I cattolici in politica e le nuove guerre di religione. Prolusione dell’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi.

CrepaldiOsservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân Newsletter n.679 del 18 marzo 2016

Prolusione dell’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi all’inaugurazione della Scuola diocesana di Dottrina sociale della Chiesa e per la presentazione del VII Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân Anno 2016

Trieste, 5 marzo 2016

Il nostro incontro di oggi riguarda due avvenimenti. Il primo è la presentazione del VII Rapporto della Dottrina sociale della Chiesa dell’Osservatorio Cardinale Van Thuân (Cantagalli, Siena 2016) che quest’anno ha per titolo “Guerre di religione, guerre alla religione”. Di questo ci parlerà in modo particolare la dottoressa Anna Bono. Il secondo avvenimento è la conclusione della Scuola di Dottrina sociale della Chiesa per l’impegno sociale e politico, che si è svolta lungo il 2015 e l’avvio della nuova edizione della Scuola che comincerà il prossimo 17 marzo. In questa occasione vorrei dunque proporvi qualche riflessione che tenga uniti ambedue questi eventi

Cominciando dal primo, non posso non riferirmi ad eventi politici e legislativi accaduti nei giorni scorsi e che hanno scosso in profondità la politica italiana. Mi riferisco all’approvazione della legge sulle unioni civili. Essa è stata anche un banco di prova per la presenza dei cattolici in politica, banco che ha fornito gravi elementi di forte delusione e di viva preoccupazione per il futuro. Proprio nei giorni del dibattito in aula era uscita su un settimanale nazionale una mia intervista. Alla domanda se i cattolici in politica ci fossero ancora, avevo risposto che ci sono ancora, ma non ci vedono molto. Dopo la votazione in Senato dovrei rivedere in negativo la prima parte della mia risposta. Ora sarei molto meno sicuro di dire che ci sono ancora. A questa intervista, il settimanale aveva messo un titolo piuttosto negativo: “Quanti danni dai cattolici in politica”. Subito avevo considerato questo titolo eccessivo, ma dopo la votazione sulla Cirinnà devo riconoscere che era invece realistico, purtroppo

Durante la votazione a Palazzo Madama abbiamo assistito a molti atteggiamenti indecorosi da parte di molti senatori cattolici (di “cattolici senatori” credo che non ce ne sia più nemmeno uno). Qualcuno di loro ha perfino chiamato a testimone del proprio voto Giovanni Paolo II, con una citazione corsara del paragrafo 73 della Evangelium vitae. Altri hanno rispolverato il trito (e falso) argomento del “male minore” che avrebbe evitato il male maggiore. Altri ancora si sono intestati meriti che non esistono, come aver evitato l’adozione per le coppie omosessuali. La legge approvata è una pessima legge. Le pessime leggi non sono solo norme astratte sbagliate, ma danno vita a pessimi rapporti sociali, producono sofferenze e ingiustizie sulla pelle delle persone. E questa pessima legge è stata approvata con il voto decisivo dei cosiddetti “cattolici”

Cari amici, davanti a questa situazione bisogna che ci parliamo chiaramente. La legge appena approvata contraddiceva fondamentali principi della legge morale naturale. L’esigenza insopprimibile che il cattolico impegnato in politica non deluda le richieste della legge morale naturale fa parte integrante della dottrina della nostra fede. E’ presente nel Catechismo della Chiesa Cattolica e in moltissimi insegnamenti precedenti e successivi. Pensare che i dieci comandamenti – che secondo il Catechismo rappresentano una “espressione privilegiata” della legge naturale (CCC n. 2070) – possano essere messi da parte in politica, distorce la dottrina della fede cattolica. Se a questo siamo ormai arrivati nella pratica di moltissimi cattolici impegnati in politica, vuol dire che dobbiamo ripartire dai fondamenti e che non possiamo più dare nulla per scontato

Quando non si tiene conto di un limite morale insuperabile dell’azione politica e lo si supera, in seguito verranno superati anche altri limiti, che oggi non sono all’ordine del giorno ma lo diventeranno domani. Chi oggi accetta le unioni civili omosessuali e le equipara alla famiglia commette una grave ingiustizia e si prepara a commetterne altre in futuro. Se non ci sono criteri per votare contro l’unione omosessuale, perché dovrebbero esisterne, domani, per votare contro l’adozione.

E perché dovrebbero esisterne dopodomani per votare contro l’utero in affitto? Non facciamoci ingannare. Chi sposta oggi in avanti il limite del lecito, domani lo sposterà ancora un po’ più avanti, e così via. Se è nelle nostre mani infrangere oggi un principio della legge morale naturale, non si capisce perché non possa essere nelle nostre mani infrangerne un altro domani. Si avvia così un processo che si fermerà solo ad un punto: quando saranno resi non negoziabili i principi contrari a quelli non negoziabili; quando diventerà obbligatorio non rispettare i principi della legge morale naturale. A quel punto, però, il sistema totalitario sarà completato.

