Mayer ci spiega il “millenarismo” dell’ISIS

IsisLa Croce 18 febbraio 2016

Il più grande esperto svizzero di “nuove religioni”, Jean-François Mayer, ha spiegato – in una serie di trasmissioni radiofoniche – il come, il perché e quanto il “Daesh” funzioni come una “setta”. Illustra pure come le modalità di reclutamento attingano a tecniche di manipolazione mentale

Giuseppe Brienza

Fra i tanti danni del relativismo c’è anche quello di ignorare sistematicamente il “fenomeno religioso” nell’interpretazione di tutte le espressioni, fisiologiche o patologiche, del mondo contemporaneo. Un tale difetto, più spesso diffuso negli ambienti politici ed accademici dell’Europa continentale piuttosto che nei Paesi anglosassoni, può condurre ad errori anche clamorosi di prospettiva e, purtroppo, anche di “analisi strategica”. Quanto pagheremo tale approccio in Occidente rispetto alla minaccia terroristica?

Una significativa eccezione al tipo di carenza appena esposta, nel mondo europeo dello studio delle religioni e dei “nuovi movimenti religiosi”, è rappresentata da Jean-François Mayer, studioso nato a Friburgo (Svizzera) nel 1957, che è considerato oggi il più grande esperto svizzero di sociologia delle religioni. Interessato fin dall’adolescenza a un cammino di ricerca sulla Tradizione occidentale e cristiana, è giunto in età adulta ad aderire alla Chiesa Ortodossa, dopo aver frequentato per un breve periodo anche ambienti cattolici “di frangia”.

I suoi primi contatti con l’Ortodossia hanno avuto luogo a Lione, città nella quale ha conseguito la laurea ed un dottorato in storia (1984). Ritornato in Svizzera, dal 1991 al 1998 è stato impiegato come analista di Politica internazionale e geopolitica per il governo della Confederazione e, successivamente, ha tenuto diversi incarichi nell’Università di Friburgo (1999-2007). Da quest’ultima città, dove ancora risiede, svolge un’intensa attività pubblicistica e divulgativa, diffusa anche all’estero.

È autore infatti di numerosi volumi di sociologia delle religioni tradotti in varie lingue, fra quelli editi in italiano possiamo citare Le nuove sette (Marietti, Genova 1987), Le sette. Non conformismi cristiani e nuove religioni (Effedieffe, Milano 1990) e I Fondamentalismi (Elledici, Torino 2001), quest’ultimo pubblicato nella collana “Religioni e movimenti” del CESNUR, il “Centro Studi sulle Nuove Religioni” (www.cesnur.org/), del quale è stato con Massimo Introvigne uno dei fondatori ed è attualmente segretario del comitato scientifico internazionale. Dal 2006 al 2010 è stato Consigliere scientifico del progetto “Religione e politica” promosso dall’Institut universitaire de hautes études internationales et du développement di Ginevra.

Mayer ha sempre ravvisato nella diffusione dei “nuovi movimenti religiosi” un tratto distintivo e centrale della società post-moderna. Per queste realtà ha coniato l’espressione «non conformismi religiosi», una definizione di più adatta rispetto a quella di “sette” o “culti” con le quali invece, piuttosto impropriamente, sono stati tradotti in Italia alcuni dei suoi libri e saggi.

Come direttore di progetti universitari di ricerca, e con la base di esperienza della sua ricerca religiosa personale, ha avuto modo di navigare con profitto nel mare magnum del pluralismo religioso contemporaneo. I risultati delle sue ricerche sono di grande rigore scientifico, e ne è testimonianza la sua bibliografia, che si può consultare sul sito che dirige www.religioscope.com/.

