progressivamente nel Paese, a partire proprio dal 2002, anno in cui è entrata in vigore la legge sull’eutanasia per gli adulti “consenzienti”. Da allora, infatti, «i limiti normativi sono stati sistematicamente trasgrediti ed il ventaglio di pazienti che possono rientrare in questa legge non cessa di ampliarsi». La Conferenza episcopale ha dunque lanciato un appello affinché la società belga riprenda a prendersi cura dei più vulnerabili attraverso tecniche diagnostiche precise e cure palliative adeguate, anche in fase terminale, perché «il livello morale della società si misura in base al trattamento che riserva ai suoi membri più deboli».

Ma il livello morale di questo piccolo ma potente Paese (dal punto di vista economico-finanziario) si è ormai indiscutibilmente abbassato. Nonostante le numerose abbazie che proprio in Belgio hanno scritto la storia della spiritualità cattolica, cominciando dal Monastero benedettino di Chevetogne, nella provincia di Namur, si costata ormai come, a Bruxelles, «in buona logica, una volta legalizzata l’eutanasia sulla base del principio che ognuno è padrone della propria vita, si potrà legalizzare anche in assenza di malattia grave e di grande dolore; e una volta legalizzata perché tutti hanno diritto a non soffrire, si potrà legalizzare anche in assenza di richiesta volontaria da parte del paziente» (Gonzalo Miranda, L.C., Eutanasia infantile in Belgio: uno scivolone in più, in agenzia “Zenit”, 16 febbraio 2014).

Per renderci conto fino in fondo di questa “spirale belga”, citiamo solo alcuni dati e vicende. Nel 2013 una donna belga è stata sottoposta ad eutanasia dopo un cambiamento di sesso mal riuscito. Nancy Verhelst, infatti, si era sottoposta ad intervento chirurgico per diventare uomo ma, poi, è stata indotta al suicidio assistito a motivo delle «insopportabili sofferenze psicologiche» (cit. in “London Telegraph”, 1° ottobre 2013). In Belgio, l’anno con più casi di eutanasia è stato il 2012, che ha fatto registrare un numero di suicidi assistiti superiore del 25% rispetto a quelli dell’anno precedente.

Durante il dibattito sulla legalizzazione dell’eutanasia per minori in Belgio, Alex Taylor ha scritto un toccante articolo sul “London Times”, raccontando della sua drammatica infanzia (13 febbraio 2014). Nato prematuro e costretto sulla sedia a rotelle, Taylor ha spiegato che, poco dopo la sua nascita, i medici avevano sollecitato i suoi genitori a non tenerlo in vita: «Mi sono chiesto cosa sia passato nelle menti dei miei genitori se l’eutanasia fosse stata possibile. Eppure sono ancora qui, nonostante quanto detto dai medici. Se avessero torto, che possibilità avrebbero i genitori di valutare la sacralità della vita del loro figlio?» (John Flynn, L.C., Una società aperta alla vita, in agenzia “Zenit”, 4 marzo 2014).

Prima del voto che ha ampliato l’eutanasia ai bambini, 160 pediatri belgi avevano firmato una lettera di opposizione alla proposta di legge, dicendo che non vi era alcuna urgenza di approvazione di quella normativa e che la medicina moderna è capace di alleviare il dolore (cfr. BBC, 13 febbraio 2014).

Alla deriva di questo e altri Paesi europei verso l’eutanasia, si contrappone il vibrante richiamo di Papa Francesco all’accoglienza della vita e contro la “cultura dello scarto”. Per esempio, parlando ai giovani durante il recente viaggio apostolica a Cuba (19-28 settembre 2015), Bergoglio ha denunciato che anche «i giovani entrano a far parte della cultura dello scarto. E tutti sappiamo che oggi, in questo impero del dio denaro, si scartano le cose e si scartano le persone. Si scartano i bambini perché non li si vuole o perché li si uccide prima che nascano. Si scartano gli anziani – sto parlando del mondo, in generale –, si scartano gli anziani perché non producono più. In alcuni Paesi, c’è la legge sull’eutanasia, ma in tanti altri c’è un’eutanasia nascosta, occulta» (Saluto del Santo Padre ai giovani del Centro Culturale “Padre Félix Varela”, La Habana, 20 settembre 2015).

In Belgio, l’eutanasia è invece alla luce del sole e, talvolta, è anche “benedetta” purtroppo da falsi pastori. Come ad esempio quel “padre” Gabriel Ringlet, teologo e per anni vicerettore dell’Università Cattolica di Lovanio, «che accompagna le persone che fanno richiesta di eutanasia» (M. Chiara Biagioni, Eutanasia: padre Gabriel Ringlet, il teologo belga che accompagna i malati fino alla dolce morte, in agenzia “Sir”, 12 marzo 2016). Della sua esperienza ne ha tratto un libro, che è diventato famoso in Europa, anche in ambito cattolico, intitolato: “Vous me coucherez nu sur la terre nue” (“Mi sdraierete nudo sulla terra nuda”).

È così che, le notizie più recenti, non rappresentano più una novità: «tra le persone che in Belgio ricorrono annualmente all’eutanasia (50 circa), il 3% lo fa adducendo disagio psichico» (Antonio Gaspari, In Europa torna l’orrore dell’eutanasia per i malati mentali, in agenzia “Zenit”, 6 luglio 2015). Come ad esempio Laura, una ragazza belga di 24 anni affetta da depressione che, l’estate scorsa, ha chiesto di morire con l’eutanasia, e la Commissione federale belga per il controllo dell’eutanasia ha dato il proprio assenso.

Ma, come ha fatto notare lo psichiatra Santo Rullo, già Presidente della Società Italiana di Psichiatria Sociale ed attualmente dirigente di Villa Letizia Servizi Clinici per il Disagio Psichico, «La depressione è una condizione clinica ed esistenziale che colpisce un numero di persone enorme nel mondo. Circa il 20% della popolazione generale può manifestare una depressione clinica nel corso della propria vita, ed un numero ancora più grande può sperimentare reazioni depressive ad eventi stressanti di vita che successivamente e rapidamente si superano senza ricorrere all’intervento medico. Nelle depressioni più gravi e negli altri disturbi mentali maggiori come le psicosi schizofreniche la consapevolezza di malattia e la capacità di autodeterminarsi e di fare scelte di vita può essere fortemente compromessa. Mi pare incredibile che si possa quindi accettare una “volontà” viziata da presumibile incapacità di volere» (art. cit.).

Non è un orrore arrivare a far morire persone con problemi di salute mentale?  Nel momento in cui il nostro stesso Parlamento ha iniziato la discussione sul c.d. testamento biologico che, in pratica, è la “testa di ponte” o il battistrada se vogliamo dell’eutanasia di Stato, vale la pena riflettere sul “caso belga”. L’esperienza di questo Paese, a neanche due ore di aereo da Roma, dimostra ancora una volta che, una volta aperta una “breccia” e imboccata la strada del suicidio assistito, non si torna più indietro e, anzi, la breccia diventa un’autostrada. Progressivamente, quindi, solo i “più forti” sono destinati a sopravvivere. Il contrario del Cristianesimo.