Quanto ho finora detto ha una importanza fondamentale per la Scuola di Dottrina sociale della Chiesa per l’impegno sociale e politico della nostra diocesi. A cosa serve formare dei cattolici in modo talmente generico e debole da dover sopportare poi il loro “sì” a leggi pessime? Dobbiamo formare cattolici che in politica, come titolava la mia intervista, non solo non “producano danni” ma costruiscano nel bene e non si tirino indietro quando c’è da scarificare anche qualcosa di proprio. La volontà, scriveva Benedetto XVI nella Spe salvi, deve avere davanti a sé la ragione che le indica il vero, e la ragione deve avere davanti a sé la speranza cristiana che dà la forza del sacrificio per il rispetto della verità.

La Scuola della nostra diocesi ha un compito preciso: formare laici cattolici che, al momento della prova politica, non si dimentichino di essere cattolici e di avere alle spalle la Chiesa con i suoi insegnamenti, compresa la difesa della legge morale naturale, ossia del progetto di Dio Creatore sulla comunità umana. Chi la nega o non la rispetta, dovrebbe dirci con cosa intenda sostituirla come criterio per discernere il bene e il male nelle relazioni sociali che non sia solo la ragione del più forte.

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Questo mi permette di trattare ora il secondo aspetto di questa giornata, la presentazione del Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa e il suo tema centrale: le nuove guerre di religione. Vorrei farlo – come dicevo all’inizio – ponendolo in relazione con il primo argomento che ho appena esaminato.

Richiamo ancora una volta il titolo del Rapporto: “Guerre di religione, guerra alla religione”. Il tema che sottostà alle argomentazioni del Rapporto è la verità delle religioni e l’esistenza di una religione vera.  Benedetto XVI a Regensburg nel 2006 aveva detto che ciò che non è conforme alla ragione non viene dal vero Dio. La guerra, a parte alcuni casi particolari che la morale cattolica ha sempre contemplato, non è conforme a ragione e ancora meno lo è la violenza scriteriata dei nuovi califfati e di chi sta loro dietro. Le guerre terroristiche, le guerre asimmetriche, le guerre che colpiscono i civili, le guerre che vendono e violentano le donne e i bambini non vengono dal vero Dio. Al contrario, viene dal vero Dio la religione dei martiri cristiani che in tutto il mondo sono vittime di una guerra non dichiarata – come sono ormai tutte le guerre dei nostri giorni. La religione cristiana si dimostra “dal volto umano”, come disse Benedetto XVI a Verona nel 2006, anche per questo: è testimoniata dai martiri e non dai carnefici.

L’autorità politica dovrebbe distinguere tra le religioni, anche a seguito della triste realtà delle nuove guerre di religione. Ma non lo fa, e continua a porre sullo stesso piano tutte le religioni, considerandole tutte come qualcosa di irrazionale. In questo modo, l’autorità politica non corre in aiuto dei cristiani perseguitati nelle varie parti del mondo, accoglie indiscriminatamente nel proprio territorio le varie religioni senza tenere in conto le esigenze del bene comune, non protegge al proprio interno la religione cristiana, che pure è fortemente intrecciata con la storia e la civiltà occidentali.

L’autorità politica rinuncia a porsi il problema della verità (o falsità) umana delle religioni e nei loro confronti si pone quindi come moralmente “disarmata”. E’ per questo che essa importa le nuove guerre di religione nei propri confini, ospita e assistenzializza comunità religiose non integrate e addirittura antagoniste, coltiva dentro le proprie case i terroristi immigrati di terza generazione.

Cosa lega questa debolezza dell’Occidente verso le nuove guerre di religione e il crollo dei cattolici in politica di cui ho parlato sopra? Venendo meno al loro dovere di difendere in pubblico il creato e l’ecologia umana, i cattolici impegnati in politica favoriscono la corrosione del senso dell’umano nella vita sociale e, così facendo, collaborano alla corrosione del senso del divino. Negare la verità dell’uomo comporta negare la verità di Dio. Il fine ultimo delle leggi contro la vita, la famiglia, la procreazione è la negazione di Dio, verso cui tutto il resto è strumentale.

Dopo la “morte di Dio” abbiamo conosciuto la “morte dell’uomo” e ora stiamo assistendo alla “morte della natura”. Ma è vero anche il contrario: negare la natura significa negare l’uomo e, da ultimo, negare Dio. L’intento “religioso” di leggi come quelle appena approvate nel nostro Paese è evidente. Meno plausibili sono le motivazioni con cui i politici cattolici vi hanno collaborato.

E’ in atto in occidente una guerra alla religione, specialmente alla religione cattolica, che si attua non solo direttamente, impedendone molte manifestazioni pubbliche, ma soprattutto indirettamente, diluendo, fino a scioglierli,  i presupposti naturali della religione stessa. La lotta alla religione cattolica indebolisce l’occidente nei confronti delle guerre di religione, oggi molto pugnaci al suo esterno ma anche al suo interno.

Questo è il quadro in cui si inserisce l’avvio della seconda edizione della Scuola di Dottrina sociale della Chiesa nella diocesi di Trieste. Una Scuola impegnativa non solo per i quattordici incontri, divisi in due Sessioni, in cui è articolata, ma per le finalità a cui vuole volgere l’impegno di chi la frequenta.