Co-genitori offrensi per possedere figlio in multiproprietà

coparentingNotizie provita febbraio 2016

Teresa Moro

Per fare un figlio servono un uomo e una donna. Un semino e un ovulino, scrivono nei moderni libretti per bambini. Ebbene, se si è carenti di uno dei due elementi è possibile diventare co-genitori o, per dirla all’inglese, ricorrere al co-parenting. Di cosa stiamo parlando? Che cosa significa essere co-genitori? Ne avevamo già parlato qua.

Il coparenting è un fenomeno nato in Gran Bretagna, che consente a persone slegate da alcun vincolo affettivo di “collaborare” per realizzare il comune desiderio di avere un figlio.

Oggi “finalmente” si può fare anche qui da noi.

Come si può leggere nell’Home page del sito italiano, la co-genitorialità consisterebbe in “Una divisione dei diritti e delle responsabilità dei genitori (omosessuali ed eterosessuali) nei riguardi dei bambini. Un bambino può essere cresciuto dai suoi genitori sia che siano una coppia o meno, single, sposati o divorziati, o dello stesso sesso. Co-Genitori.it collega i genitori o futuri genitori che desiderano crescere un bambino. Si rivolgono agli omosessuali (genitori dello stesso sesso) ma anche a tutti coloro che non vogliono (o non vogliono più) vivere in coppia o per altre ragioni”.

Insomma: non importa se si ha una relazione di coppia, importa solamente il desiderio di essere genitori. Edonismo allo stato puro. Ovviamente con buona pace dei bambini che ne nasceranno che, al di là dell’essere frutto di desiderio, non vengono minimamente presi in considerazione quali persone portatrici di diritti, tra i quali quello di vivere e crescere con mamma e papà (e, quindi, con la certezza circa la propria identità). Verranno palleggiati con turni più o meno predefiniti tra le due case dove vivono i due genitori biologici. Molto molto raramente, infatti, nel contratto di “multiproprietà” è previsto di vivere tutti insieme sotto lo stesso tetto.

Sarà interessante capire, alla luce delle sorti della stepchild adoption, In base al ddl Cirinnà o alla sentenza della Corte Costituzionale che dovrebbe uscire sulla materia proprio il prossimo 24 febbraio, se sarà poi possibile che il bambino sia adottato dai rispettivi compagni dei genitori biologici e se per legge potrà, quindi, essere considerato figlio di quattro o più genitori. In fondo, qualcuno dalla mente eccelsa, potrebbe dire che così il bambino sarà più garantito: se i due biologici dovessero latitare, subentrano gli altri, no?

Ad oggi il sito italiano di co-parenting registra i profili di 2670 persone, delle quali 1646 uomini e 1024 donne. Nel dicembre del 2013 i potenziali co-genitori erano 1675. Un numero a prima vista non esorbitante, ma che rappresenta solamente la punta dell’iceberg di un fenomeno che, all’estero, assume proporzioni assai più rilevanti: gli iscritti al sito inglese sono infatti oltre 100.000.

Questo fenomeno va ben oltre l’utero in affitto e la vendita di sperma (sul sito si legge di diversi uomini disposti a dare gratis i propri gameti – non sempre con l’intento esplicito di mantenere una relazione col bambino. E sappiamo che c’è gente che si vanta di avere cetinaia di figli).

E’ davvero preoccupante leggere come i piccoli condivisi dai co-genitori siano spensieratamente trattati alla stregua di cose (o di case, ma qui si tratta di un bambino. Non di una villetta per le vacanze in multiproprietà).

Insomma, non molto tempo fa si volevano cancellare le parole “mamma” e “papà”, sostituendole con “Genitore 1” e “Genitore 2”. Adesso anche questo passaggio sempre essere superato. Sarebbe il caso che i fautori del progresso coniassero i termini “Nessuno 1”, “Nessuno 2”, “Nessuno 3”… Del resto “Un po’ per uno non fa male a nessuno” (farà male al bambino, ma quello pare non essere importante).

Tuttavia, rifacendoci all’omerica memoria, molto probabilmente questo accattivante appellativo si ritorcerà poi contro i ‘ciclopi’ dei nostri giorni, che si credono giganti inattaccabili, ma che hanno la vista obnubilata.