Nel corso dei suoi numerosi viaggi non solo intorno al mondo, ma anche nell’universo delle reti informatiche, è chiamato dovunque da parte di enti universitari o di organismi governativi per approfondire e valutare la grande proliferazione di gruppi religiosi, le nuove tendenze e il loro rapporto con le religioni tradizionali. Il suo programma assai impegnativo rende ancora più cara ai nostri occhi l’attenzione che ha avuto per la nostra parrocchia a Torino, e le visite che ci ha fatto.

Secondo Mayer, i nuovi movimenti religiosi possono distinguersi in tre gruppi, «il tipo-Chiesa, il tipo-setta e il tipo-mistico». Approfondendo il loro complesso rapporto con la società contemporanea, il sociologo ci mette in guardia contro qualsiasi uso generico ed acriticamente polemico dell’espressione “fondamentalismo”. A questo proposito egli distingue innanzitutto due grandi categorie: i “fondamentalismi” propriamente detti ed i “nazionalismi religiosi”. Entrambi sono protagonisti della scena politica e religiosa mondiale, ma vanno esaminati e descritti in modo completamente distinto.

A questi si aggiunge la specificità del gruppo “fondamentalista” internazionale dello “Stato islamico” o ISIS (“Daesh” è la sigla in lingua araba), cui è stata dedicata, dall’8 al 12 febbraio, una serie di trasmissioni alle quali ha partecipato anche Mayer, andate in onda sulla radio svizzera. Le 5 puntate, intitolate “Da Waco al Daesh, le modalità d’indottrinamento religioso”, hanno spiegato, grazie all’apporto di vari qualificati studiosi, il come, il perché e il quanto l’ISIS funzioni come una “setta” e, le relative modalità di reclutamento, attingano a tecniche e modalità d’indottrinamento e/o di “manipolazione mentale” a fini terroristici.

Tutto quanto innaffiato di una buona dose di “millenarismo”, cioè quella tendenza tipica di molti “nuovi movimenti religiosi” occidentali, che si caratterizza per l’attesa spasmodica della fine del mondo, accreditata per una data prossima e imminente. Talvolta in Occidente tale prospettiva è stata vissuta in maniera tragica, portando ad esperienze di auto-isolamento di individui e gruppi, “indottrinati” a tal punto da fargli perdere completamente il rapporto con la realtà. Mayer nei suoi interventi radiofonici ha ripreso un episodio ancora molto studiato nella sociologia delle religioni contemporanea, vale a dire quello che ha portato al massacro 82 persone, inclusi 17 bambini innocenti, ad opera di un gruppo millenarista statunitense a Waco, in Texas, nel 1993 (per un inquadramento della vicenda in lingua italiana, cfr. Massimo Introvigne, Che cosa è veramente accaduto a Waco, in Cristianità, anno XXI, n. 217, Piacenza marzo 1993, e Idem, Idee che uccidono. Jonestown, Waco, il Tempio Solare, Mimep-Docete, Pessano (MI) 1995, pp. 37-61].

A partire dagli attentati dell’11 settembre 2001, è la tesi di Mayer, non è inutile applicare allo studio dei gruppi jihadisti, terroristici o meno, le categorie interpretative applicate in passato ai “nuovi movimenti religiosi” di tipo più estremo, dall’isolamento (uccisione nei casi dell’ISIS e affini) dei “fuoriusciti” alla psicologia del rapporto “guru”-adepti, utilizzo dei new media etc. In un suo recente saggio, intitolato “Stato Islamico: dinamiche millenaristiche dietro il superamento delle norme” (cfr. État Islamique: dynamique millénariste derrière le dépassement des normes communes? in “Terrorisme.net”, 29 janvier 2016), Mayer ha affermato al riguardo: «lo Stato Islamico può essere interpretato anche come una forma di “nuovo tribalismo” e come espressione d’un millenarismo che giustifica atti estremi per il fatto di trovarsi ad un “tornante” della storia».

Nel dibattito sull’interpretazione del jihadismo e, soprattutto, sull’indagine delle sue prossime mosse, credo che la voce e la “pista di studio” propria di Mayer credo debba essere tenuta in giusto conto.